Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 670 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME nato a SIRACUSA il 28/06/1949
avverso l’ordinanza del 01/02/2023 del TRIB. LIBERTA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. NOME COGNOME a mezzo del difensore, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano del 1 febbraio 2023 con la quale, in sede di rinvio, a seguito dell’annullamento da parte della Corte di Cassazione di altra ordinanza dello stesso Tribunale, è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello avverso l’ordinanza con cui era stata disposta a favore della ricorrente, in parziale accoglimento dell’istanza, la restituzione della somma di euro 1402,95 (pari al triplo dell’assegno sociale, che nell’anno 2022, ovvero al momento del deposito dell’ordinanza, era pari ad euro 467,65), tratta dai conti correnti sottoposti a sequestro preventivo ai sensi dell’art. 12 bis CI.Igs 74/2000.
1.1.La articolata vicenda cautelare oggetto dell’ordinanza del Tribunale del Riesame può essere così riassunta.
Con decreto emesso in data 14 ottobre 2016 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Milano era stato disposto nei confronti, fra l’altro, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME il sequestro preventivo di denaro fino all’importo di 16.237.178,18 euro ai sensi dell’art. 12 bis t d.lgs 74/2000;
Con istanza del 23 settembre 2021, NOME Alba COGNOME, moglie di NOME COGNOME, aveva chiesto la restituzione dell’importo di ber i a lei riconducibili oggetto del decreto di sequestro preventivo su indicato, spiegando che detto sequestro era stato eseguito nelle date del 27 ottobre e 23 novembre 2016, oltre che sui conti correnti riconducibili alla società e al marito personalmente, anche sui conti riconducibili alla COGNOME, fra cui il Cc numero 2828/61169 acceso presso Intesa San Paolo, intestato a Vinci e foraggiato da crediti relativi a trattamenti retributivi e di trattamento di fine rapporto. Il Tribunale di Milano aveva rigettat la richiesta, rilevando che gli importi accreditati sui conti sottoposti a sequestro erano costituiti per gran parte da accrediti riferibili a NOME COGNOME
Avverso detta ordinanza era stata presentato appello, con cui si era evidenziato che il sequestro delle somme presenti sui conti doveva rispettare i limiti di pignorabilità di cui all’art. 545 cod. proc. civ.. Il Tribunale del Riesame, parziale riforma dell’ordinanza, aveva disposto la restituzione dell’importo di euro 1402,95 , in quanto nei conti correnti sottoposti a sequestro erano confluiti i pagamenti di crediti non pignorabili ai sensi dell’ art. 545 cod. proc. civ., relativi emolumenti, ratei pensionistici e trattamento di fine rapporto disposti in favore della ricorrente; aveva, tuttavia, applicato la norma civilistica di cui all’art. cod. proc. civ. solo con riferimento agli emolumenti o al trattamento di fine rapporto accreditati anteriormente alla data del sequestro preventivo, con
esclusione di quelli corrisposti contestualmente o successivamente al sequestro, ritenendo che l’istanza non recasse una specifica richiesta di restituzione anche rispetto a tali somme e che non fosse corredata da documentazione, non essendo possibile disporre perizia contabile.
La Corte di Cassazione, adita su ricorso di Vinci, con sentenza n. 47677 del 23.09.2022, aveva annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame rilevando che la documentazione ritenuta mancante dal Tribunale fosse in realtà presente.
Il Tribunale del Riesame, con l’ordinanza oggetto di ricorso, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello.
Per completezza si deve dare atto che, con sentenza del Tribunale di Milano del 24 marzo 2021, NOME COGNOME era stato dichiarato colpevole del reato a lui ascritto, limitatamente ai fatti commessi negli anni 2011, 2012 e 2013 e nei suoi confronti è stata disposta la confisca del profitto del reato pari ad euro 3.677.8814 in misura superiore alla entità della somme sottoposte a vincolo reale.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma ha proposto ricorso Lsi l’imputato, a mezzo g;ti proprio difensore, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge per erronea applicazione dei limiti di sequestrabilità degli emolumenti pensionistici accreditati in data successiva al decreto di sequestro. Il difensore osserva che il Tribunale del Riesame non si era confrontato con i principi di diritto enuncia4 dalla Corte nella sentenza rescindente ed era giunto a conclusioni in contrasto con l’art. 545 cod. proc. civ., il quale prevede un limite di pignorabilità applicabile al sequestro per equivalente anche per le somme accreditate in epoca contestuale o successiva alla esecuzione del vincolo cautelare.
Il Tribunale aveva affermato che la somma accreditata sul conto della Vinci il 2 novembre 2016 non poteva considerarsi successiva al decreto di sequestro preventivo del 14 ottobre 2016, eseguito il 29.11.2026, ma in tal modo non si era uniformato al principio di diritto espresso dalla Corte nella sentenza rescindente. L’art. 545, comma 8, cod. proc. civ. fa riferimento al pignoramento, senza operare alcuna specifica distinzione tra il momento di emissione della misura cautelare e la sua successiva esecuzione. Le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale per il Riesame di Milano rappresentano una evidente forzatura del dato normativo, oltre a porsi in contrato con i principi di legittimità statuiti dal Suprema Corte nella sentenza di annullamento con rinvio. L’importo di euro 786,14 accreditato il 2 novembre 2016 non può ritenersi compreso nella somma di euro 1402,95 restituita alla Vinci dal Tribunale, trattandosi di impokto accreditato in data successiva al decreto di sequestro preventivo. Ma anche nella
denegata ipotesi in cui si volesse prendere in considerazione il momento di esecuzione della misura reale, l’importo di euro 876,14 non potrebbe comunque essere compreso in quella già oggetto di restituzione, relativa ad una somma, aumentata del triplo dell’assegno sociale riferibile all’anno 2022, incontestabilmente accreditata sul conto corrente della ricorrente in data antecedente non solo alla esecuzione della misura cautelare reale, ma anche alla sua stessa emissione.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione o erronea applicazione dell’art. 545, comma 7, cod. proc. pen. in relazione al comma 8 del medesimo articolo, così come modificato dal D.L. 115/2022 convertito nella legge 142/2022. Il Tribunale del Riesame non si è confrontato con l’ulteriore principio di diritto indicato nella sentenza di annullamento con rinvio della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto necessario che i giudici di merito tenessero conto dell’attuale disposto dell’art. 545, comma 8, cod. proc. civ.: da un lato la novella ha innalzato il limite di pignorabilità delle pensioni collegato all’ammontare dell’assegno sociale aumentato alla metà, ma attualmente corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, dall’altra è stata inserita una soglia minima di impignorabilità di euro 1000,00.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
Avverso il provvedimento impugnato, il ricorso per cassazione è esperibile nei ristretti limiti indicati dall’art. 325 cod. proc. pen., a tenore del quale “Cont le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge”. In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel concetto di violazione di legge non possono essere ricompresi la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste dall’art. 606, lett. e), quali motivi di ricorso distinti e autonomi dal inosservanza o erronea applicazione di legge (lett. b) o dalla inosservanza di norme processuali (lett. c) . Pertanto, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 co. 1 c.p.p. citato, rientrano sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a
sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), ma non l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 co. 1, lett. e), c.p.p. (ex multis: Sez. 6 n. 7472 del 21/1/2)09, P.M. in proc. COGNOME e altri, Rv. 242916).
3.Ciò premesso, al fine di valutare, se l’ordinanza del Tribunale impugnata sia affetta da illegittimità nel senso anzidetto, occorre in primo luogo prendere le mosse dal percorso normativo adottato dalla sentenza rescindente. La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva rigettato l’appello rilevando quanto segue:
– una recente pronuncia delle Sezioni Unite aveva previsto che i limiti di pignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego (comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza) previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente e al sequestro ad essa finalizzato (Sez. U, n. 26252 del 24/02/2022, Rv.283245) e tale pronuncia aveva, altresì, ribadito che necessario presupposto dell’applicabilità della norma processuale civilistica anche nel campo cautelare penale, è che risulti attestata la causale dei versamenti e che gli importi da sequestrare siano imputabili con certezza a detti titoli)
-nel caso di specie, il ricorrente aveva adempiuto all’onere di allegazione indicato dalla giurisprudenza producendo documentazione vagliata ed analizzata dal giudice che, infatti, aveva disposto la restituzione dei ratei ed emolumenti fino all’ammontare di euro 1.495,00, evidentemente potendo desumere agevolmente dalla documentazione prodotta la causale dei versamenti e quindi la natura qualificata dei crediti, tanto da conteggiare gli importi da restituire. L’atto d gravame era, pertanto, del tutto idoneo a radicare in capo al Tribunale milanese il dovere di pronunciarsi sulla questione relativa alla completa applicazione della norma processual civilistica di cui all’art. 545 cod. proc. civ. anche con riferimento agli accrediti contestuali o successivi alla data del sequestro, senza alcuna limitazione, nella misura indicata dai commi terzo, quarto, quinto e settimo di detto articolo. Di tale completa applicazione il giudice a quo avrebbe dovuto farsi carico, pronunciandosi nel merito. La Corte aveva anche osservato che, in pendenza del ricorso, la disciplina dell’art. 545 cod. proc. civ. era stata modificata dal decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale – Serie
generale – n. 185 del 9 agosto 2022), coordinato con la legge di conversione 21 settembre 2022, n. 142, recante: «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali», il quale all’art. 21 bis h modificato il settimo comma, inserendo una soglia minima di irnpignorabilità.
3.Nel giudizio rescissorio, Il Tribunale del Riesame ha premesso che l’istanza di restituzione si riferiva concretamente ad un importo di 786,14 euro accreditato in data 2 novembre 2016 con causale pensione sul conto corrente n. 2828 / acceso presso Intesa San Paolo, sul quale in data successiva all’accredito, ovvero il 29 novembre 2016, era stato eseguito il sequestro preventivo disposto il 14 ottobre 2016. Secondo i giudici, su tale somma non poteva essere applicato il principio di diritto enunziato dalla Suprema Corte, in quanto l’accredito era avvenuto anteriormente e non già contestualmente o successivamente alla data del sequestro: la somma era stata accreditata sul conto corrente il 2 novembre 2016, in precedenza all’apposizione del vincolo e l’impignorabilità dei crediti pensionistici era già stata valutata dal Tribunale nell’ambito della restituzione disposta dall’ordinanza annullata in favore dell’appellante di euro 1402,95, non oggetto di censura da parte dei giudici di legittimità. Né poteva essere condivisa la tesi secondo la quale la trasposizione in ambito penalistico della nozione di pignoramento prevista dall’art. 545 cod. proc. pen. coinciderebbe non già con l’esecuzione del sequestro, ma con l’emissione del provvedimento di adozione della misura reale: la sottoposizione a vincolo degli accrediti concomitanti e perfino successivi al pignoramento riguarda ratei di pensioni e stipendi destinati a coprire, progressivamente, il credito azionato non ancora soddisfatto, sicché la trasposizione della disciplina nell’ambito del sequestro preventivo non può che fare riferimento all’apposizione del vincolo inteso quale momento di esecuzione del sequestro. L’istanza dunque era volta ad ottenere la restituzione di una somma, in realtà già restituita nei limiti di operatività della disciplina dettat dall’art.545 cod. proc. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. Occorre, dunque, chiedersi se il Tribunale /come rilevato dal ricorrente sia incorso effettivamente nella lamentata violazione dei limiti di pignorabilità dettati dall’art. 545, comma 8, cod. proc. civ., come visto applicabili anche in ambito penale. Tale norma prevede che “Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data
anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge. Come osservato dalla giurisprudenza di legittimità attraverso questa distinzione è stato dato rilievo alla distinzione fra crediti e risparmi ed è stat introdotto un diverso limite di pignorabilità per le due tipologie, correlate al fatt che il pignoramento sia successivo all’accredito, ovvero contesi:uale o precedente ad esso (Sez 6, n. 8822 del 08/01/2020, COGNOME, Rv. 278560).
Nel caso in esame il ricorrente assume che, per effetto della applicazione di detta norma, avrebbe dovuto essere restituita a Vinci anche la somma accreditata in data successiva al decreto di sequestro, anche se anteriore alla sua esecuzione. Il Tribunale del Riesame ha, invece, ritenuto che la restituzione non fosse dovuta in quanto detta somma era stata accreditata prima della esecuzione del sequestro e i limiti di pignorabilità previsti dall’art. 545 cod. proc. pen. in relazione a somme accreditate in data anteriore al sequestro erano già stati tenuti in conto con la restituzione dell’importo di euro 1402,95, pari al triplo dell’assegno sociale, che nell’anno 2022, ovvero al momento del deposito dell’ordinanza, era di euro 467,65.
5. Il Collegio osserva come la decisione del Tribunale del Riesame sia esente da profili di illegittimità.
Invero, la somma di cui si è richiesta la restituzione è stata versata sul conto in data antecedente al 29 novembre 2016, data di esecuzione del sequestro sul saldo del conto intestato a Vinci. Sul saldo a tale data, l’impignorabilità dei crediti pensionistici di cui all’art. 545 cod. proc. civ., nei limiti del triplo della pensi sociale, era già stata valutata dalla precedente ordinanza del Tribunale del Riesame nell’ambito della restituzione in favore dell’appellante della somma di euro 1402,95. La trasposizione in ambito penalistico della nozione di “pignoramento”, come ritenuto dal Tribunale, coincide non già con la data di emissione del provvedimento di sequestro, bensì con la data di esecuzione del sequestro: quel che rileva, ai fini civilistici, come ai fini penalistici è il momen di reale apposizione del vincolo e non il momento di emissione di un provvedimento, che potrebbe rimanere anche ineseguito.
Anche il rilievo per cui il Tribunale non si sarebbe confron1:ato con il dictum della sentenza rescindente, nella parte in cui aveva invitato il giudice del rinvio a tenere conto della modifica dell’art. 545 cod. proc. civ., intervenuta nelle pendenza del ricorso, è infondato. Invero la modifica, cui fa riferimento la Corte di Cassazione, ha riguardato il settimo comma dell’art. 545 cod. proc. civ., prevedendo una soglia minima di impignorabilità prima non contemplata. Il
ha valutato che la somma di cui era stata
Tribunale del Riesame, tuttavia,
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richiesta la restituzione fosse stata accreditata in data antecedente al sequestro, sicchè venivano in rilievo solo i limiti di pignorabilità previsti dal comma ottavo di
detto articolo, pari al triplo della pensione sociale.
6. Al rigetto del ricorso, segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
Deciso in Roma il 20 settembre 2023.
Il Consigliera
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NOME
Il Presidente.
NOME COGNOME