LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: interesse ad agire e esecuzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9623/2025, ha rigettato il ricorso di un’indagata, stabilendo un principio fondamentale in materia di sequestro preventivo. L’interesse ad agire per impugnare un provvedimento di sequestro non deriva dalla mera titolarità dei beni, ma sorge solo nel momento in cui viene fornita la prova della sua concreta esecuzione. In assenza di tale prova, il ricorso per il riesame è inammissibile, impedendo così anche la valutazione nel merito dei vizi del decreto, come la presunta carenza di motivazione sul ‘periculum in mora’.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: L’Impugnazione è Valida Solo Dopo l’Esecuzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9623/2025) ha ribadito un principio cruciale nella procedura penale: per poter validamente impugnare un decreto di sequestro preventivo, non basta essere il proprietario dei beni. È indispensabile dimostrare che il sequestro sia stato effettivamente eseguito. Questa pronuncia chiarisce i contorni dell’interesse ad agire, un requisito fondamentale per accedere alla giustizia, e offre importanti spunti pratici per la difesa tecnica.

I Fatti del Caso: Il Sequestro e l’Immediata Impugnazione

La vicenda trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Cagliari nei confronti di un’indagata per il reato di cui all’art. 640-bis c.p. Il provvedimento mirava a bloccare conti correnti, un buono fruttifero, un immobile e altri beni fino a un valore di oltre 276.000 euro.

L’indagata, tramite il suo difensore, ha immediatamente proposto istanza di riesame al Tribunale competente, chiedendo l’annullamento del decreto. Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato l’impugnazione inammissibile per ‘carenza di interesse’. La motivazione? Al momento della presentazione del ricorso, non era stata fornita alcuna prova che il sequestro fosse stato materialmente eseguito sui beni dell’indagata.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione dell’Interesse ad Agire

Contro questa decisione, la difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Errata valutazione dell’interesse ad agire: Secondo la ricorrente, la sua qualità di titolare dei beni era sufficiente a fondare un interesse concreto e attuale a impugnare il provvedimento, a prescindere dalla sua esecuzione. Si sosteneva, inoltre, che l’esecuzione fosse comunque avvenuta prima dell’udienza di riesame, anche se i relativi verbali non erano ancora stati trasmessi al Tribunale.
2. Mancanza di motivazione sul periculum in mora: La difesa lamentava che il decreto di sequestro originale fosse generico e non spiegasse in modo specifico perché, nel suo caso, esistesse il rischio concreto di dispersione dei beni.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Prova dell’Esecuzione è l’Elemento Chiave

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione del Tribunale del Riesame. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sul primo motivo, ritenendolo assorbente rispetto al secondo.

La Corte ha stabilito che l’interesse ad agire in un procedimento di riesame contro un sequestro preventivo non è astratto, ma deve essere concreto e attuale. Questo interesse sorge non quando il decreto viene emesso, ma quando esso produce un effetto pregiudizievole per il destinatario, ovvero quando i suoi beni vengono materialmente vincolati.

È onere della parte che impugna, ha precisato la Corte, dimostrare l’avvenuta esecuzione. Allegare i verbali di sequestro non è una formalità, ma la prova stessa dell’esistenza di una lesione attuale che giustifica il ricorso al giudice. Nel caso specifico, al momento della presentazione della richiesta di riesame, non vi era agli atti alcuna prova di un sequestro eseguito sui beni dell’indagata. Il fatto che l’esecuzione sia avvenuta in un momento successivo non sana il vizio originario dell’istanza.

Di conseguenza, dichiarata l’inammissibilità del riesame per ragioni procedurali, la Corte non ha potuto esaminare nel merito il secondo motivo, quello relativo alla presunta carenza di motivazione sul periculum in mora. La valutazione preliminare di ammissibilità, infatti, blocca ogni successiva analisi sul contenuto del provvedimento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa sentenza offre una lezione fondamentale per la strategia difensiva: la fretta può essere una cattiva consigliera. Per contestare efficacemente un sequestro preventivo, è indispensabile attendere la sua esecuzione e, soprattutto, procurarsi e depositare i relativi verbali insieme all’istanza di riesame.

Agire prima che il provvedimento abbia prodotto i suoi effetti concreti porta a una declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse ad agire, vanificando la possibilità di far valere le proprie ragioni nel merito. La decisione della Cassazione sottolinea come il diritto a impugnare sia strettamente legato a una lesione effettiva e provata, non a un pregiudizio solo potenziale.

È possibile impugnare un decreto di sequestro preventivo prima che sia stato eseguito?
No. Secondo la sentenza, l’interesse concreto e attuale a impugnare il provvedimento sorge solo con la sua effettiva esecuzione. Senza fornire la prova dell’avvenuta esecuzione, l’impugnazione è inammissibile.

Su chi ricade l’onere di dimostrare che il sequestro è stato eseguito?
L’onere della prova ricade sulla parte che propone l’impugnazione. È quindi compito dell’indagato o del suo difensore allegare al ricorso per il riesame i verbali o altri atti che attestino l’avvenuta esecuzione del sequestro.

Se il riesame viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il giudice valuta comunque i vizi del decreto di sequestro?
No. La declaratoria di inammissibilità è una decisione preliminare che impedisce l’esame del merito della questione. Pertanto, se il ricorso è inammissibile, il Tribunale non si pronuncerà su eventuali altri vizi del provvedimento, come la mancanza di motivazione sul ‘periculum in mora’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati