Sequestro Preventivo: Quando un Provvedimento di Gestione Diventa Inappellabile
La gestione dei beni sottoposti a sequestro preventivo è una fase delicata e complessa, spesso fonte di contenzioso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la distinzione tra gli atti giurisdizionali che dispongono la misura e il provvedimento amministrativo sequestro che ne regola la gestione. Questa pronuncia chiarisce quali atti dell’autorità giudiziaria siano impugnabili e quali, invece, rientrino nella normale amministrazione, non soggetti a ricorso immediato.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dal provvedimento di un Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) che, nell’ambito di un’indagine su una società di navigazione, aveva disposto il sequestro preventivo di una flotta di navi. Successivamente, lo stesso GIP autorizzava l’amministratore giudiziario a continuare l’utilizzo delle navi per garantire il servizio di trasporto pubblico su determinate rotte. L’ordinanza specificava che i ricavi derivanti da tale attività dovessero confluire in un conto dedicato alla procedura, al fine di evitare la dissipazione dei beni.
La società indagata ha proposto ricorso per Cassazione contro questa autorizzazione, sostenendo che si trattasse di un provvedimento abnorme e illegittimo, in quanto avrebbe alterato la natura del sequestro, trasformandolo di fatto in un’ulteriore misura ablativa eccedente il valore del profitto del reato contestato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’ordinanza del GIP non era un atto giurisdizionale modificativo del sequestro, bensì un atto di natura puramente amministrativa, finalizzato alla gestione del bene sequestrato.
La Corte ha ribadito un principio di diritto consolidato: le disposizioni che prevedono l’appello per le ordinanze in materia di sequestro preventivo (art. 322-bis c.p.p.) non si applicano ai provvedimenti che intervengono nella fase esecutiva della misura e che attengono alla mera amministrazione del bene. Questi atti, infatti, non incidono sul titolo cautelare, ma ne rappresentano semplicemente l’attuazione pratica.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la natura dell’atto impugnato e i rimedi previsti dalla legge. La Cassazione ha spiegato che l’autorizzazione a utilizzare le navi e a versare i proventi su un conto dedicato non è un nuovo sequestro né una sua estensione. Al contrario, è un’attività di gestione ordinaria finalizzata a uno scopo preciso: impedire la dissipazione dei beni (le navi) e conservarne il valore, garantendo al contempo la continuità di un servizio pubblico essenziale.
Questo tipo di provvedimento amministrativo sequestro è considerato legittimo e rientra nei poteri del giudice che supervisiona l’esecuzione della misura. Secondo la Corte, se la società avesse voluto contestare una modifica del vincolo cautelare, avrebbe dovuto utilizzare lo strumento specifico previsto dal codice di rito, ovvero l’appello cautelare reale, e non il ricorso per Cassazione, riservato a casi differenti.
La decisione di destinare i ricavi a un conto specifico è stata vista come una misura coerente con la finalità del sequestro stesso, ossia la conservazione del bene in vista della confisca, e non come un’illegittima apprensione di nuove somme. L’atto, dunque, non solo era legittimo, ma anche non impugnabile con lo strumento scelto dalla ricorrente.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza offre importanti chiarimenti per le imprese e i professionisti che si confrontano con misure di sequestro. L’insegnamento principale è che esiste una netta separazione tra la contestazione del sequestro in sé e la contestazione delle modalità con cui i beni vengono gestiti dall’amministratore giudiziario sotto la supervisione del giudice. I provvedimenti che rientrano nella gestione ordinaria, anche se dispongono l’uso produttivo dei beni, non possono essere attaccati con gli stessi strumenti previsti per l’impugnazione del titolo cautelare originario. Questa distinzione è fondamentale per evitare ricorsi inammissibili e per indirizzare correttamente la strategia difensiva, concentrandosi sui rimedi appropriati previsti dal sistema processuale.
Un’ordinanza del giudice che autorizza l’uso di beni sequestrati è impugnabile come il sequestro stesso?
No. Secondo la Cassazione, un’ordinanza che regola la gestione e l’uso di beni già sotto sequestro ha natura amministrativa e non giurisdizionale. Pertanto, non è soggetta agli stessi mezzi di impugnazione (come l’appello ex art. 322-bis c.p.p.) previsti per il provvedimento che ha originariamente disposto il sequestro.
Qual è la differenza tra un atto giurisdizionale e un provvedimento amministrativo nella gestione di un sequestro?
Un atto giurisdizionale istituisce, modifica o revoca il vincolo cautelare sul bene. Un provvedimento amministrativo, invece, attiene alla mera gestione ed esecuzione della misura, come autorizzare l’uso del bene per impedirne il deperimento o per continuare un’attività, senza alterare la natura o l’oggetto del sequestro iniziale.
Qual è stato l’esito finale per la società ricorrente e perché?
Il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha condannato la società al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, poiché il rimedio utilizzato (ricorso per Cassazione) era errato per contestare un atto di gestione amministrativa dei beni sequestrati.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2893 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2893 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza del 21/06/2023 del GIP del TRIBUNALE di MESSINA Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; dato atto che si procede nelle forme di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n.137 del 2020 conv. in I. n. 176 del 2020; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato per nuovo esame.
FATTO E DIRITTO
Nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, persona giuridica indagata ex art.24 d.lgs. n.231/2001, è stato proposto ricorso avverso il provvedimento del Gip presso il Tribunale di COGNOME, emesso il 21/06/2023, con il quale si autorizzava l’amministratore giudiziario dei beni in sequestro all’utilizz delle navi Vesta, Isola di Vulcano, Sansovino, Isola di Stromboli, NOME COGNOME e NOME COGNOME, limitatamente alle tratte in cui doveva essere assicurato il servizio pubblico, disponendo che le somme ricavate dall’attività confluissero in un conto dedicato alla procedura e che l’amministratore suddetto curasse ogni adempimento necessario per impedire la dissipazione dei beni in sequestro.
La società ricorrente con un unico motivo eccepisce l’estraneità dall’ordinamento vigente del provvedimento impugnato, non essendo consentito acquisire alla procedura di amministrazione giudiziaria somme per valore eccedente la misura cautelare reale, alterandosi altrimenti la corrispondenza tra profitto di reato e beni sottoposti al vincolo e attribuendosi all’autorizzazione in questione valenza di ulteriore ordinanza di sequestro.
Il ricorso, basato sulla pretesa abnormità del provvedimento impugnato, è inammissibile.
Va ribadito, infatti, il principio di diritto secondo cui in tema di sequestr preventivo, la disposizione di cui all’art. 322 – bis cod. proc. pen., che prevede la generale appellabilità delle ordinanze adottate in materia, non trova applicazione per quei provvedimenti aventi natura sostanzialmente amministrativa che intervengono nella fase dell’esecuzione della misura cautelare e che attengono alla mera gestione del bene sequestrato, e, quindi, si presentano come atti di ordinaria amministrazione (Sez. 2, n. 40130 del 29/09/2015, INDIRIZZO, Rv. 264499; Sez. 3, ord. n. 6743 del 02/12/2022, dep. 2023, Rv. 284188).
Nel caso di specie, dal testo dell’ordinanza impugnata, si rileva che le somme ricavate dall’espletamento del servizio pubblico, oggetto di autorizzazione, debbano confluire su un conto destinato alla procedura con un preciso vincolo di destinazione ossia per impedire la dissipazione dei beni sequestrati, con inerenza quindi alla gestione delle navi e all’amministrazione ordinaria delle stesse, circostanza che rende il provvedimento non solo legittimo ma non impugnabile, non senza rilevare che la censura, incentrata sulla contestata modifica del vincolo cautelare, doveva semmai essere fatta valere con il rimedio specificatamente previsto dal codice di rito, ossia con l’appello cautelare reale.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della società ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE P COGNOME Cf/ M III COGNOME delle ammende.
00 COGNOME
P.Q.M.
7:· 3 » COGNOME Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle 2 spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Nz on, COGNOME Ammende.
C) COGNOME Così deciso in Roma il giorno 21 dicembre 2023