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Sequestro preventivo: inammissibile ricorso su atti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società di navigazione contro un’ordinanza del GIP. L’ordinanza autorizzava l’amministratore giudiziario all’uso delle navi sequestrate per garantire un servizio pubblico. La Corte ha stabilito che tale provvedimento, riguardando la mera gestione dei beni, ha natura amministrativa e non è impugnabile con gli strumenti previsti per i provvedimenti giurisdizionali che dispongono il sequestro preventivo.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: Quando un Provvedimento di Gestione Diventa Inappellabile

La gestione dei beni sottoposti a sequestro preventivo è una fase delicata e complessa, spesso fonte di contenzioso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la distinzione tra gli atti giurisdizionali che dispongono la misura e il provvedimento amministrativo sequestro che ne regola la gestione. Questa pronuncia chiarisce quali atti dell’autorità giudiziaria siano impugnabili e quali, invece, rientrino nella normale amministrazione, non soggetti a ricorso immediato.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal provvedimento di un Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) che, nell’ambito di un’indagine su una società di navigazione, aveva disposto il sequestro preventivo di una flotta di navi. Successivamente, lo stesso GIP autorizzava l’amministratore giudiziario a continuare l’utilizzo delle navi per garantire il servizio di trasporto pubblico su determinate rotte. L’ordinanza specificava che i ricavi derivanti da tale attività dovessero confluire in un conto dedicato alla procedura, al fine di evitare la dissipazione dei beni.

La società indagata ha proposto ricorso per Cassazione contro questa autorizzazione, sostenendo che si trattasse di un provvedimento abnorme e illegittimo, in quanto avrebbe alterato la natura del sequestro, trasformandolo di fatto in un’ulteriore misura ablativa eccedente il valore del profitto del reato contestato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’ordinanza del GIP non era un atto giurisdizionale modificativo del sequestro, bensì un atto di natura puramente amministrativa, finalizzato alla gestione del bene sequestrato.

La Corte ha ribadito un principio di diritto consolidato: le disposizioni che prevedono l’appello per le ordinanze in materia di sequestro preventivo (art. 322-bis c.p.p.) non si applicano ai provvedimenti che intervengono nella fase esecutiva della misura e che attengono alla mera amministrazione del bene. Questi atti, infatti, non incidono sul titolo cautelare, ma ne rappresentano semplicemente l’attuazione pratica.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la natura dell’atto impugnato e i rimedi previsti dalla legge. La Cassazione ha spiegato che l’autorizzazione a utilizzare le navi e a versare i proventi su un conto dedicato non è un nuovo sequestro né una sua estensione. Al contrario, è un’attività di gestione ordinaria finalizzata a uno scopo preciso: impedire la dissipazione dei beni (le navi) e conservarne il valore, garantendo al contempo la continuità di un servizio pubblico essenziale.

Questo tipo di provvedimento amministrativo sequestro è considerato legittimo e rientra nei poteri del giudice che supervisiona l’esecuzione della misura. Secondo la Corte, se la società avesse voluto contestare una modifica del vincolo cautelare, avrebbe dovuto utilizzare lo strumento specifico previsto dal codice di rito, ovvero l’appello cautelare reale, e non il ricorso per Cassazione, riservato a casi differenti.

La decisione di destinare i ricavi a un conto specifico è stata vista come una misura coerente con la finalità del sequestro stesso, ossia la conservazione del bene in vista della confisca, e non come un’illegittima apprensione di nuove somme. L’atto, dunque, non solo era legittimo, ma anche non impugnabile con lo strumento scelto dalla ricorrente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre importanti chiarimenti per le imprese e i professionisti che si confrontano con misure di sequestro. L’insegnamento principale è che esiste una netta separazione tra la contestazione del sequestro in sé e la contestazione delle modalità con cui i beni vengono gestiti dall’amministratore giudiziario sotto la supervisione del giudice. I provvedimenti che rientrano nella gestione ordinaria, anche se dispongono l’uso produttivo dei beni, non possono essere attaccati con gli stessi strumenti previsti per l’impugnazione del titolo cautelare originario. Questa distinzione è fondamentale per evitare ricorsi inammissibili e per indirizzare correttamente la strategia difensiva, concentrandosi sui rimedi appropriati previsti dal sistema processuale.

Un’ordinanza del giudice che autorizza l’uso di beni sequestrati è impugnabile come il sequestro stesso?
No. Secondo la Cassazione, un’ordinanza che regola la gestione e l’uso di beni già sotto sequestro ha natura amministrativa e non giurisdizionale. Pertanto, non è soggetta agli stessi mezzi di impugnazione (come l’appello ex art. 322-bis c.p.p.) previsti per il provvedimento che ha originariamente disposto il sequestro.

Qual è la differenza tra un atto giurisdizionale e un provvedimento amministrativo nella gestione di un sequestro?
Un atto giurisdizionale istituisce, modifica o revoca il vincolo cautelare sul bene. Un provvedimento amministrativo, invece, attiene alla mera gestione ed esecuzione della misura, come autorizzare l’uso del bene per impedirne il deperimento o per continuare un’attività, senza alterare la natura o l’oggetto del sequestro iniziale.

Qual è stato l’esito finale per la società ricorrente e perché?
Il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha condannato la società al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, poiché il rimedio utilizzato (ricorso per Cassazione) era errato per contestare un atto di gestione amministrativa dei beni sequestrati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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