Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9930 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9930 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato ad Africo il 17/04/1967
NOME NOMECOGNOME nata a S. Severo il 31/05/1971
avverso l’ordinanza emessa il 03/06/2024 dal Tribunale di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore dei ricorrenti, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 03/06/2024, il Tribunale di Bologna, adito con richiesta di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. dai terzi interessati COGNOME NOME e COGNOME NOME, genitori dell’indagato COGNOME NOME ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Bologna in data
13/05/2024, finalizzato alla confisca per sproporzione, delle somme di danaro rinvenute nella disponibilità del predetto indagato, in relazione al reato a lu ascritto di illecita detenzione di cocaina.
Ricorrono per cassazione con unico atto i genitori dell’indagato, a mezzo dei propri difensori, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, ritenuta apparente, con riferimento alla riconducibilità delle somme in sequestro a VERSACE Giulio. Si lamenta il carattere apodittico della motivazione del Tribunale, ancorata alla collocazione delle somme e alla ritenuta inverosimiglianza della giustificazione dell’accumulo delle somme medesime, offerta dai ricorrenti.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’assenza di un reato potenzialmente idoneo a creare illecita accumulazione di ricchezza. Si deduce la non confiscabilità delle somme sequestrate, avuto riguardo al fatto che la contestata detenzione non è idonea a produrre illecita ricchezza, non potendosi dar rilievo, a tal fine, alle considerazioni svolte dal Tribunale a sostegno dell finalità di spaccio della cocaina detenuta dal figlio dei ricorrenti.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti. Si richiama la più recente elaborazione giurisprudenziale che richiede, anche nella materia cautelare reale, la verifica di concreti elementi indiziari, nella specie insussistenti.
2.4. Violazione di legge per l’omessa motivazione in punto di proporzionalità della misura.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, condividendo i rilievi formulati dai ricorrenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Per ciò che riguarda il primo motivo, con cui è stata censurata la riferibilità a VERSACE Giulio delle somme sottoposte a sequestro, appare opportuno richiamare, anzitutto, il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui «il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, le doglianze difensive risultano radicalmente inammissibili.
Lungi dall’aver reso sul punto una motivazione apparente o apodittica, come dedotto in ricorso, il Tribunale di Bologna ha diffusamente illustrato le ragioni della conferma del sequestro anche sotto questo preliminare aspetto, evidenziando (pagg. 7 segg.): che l’intera ingente somma (Euro 22.475) era stata rinvenuta all’interno della camera di VERSACE NOME; che i genitori ricorrenti, nel rivendicare la titolarità del danaro non avevano chiarito le ragioni di tale collocazione, né della presenza in casa di una somma così consistente, risultando inverosimile la giustificazione imperniata sull’acquisto di un’auto; che COGNOME NOME non aveva rappresentato agli operanti, al momento del sequestro, di non essere titolare delle somme, né dal canto proprio COGNOME NOME – di professione avvocato, presente al sequestro per assistere il figlio – aveva provveduto a rivendicarle (non essendo credibile la spiegazione difensiva imperniata su un contraccolpo emotivo subito in quel contesto dal ricorrente, dato che erano trascorsi ben diciannove giorni dal sequestro all’istanza di riesame); che la somma trovata in tasca di COGNOME NOME non risultava compatibile con la sua dichiarata assenza di redditi, mentre non vi era alcun riscontro quanto al danaro asseritamente derivante da regalie dei nonni; che la consistente quantità di banconote false in possesso di COGNOME NOME (per un totale di apparenti Euro 3.320), certamente indicativa del suo inserimento in circuiti criminali, risultava ben poco riferibile ai genitori, tanto meno poteva ammettersi una distinzione tra le banconote false, appartenenti all’uno, e le banconote vere appartenenti agli altri.
In buona sostanza, il Tribunale ha compiutamente spiegato i motivi della confermata attribuzione a VERSACE Giulio delle somme in sequestro, tra l’altro in termini tutt’altro che illogici: fermo restando che eventuali vizi della motivazion non sarebbero stati deducibili in questa sede, avuto riguardo ai limiti, in precedenza richiamati, della cognizione di questa Suprema Corte in materia cautelare reale.
Per ciò che riguarda le ulteriori doglianze, concernenti la confiscabilità delle somme rispetto al reato contestato, la proporzionalità dell’intervento ablativo e la stessa sussistenza del fumus commissi delicti, assume rilievo assorbente il difetto di interesse, in capo agli odierni ricorrenti, a sostenere quanto prospettato in ricorso.
Al di là dalla questione, oggi controversa, della possibilità per i terzi interessat alla restituzione di contestare la sussistenza dei presupposti del sequestro (per la tradizionale opinione negativa, cfr. da ultimo Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165 – 01; in senso contrario, cfr. Sez. 6, n. 15673 del 13/03/2024, Pezzi, Rv. 286335 – 01), è invero evidente che l’accertata manifesta infondatezza del primo ordine di rilievi, volto a rivendicare le somme contestando la conferma della loro attribuzione all’indagato COGNOME NOMECOGNOME non può che implicare
l’insussistenza di un diritto dei ricorrenti alla eventuale restituzione delle somme medesime, con conseguente difetto di un interesse concreto e attuale alla coltivazione degli ulteriori motivi di ricorso.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 08 gennaio 2025
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