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Sequestro preventivo: appello inammissibile se manchi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36204/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo presentato da un soggetto che occupava un immobile senza esserne proprietario. La Corte ha stabilito che, per poter impugnare la misura, non basta essere l’indagato, ma è necessario dimostrare un interesse concreto e attuale, ovvero il diritto a ottenere la restituzione del bene in caso di annullamento del sequestro. Mancando tale presupposto, il ricorso è stato respinto per difetto di legittimazione.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità del Ricorso del Detentore non Proprietario

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 36204 del 2024, offre un importante chiarimento sui presupposti necessari per impugnare un sequestro preventivo. La decisione si concentra sulla figura dell’indagato che, pur avendo la disponibilità materiale di un bene, non ne è il proprietario. Secondo la Suprema Corte, in questi casi, la sola qualità di indagato non è sufficiente a giustificare un ricorso: è indispensabile dimostrare un interesse concreto alla restituzione del bene, un requisito che va oltre la mera legittimazione astratta.

I Fatti del Caso: Sequestro di un Immobile di Edilizia Pubblica

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, disponeva il sequestro preventivo di un immobile di proprietà di un ente di edilizia pubblica. L’appartamento era nella disponibilità di una persona, indagata nel procedimento penale. Il provvedimento del Tribunale ribaltava una precedente decisione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), che aveva invece respinto la richiesta di sequestro. Contro questa decisione, l’occupante dell’immobile ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Dalle Violazioni Procedurali al Principio del Ne bis in idem

La difesa dell’indagata ha articolato il ricorso su diversi motivi, tra cui:
1. Violazioni procedurali: Si lamentava la mancata indicazione, nel decreto di fissazione dell’udienza, della possibilità di richiedere la discussione orale, nonché la mancata valutazione di una memoria difensiva.
2. Violazione del ne bis in idem: Si sosteneva che la richiesta di sequestro fosse una duplicazione di un’altra istanza già presentata in un procedimento penale precedente, conclusosi con un decreto penale di condanna.
3. Mancanza di proporzionalità e periculum in mora: Si eccepiva che né il PM né il Tribunale avessero considerato il principio secondo cui il sequestro rappresenta una extrema ratio, né avessero adeguatamente motivato il pericolo concreto e attuale.
4. Stato di necessità: Si invocava la causa di giustificazione dello stato di necessità, con riferimento al pericolo per il diritto all’abitazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: la mancanza di interesse ad impugnare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle singole censure. La decisione si fonda interamente sulla carenza di un requisito fondamentale: l’interesse concreto ed attuale ad impugnare da parte della ricorrente.

I giudici hanno ribadito un orientamento ormai consolidato: sebbene l’articolo 322 del codice di procedura penale conferisca la legittimazione a proporre riesame all’imputato, alla persona a cui le cose sono state sequestrate e a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, questa legittimazione astratta deve essere accompagnata da un interesse concreto.

Il principio di diritto sul sequestro preventivo e l’interesse concreto

La Corte ha chiarito che l’indagato che non sia proprietario del bene in sequestro può impugnare il provvedimento solo se dimostra di avere un interesse qualificato, che si traduce nella possibilità di ottenere la restituzione del bene in caso di accoglimento del ricorso. Il gravame, infatti, deve essere funzionale a un risultato immediatamente produttivo di effetti positivi nella sfera giuridica dell’impugnante.

Nel caso specifico, era pacifico che la ricorrente non fosse la proprietaria dell’immobile, appartenente a un ente pubblico. Ella non ha contestato tale titolarità né ha allegato alcun titolo (ad esempio, un contratto di locazione valido) che, in caso di dissequestro, le avrebbe conferito il diritto di riottenere la disponibilità dell’appartamento. Di conseguenza, l’eventuale annullamento del sequestro non le avrebbe arrecato alcun vantaggio giuridico diretto, poiché il bene sarebbe tornato nella piena disponibilità del legittimo proprietario.
L’onere di allegare e dimostrare le ragioni di fatto e di diritto a sostegno di tale interesse ricade su chi impugna. In assenza di tali allegazioni, il ricorso è privo di un suo presupposto essenziale e deve essere dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

La sentenza n. 36204/2024 rafforza un principio cardine in materia di impugnazioni cautelari reali. Non è sufficiente essere indagati o meri detentori di un bene per poter contestare un sequestro preventivo. È necessario che l’impugnazione possa portare a un risultato pratico e giuridicamente apprezzabile per il ricorrente, identificato dalla Corte nella restituzione del bene. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di distinguere tra la legittimazione astratta a impugnare e l’interesse concreto ad agire, confermando che quest’ultimo è un requisito imprescindibile per l’ammissibilità di qualsiasi gravame, anche in materia penale.

Chi può impugnare un provvedimento di sequestro preventivo?
Secondo la legge, possono impugnare il provvedimento l’imputato (o indagato), la persona alla quale le cose sono state sequestrate e la persona che avrebbe diritto alla loro restituzione.

L’indagato non proprietario di un bene sequestrato può sempre chiederne il riesame?
No. Secondo la sentenza, l’indagato non proprietario può impugnare il sequestro solo se dimostra di avere un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene. La sola qualità di indagato o di detentore materiale non è sufficiente.

Cosa deve dimostrare l’indagato non proprietario per poter impugnare un sequestro preventivo?
Deve dimostrare di vantare un titolo o una relazione giuridica con il bene tale per cui, in caso di annullamento del sequestro, avrebbe diritto a ottenerne la restituzione. In pratica, deve provare che l’accoglimento del suo ricorso produrrebbe un vantaggio diretto e concreto nella sua sfera giuridica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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