Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36204 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36204 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso nell’interesse di COGNOME NOME, nata a Roma DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Roma del 29.4.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29.4.2024 il Tribunale di Roma ha accolto l’appello proposto dal PM contro il provvedimento del 23.11.2023 con cui il GIP capitolino aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo, avanzata in data 10.11.2023, avente ad oggetto il complesso di 18 immobili di proprietà dell’RAGIONE_SOCIALE, sito in Roma, INDIRIZZO, tra cui quello ubicato al lotto 2, INDIRIZZO, INDIRIZZO, che si assume essere nella disponibilità di NOME COGNOME; in accoglimento del gravame della parte pubblica ha perciò disposto il sequestro preventivo del predetto immobile;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia che deduce:
2.1 violazione di legge con riguardo all’art. 23-bis, commi quarto e settimo, del DL 137 del 2020, all’art. 311 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 127 e 178 cod. proc. pen.: rileva che il decreto di fissazione dell’udienza camerale mancava dell’avviso circa la possibilità di richiedere la discussione orale nel termine stabilit dalla normativa emergenziale, con conseguente nullità dell’ordinanza adottata dal Tribunale derivante, anche, dalla mancata acquisizione e valutazione della memoria difensiva trasmessa dalla difesa e di cui il provvedimento impugnato non fa cenno alcuno;
2.2 violazione di legge con riguardo all’art. 349 cod. pen., all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali EU, all’art. 4 proc. 7 CEDU – violazione del ne bis in idem con riguardo al procedimento penale n. 36090/2017: rileva che la richiesta di sequestro replicava altra istanza inoltrata nell’ambito di altro procedimento conclusosi con decreto penale di condanna adottato nel 2018; richiama i principi in materia di ne bis in idem processuale sostenendo che la COGNOME non può subire altro procedimento per il medesimo fatto;
2.3 violazione di legge con riguardo all’art. 275 cod. proc. pen. – mancanza di proporzionalità – inesistenza del periculum in mora mancanza di motivazione -: rileva che né il PM appellante né il Tribunale hanno preso in esame la considerazione del GIP secondo cui il sequestro preventivo nel rispetto del principio di proporzionalità affermato dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale rappresenta l’extrema ratio, così come in alcun modo è stato preso in esame l’aspetto del periculum in mora;
2.4 la scriminante: richiama la giurisprudenza di legittimità in merito alla causa di giustificazione dello stato di necessità di cui all’art. 54 cod. pen. specificamente riferita alla messa in pericolo del diritto all’abitazione e di cui, n caso di specie, assume ricorrano tutti i presupposti fattuali;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
la difesa ha trasmesso una memoria difensiva in replica alle considerazioni svolte dalla Procura AVV_NOTAIO insistendo sui motivi del ricorso sia in rito che nel merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione dell’odierna ricorrente.
Pacifico, infatti, che la COGNOME non sia proprietaria dell’immobile in sequestro, di proprietà dell’RAGIONE_SOCIALE, è opportuno ribadire che la legittimazione astratta a proporre istanza di riesame reale è attribuita, dall’art. 322 cod. proc. pen., all’imputato, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.
E, tuttavia, oltre alla legittimazione, altro indispensabile requisito d ammissibilità dell’impugnazione consiste nell’interesse ad impugnare, la cui concreta sussistenza va verificata per tutte le impugnazioni, anche per quelle di natura cautelare.
Tanto premesso, questa Corte ha ormai da tempo superato l’orientamento che, valorizzando la lettera dell’art. 322 cod. proc. pen. e il principio generale espresso dall’art. 568, comma 3, cod. proc. pen., assumeva che la persona sottoposta alle indagini, nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo, è legittimata a richiedere il riesame di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi.
Si era infatti sostenuto che l’indagato aveva in ogni caso un qualche potere di disposizione sulla cosa e che, comunque, i provvedimenti cautelari possono influenzare in qualche misura il corso del procedimento penale avendo perciò egli – quand’anche non proprietario del bene – un interesse processualmente rilevante alla loro rimozione (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Rv. 251091; Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005, Rv. 231374; Sez. 6, n. 3366 del 28/09/1992, Rv. 192089).
In senso contrario, a partire da Sez. 1, n. 7292 del 12/12/2013, dep. 2014, Rv. 259412, è stato però ripetutamente affermato, ed è ormai unanime, il principio secondo il quale l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai
sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (cfr., Sez. 3 – , n. 3602 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 276545 01,Sez. 5 – , n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 277753 04; Sez. 5 – , n. 35015 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280005 01,; Sez. 3 – , n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098 – 01; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Rv. 263799).
Affinché sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo cautelare, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (cfr., in tal senso, ad esempio, Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Rv. 259601).
Come accennato, per la legittimazione al riesame reale trovano applicazione sia le norme dettate dal codice di rito nell’ambito della disciplina RAGIONE_SOCIALE impugnazioni dei sequestri preventivi – ovvero gli artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen. – ma, per altro verso, quelle generali in materia di impugnazione (ovvero, in particolare, gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen.) che non sono derogate da quelle “di settore” che, indicando tre categorie di “legittimati” (“l’imputato…, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…”), individuano le categorie de soggetti titolari, in astratto, di un interesse alla proposizione del riesame o dell’appello, dovendosi peraltro chiarire che si tratta di categorie alternative – come risulta chiaro dall’uso della congiunzione “e” – e non necessariamente sovrapponibili.
Le disposizioni dettate sulle impugnazioni in generale, invece, disciplinano il diverso profilo dell’ammissibilità, richiedendo la verifica dell’esistenza, concreto, di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale essa va dichiarata inammissibile.
Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo è proprio la concreta operatività RAGIONE_SOCIALE misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a far ritenere indispensabile, quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare, il possibile conseguimento del risultato concreto, avuto di mira dall’impugnante, che è quello di ottenere, con la
eliminazione del vincolo, la restituzione del bene attinto dalla misura ablativa (cfr., Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016).
Va infine chiarito che, non potendo la sussistenza dell’interesse ad impugnare presumersi dalla legittimazione ad impugnare, è onere di chi impugna dedurre la sussistenza dell’interesse, ai sensi degli artt. 568, comma 4, e 581 comma 1, lettera d), cod. proc. pen. che, in quanto collegato alla richiesta di restituzione del bene, impone all’impugnante di allegare, a pena di inammissibilità, oltre all’avvenuta esecuzione del sequestro, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, che consentirebbe la restituzione del bene a chi impugna.
Nulla, sul punto, era stato dedotto dall’odierna ricorrente che, dal canto suo, non ha contestato la titolarità dell’immobile in capo all’IACP né ha potuto allegare un “titolo” che, in caso di accoglimento del gravame, ne consentisse o imponesse la restituzione in suo favore.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma, che si stima equa, di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE non ravvisandosi ragioni di esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. [sec. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 1’11.9.2024