Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10454 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10454 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 13/09/2023 del TRIB. RIESAME di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO UV FATTO
1.Con ordinanza del 13 settembre 2023 depositata in data 9 ottobre 2023, il Tribunale di Roma, sezione del Riesame, ha confermato il decreto di perquisizione informatica e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Roma avente ad oggetto documentazione e dispositivi informatici per il reato di cui all’art. 184 d.1vo58/1998 (TUF) per cui si procede nei confronti di COGNOME NOME.
Avverso l’ordinanza indicata ha proposto ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia articolato nei motivi, di seguito enunciati ne limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge con riferimento ai principi di proporzionalità e di adeguatezza del decreto di perquisizione e sequestro; nonché vizio di motivazione in ordine al nesso di pertinenzialità tra i beni in sequestro e il reato per cui si procede.
La generalizzata acquisizione del materiale informatico con oltre 90 parole chiave, di cui solo 7 indicate nel decreto di perquisizione e sequestro, risulta sproporzionata rispetto alle verifiche documentali necessarie per affermare la
sussistenza del reato provvisoriamente contestato tanto da fare assumere al vincolo solo carattere esplorativo.
Quanto alla durata temporale – ripercorrendo le fasi delle operazioni compiute – va evidenziato che la Polizia giudiziaria in data 13 giugno 2023 a seguito della perquisizione acquisiva copie forensi integrali dei dispositivi che erano immediatamente restituiti e specificava che in considerazione della impossibilità di effettuare, in tale ambito, la ricerca per parole chiave sulle copie forensi dei dispositivi la ricerca sarebbe stata eseguita in Roma presso gli uffici del Nucleo Speciale a partire dalla data e dall’ora da comunicarsi.
Le operazioni erano concluse in data 24 luglio 2023, oltre un mese dopo il sequestro. Il tempo necessario alla selezione dei dati non può essere considerato un fattore neutro. La acquisizione indiscriminata di dati non ha consentito di motivare in ordine alla strumentalità del sequestro rispetto alle cose pertinenti al reato da apprendere e i provvedimenti adottati dall’Ufficio di Procura non motivano sulla sussistenza di nesso di pertinenzialità esistente tra il reato contestato e i dati informatici che si intendono vincolare.
Nel richiamare la interpretazione che questa Corte ha offerto della perquisizione e sequestro informatico (Sez.6, n.34265 del 22/09/2020), la difesa lamenta che non sia stato comunicato quali dei dati informatici sia stato sottoposto a sequestro e se tra gli stessi e il reato per cui si procede vi sia un nesso di pertinenzialità. L’ordinanza sul punto è silente.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla eccezione di inefficacia della misura cautelare per mancata trasmissione delle richieste e dei decreti autorizzativi del Gip, nonché dell’annotazione di PG.
Lamenta la difesa che il Tribunale del Riesame non aveva a disposizione i decreti di intercettazione e le relative conversazioni oggetto di captazione, in particolare la conversazione n.129 del 7 novembre 2022.
L’ordinanza impugnata non ha risposto alla censura dal momento che non la difesa non lamentava una tardiva trasmissione quanto una parziale trasmissione degli atti: il decreto autorizzativo delle intercettazioni rileva atteso che sarebbe punto di partenza per la riferibilità indiziaria al COGNOME della trasmissione all giornalista del documento, non considerando che il documento potrebbe essere astrattamente stato trasmesso da tutte le persone che ne ebbero conoscenza da luglio ad ottobre.
A ciò si aggiunga che il nominativo di COGNOME, quale persona alla quale COGNOME avrebbe trasmesso il documento è emerso solo successivamente rispetto alla data in cui è iniziata l’attività di intercettazione.
Nel respingere la eccezione la motivazione è contraddittoria laddove sembra implicitamente riconoscere al Tribunale del Riesame di potere acquisire di ufficio provvedimenti mancanti, per poi smentire l’affermazione chiedendo al difensore di indicare gli atti medesimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito specificate.
Va premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (S.U. n. 25932 del 29/05/2008,COGNOME,Rv.239692; nello stesso senso ex m u/tis, Sez.2 n.18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
1.11 primo motivo risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti dell’ordinanza impugnata e con la giurisprudenza di questa corte.
1.1. Il Tribunale del Riesame, con motivazione non apparente e immune da vizi logici, ha evidenziato (p.5 ess.) che:
-il decreto di perquisizione e sequestro del Pubblico ministero è compiutamente motivato quanto alle finalità probatorie e al nesso di pertinenzialità sussistente tra la res e il fatto reato;
-la documentazione oggetto di apprensione è circoscritta ai documenti informatici o comunicazioni telematiche “idonee ad accertare chi possa avere diffuso o propalato le notizia di cui sopra”
indicando in tal modo il nesso di pertinenzialità sussistente tra i beni oggetto di futura apprensione e il fatto reato oggetto di contestazione.
1.2. L’ordinanza impugnata ha quindi risposto in maniera adeguata e nel rispetto dei canoni motivazionali richiesti da questa Corte, quanto alla lamentata violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità.
1.2.1. Quanto alla ragionevole durata delle operazioni collegate alla selezione/sequestro dei dati informatici, il provvedimento impugnato ha dapprima richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui:
in tema di sequestro probatorio avente ad oggetto dispositivi informatici o telematici, la finalizzazione dell’ablazione del supporto alla sua successiva analisi, strumentale all’identificazione e all’estrazione dei dati rilevanti per le indagini implica che la protrazione del vincolo, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, debba essere limitata al tempo necessario all’espletamento delle
operazioni tecniche, dovendosi, tuttavia, valutare la sua ragionevole durata in rapporto alle difficoltà tecniche di apprensione dei dati, da ritenersi accresciute nel caso di mancata collaborazione dell’indagato che non fornisca le chiavi di accesso alle banche dati contenute nei supporti sequestrati. (Sez. 2, n. 17604 del 23/03/2023, Casale, Rv. 284393);
-in tema di sequestro probatorio di dispositivi informatici o telematici, l’estrazione di copia integrale dei dati in essi contenuti realizza solo una copiamezzo, che consente la restituzione del dispositivo, ma non legittima il trattenimento della totalità delle informazioni apprese oltre il tempo necessario a selezionare quelle pertinenti al reato per cui si procede. (Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949);
-è illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione. (Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep.2021, Pessotto, Rv. 280838).
1.2.2. L’ordinanza impugnata ha poi evidenziato, anche in tal caso con motivazione non sindacabile in questa sede, come il decreto di perquisizione e sequestro abbia correttamente applicato e tenuto in conto le indicazioni provenienti da questa Corte:
prescrivendo l’adozione delle misure di sicurezza di cui all’art. 247 comma 1 bis cod. proc. pen. e richiedendo che a seguito della perquisizione informatica, si procedesse “alla formazione immediata, ove possibile, di copia forense dei supporti informatici i cui originali verranno immediatamente restituiti all’indagato;”
-indicando le parole chiave degli eventuali dati di interesse investigativo da impiegare nella ricerca informatica sulla copia forense acquisita, anch’essa da eseguirsi nella immediatezza prescrivendo di non procedere ad altra ricerca se non a mezzo di parole chiave;
ha infine disposto che, una volta estrapolati i dati o i documenti eventualmente ottenuti, gli stessi fossero sottoposti a sequestro riversandoli su idoneo supporto informatico che li contenesse con distruzione delle copie forensi, specificando che le operazioni dovevano essere condotte con la massima tempestività.
L’ordinanza impugnata, ha dunque , contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, risposto alle censure mosse al provvedimento genetico evidenziando che proprio in ossequio alle indicazioni fornite da questa Corte, gli spazi operativi della polizia giudiziaria sono stati circoscritti in modo stringente anche
temporalmente; le parole chiave, ritenute dalla difesa ampie e generiche, sono state puntuali e specifiche, “calibrate” rispetto alla acquisizione del solo materiale informatico inerente alle indagini “come emerge da un semplice confronto tra le parole indicate e le incolpazioni provvisorie.”
Le indicazioni precise contenute nel provvedimento di perquisizione e sequestro, conformi – come detto- ai principi di adeguatezza e proporzionalità, sono poi state correttamente eseguite e rispettate dalla polizia giudiziaria operante che in data 13 giugno 2023 ha sequestrato presso l’abitazione dell’indagato in Roma lIphone, 1 IPad e 1 PC portatile e, dopo avere acquisito copia forense presso gli uffici del Nucleo, ha restituito in pari data tutti i dispositivi, iniziando in da giugno 2023 l’attività di ricerca della documentazione sulle copie forensi attraverso le parole chiave.
Le altre doglianze (effettiva ricerca per parole chiave effettuata solo in data 24 luglio 2023; eccessivo numero delle parole chiave ai fini della ricerca) si risolvono in una censura alla valutazione svolta dal giudice di merito che, non traducendosi in motivazione apparente, risultano insindacabili in questa sede.
2.11 secondo motivo risulta infondato.
2.1. Il Tribunale ha correttamente escluso di poter riscontrare la sopravvenuta inefficacia del provvedimento di sequestro a ragione della mancata trasmissione dei decreti di autorizzazione allo svolgimento delle operazioni di intercettazione.
2.1.1. L’ordinanza impugnata ha preliminarmente ribadito la interpretazione della giurisprudenza di questa Corte formatasi con riferimento alla omessa trasmissione degli atti a fondamento del provvedimento genetico impugnato nell’ipotesi di misure cautelari reali.
In particolare, a norma dell’art. 324, comma terzo cod. proc. pen., l’autorità giudiziaria procedente deve trasmettere al tribunale del riesame “entro il giorno successivo, gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto di riesame”.
Per costante insegnamento di questa Corte nelle ipotesi di misura cautelare reale non sussiste un termine perentorio per la trasmissione degli atti, che può avvenire anche in tempi diversi, diversamente da quanto disposto dall’art. 309 comma quinto cod. proc pen. per il procedimento di riesame delle misure cautelari coercitive, disposizione non richiamata dall’art. 324 comma settimo cod. proc. pen.
Nel procedimento di riesame del provvedimento di sequestro è applicabile il solo termine indicato dall’art. 324, comma terzo cod. proc. pen., che ha natura meramente ordinatoria, mentre l’unico termine perentorio è quello di dieci giorni, entro cui deve intervenire la decisione a pena di inefficacia della misura; lo stesso decorre, però, nel caso di trasmissione degli atti dilazionata nel tempo o per effetto di provvedimento di integrazione disposto dal tribunale con riferimento ad atti
eventualmente mancanti, dal momento in cui il tribunale ritenga completa l’acquisizione della base cognitiva sulla quale si è fondato il provvedimento impositivo della misura (S.U. n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv. 255581).
Anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 47 del 2015, che ha novellato l’art. 324, comma settimo cod. proc. pen., non è applicabile il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale, previsto dall’art. 30 comma quinto cod. proc. pen., con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione tardiva, bensì il diverso termine indicato dall’art. 324, comma terzo cod. proc. pen., che ha natura meramente ordinatoria, per cui, nel caso di trasmissione frazionata degli atti, il termin perentorio di dieci giorni, entro cui deve intervenire la decisione a pena di inefficacia della misura, decorre dal momento in cui il tribunale ritiene completa l’acquisizione degli atti. (ex multis, Sez.6, n. 47883 del 25/09/2019, Yzeiraj, Rv. 277566).
La giurisprudenza di questa Corte ha individuato anche le conseguenze dell’omessa trasmissione di atti, ed in particolare dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, sui quali si basa il provvedimento cautelare, investito da impugnazione. Ha affermato che tale carenza non determina l’inefficacia sopravvenuta della misura cautelare, ma eventualmente l’inutilizzabilità degli esiti delle operazioni captative, se compiute al di fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni dettate dagli artt. 267 e 268, commi primo e terzo cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 19101 del 07/03/2013, D., Rv. 255117; Sez. 4, n. 18802 del 21/03/2017, COGNOME ed altri, Rv. 269944), a condizione che la difesa dell’indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, non accolta, di modo che la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità (Sez. 6, n. 7521 del 24/01/2013, COGNOME, Rv. 254586; Sez. 3, n. 42371 del 12/10/2007, NOME, Rv. 238059).
2.1.2. Nel caso specifico l’ordinanza impugnata ha dato atto che (p.3) ” il difensore del ricorrente non ha formulato, nemmeno in sede di discussione orale, richiesta di acquisizione dei decreti non presenti in atti, limitandosi a dedurre la violazione del diritto di difesa per mancata trasmissione di tali atti.”
Ha poi ulteriormente escluso che (p.3.) ” la difesa, con la doglianza sollevata, abbia inteso implicitamente provocare un intervento officioso del Tribunale per conseguire il completamento degli atti con quelli che non sono stati messi a sua disposizione (inerenti alle attività di intercettazione) .”, no potendosi la memoria considerare una implicita richiesta di acquisizione di atti non resi disponibili al Tribunale del Riesame’ in considerazione della peculiare tempistica del giudizio di impugnazione cautelare che pone un onere di completezza a chi la eccezione la invoca.
Dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta effettivamente che la difesa nella memoria depositata in vista dell’udienza dinanzi al Tribunale del Riesame del 13 settembre 2023, ha evidenziato che dalla disamina degli atti di indagine trasmessi dall’Ufficio di Procura era ravvisabile una carenza investigativa in relazione in particolare ad una captazione telefonica (prog.129 del 7 novembre 2022) depositata con l’annotazione , n.144482 del 10 novembre 2022 non presente in atti unitamente ai decreti autorizzativi della captazione, conversazione di cui la difesa ha contestato il rilievo indiziario, ma senza una espressa richiesta di acquisizione.
Il contenuto delle doglianze formulate non si presta sul piano letterale e logico, oltre che giuridico, ad essere inteso come diretto a provocare un intervento ufficioso del Tribunale per conseguire il completamento degli atti con quelli non resigli disponibili.
La ordinanza impugnata ha operato buon governo del principio peraltro affermato da questa Corte in tempi recenti ed espressamente richiamato secondo cui «Nel procedimento di riesame in tema di misure cautelari reali nella formulazione di eccezione di sopravvenuta inefficacia della misura per mancata trasmissione al tribunale del riesame degli atti sui quali si fonda il provvedimento applicativo non è compresa per implicito la richiesta di acquisizione degli atti non resi disponibili per il collegio del riesame» ( Sez.1, n.44588 del 19/10/2021, COGNOME ed altri, non mass.).
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell’impul:ato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 10 gennaio 2024
Il orYsigife e estensore
COGNOME Presiclente