Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12316 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12316 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a La Morra il 05/05/1954;
Comitato etico senza scopo di lucro #ISTOCONMARIOROGGERO;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino del 09/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso proposto dal comitato #IOSTOCONMARIOROGGERO e respingersi quello proposto da NOME COGNOME;
letta la COGNOME memoria dell’avv. COGNOME NOME COGNOME difensore del comitato #10STOCONMARIOROGGERO, che ha insistito per l’annullamento dell’ordinanza impugnata;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Torino, in funzione di giudice del riesame, ha confermato quella emessa dalla Corte di assise di appello della stessa città in data 20 settembre 2024 con la quale era stato disposto il sequestro conservativo della somma di euro 50.000,00 dal conto corrente (relativo alla raccolta di fondi attivata dalla famiglia COGNOME), acceso presso la Banca d’Alba, filiale di Gallo Grinzane ed intestato al comitato #IOSTOCONMARIOROGGERO, in garanzia del pagamento delle spese di giustizia relative al procedimento penale a carico di NOME COGNOME per il quale egli è stato condannato alla pena di anni 17 di reclusione con sentenza della Corte di assise di Asti in data 4 dicembre 2023, in quanto ritenuto responsabile dei reati di omicidio volontario in danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché di tentato omicidio in danno di NOME COGNOME fatti commessi tutti in Grinzane di Cavour il giorno 28 aprile 2021 nel corso di una rapina ai danni della gioielleria dell’imputato.
1.1. La Corte di assise di appello, con il medesimo provvedimento, aveva respinto la richiesta – avanzata dalla pubblica accusa – di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora e del divieto di espatrio nei confronti del medesimo imputato.
1.2. In particolare, il Tribunale del riesame – dopo avere ribadito che NOME COGNOME ed il comitato sono soggetti giuridici diversi e titolari di rapporti giuridici distinti e separati – ha osservato che, con delibera del 3 luglio 2024, il consiglio di amministrazione del comitato (sorto per la raccolta di fondi per il pagamento delle spese processuali in favore di NOME COGNOME) aveva autorizzato tre bonifici (per complessivi euro 140.000,00) in favore dell’imputato, di talché le relative somme erano ormai entrate nel patrimonio di quest’ultimo, con la conseguente esclusione di un concreto interesse dello stesso comitato al giudizio di riesame.
1.3. Quanto, poi, al cd. ‘fumus’ esso è stato desunto dalla avvenuta condanna in primo grado dell’imputato e, con riferimento al ‘periculum’, il Tribunale di Torino ha evidenziato che esso era già sussistente al momento della emissione di un precedente sequestro conservativo (confermato dal medesimo Tribunale con ordinanza del 19 giugno 2024) e che l’effettuazione del bonifico per 50.000,00 euro, da parte dell’imputato verso un conto corrente tunisino (intestato a lui ed
alla moglie) era un atto diretto a sottrarre tale somma alla garanzia generica per la quale i creditori (ivi compreso l’Erario) possono soddisfare le proprie pretese di natura risarcitoria o restitutoria.
Avverso la citata ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 317, comma 1, del codice di rito, interpretato alla luce degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo con riferimento all’omesso contraddittorio prima dell’emissione del provvedimento cautelare; al riguardo osserva che il citato art. 317 deve essere interpretato secondo una interpretazione adeguatrice con la conseguente necessità del contraddittorio sin dalla fase antecedente l’emissione del sequestro; in subordine, pone la questione di legittimità costituzionale della richiamata disposizione normativa. In particolare, rileva che il confronto con le recenti riforme in materia di misure cautelari personali, con le norme processuali civili che regolano i procedimenti cautelari e con la giurisprudenza della Corte Edu conduce a ritenere che il contraddittorio “differito” – per di più solo a richiesta di parte – in sede di sequestro conservativo penale non può di regola soddisfare le garanzie del giusto processo, potendo giustificarsi la decisione ‘inaudita altera parte’ solo in casi eccezionali e in forza di precise spiegazioni sulle specifiche ragioni del sacrificio dell’intervento difensivo. Principi, questi, che nella specie non risultano osservati alla stregua delle risposte contenute nel provvedimento impugnato ai rilievi mossi sul punto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 316 del codice di rito ed vizio di motivazione in cui è incorso il Tribunale nell’affermare la sussistenza del ‘periculum in mora’ in ragione della ritenuta insufficienza del patrimonio del debitore e delle condotte di depauperamento patrimoniale. In sostanza, a parere del Roggero, il Tribunale non ha dato conto dell’esistenza di detto pericolo secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità, posto che si era limitato a constatare l’esistenza del bonifico disposto verso la banca tunisina.
2.3. Con il terzo motivo NOME COGNOME censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 316, comma 1 e 2, e 324 del codice di rito per essere stato confermato il sequestro conservativo rispetto ad un credito per spese processuali non legittimamente documentato e, comunque, non attuale.
2.4. Con il quarto motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., della violazione dell’art. 6, comma 4, lett. c), d.lgs. 231/2007 e del vizio di motivazione omessa rispetto alla dedotta assenza dei presupposti per l’emissione di un provvedimento di sospensione di operazione bancaria sospetta e della conseguente nullità della sospensione del bonifico bancario di cui si tratta, così come del successivo sequestro conservativo.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125, 316, comma 2, 324, comma 7, e 309, comma 9, del codice di rito ed il vizio di motivazione omessa con riferimento alla conferma del sequestro nonostante la mancanza del presupposto del ‘periculum in mora’.
Anche il comitato etico senza scopo di lucro ‘#IOSTOCONMARIOROGGERO’, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la medesima ordinanza del Tribunale di Torino, affidando l’ impugnazione a due motivi.
3.1. Con il primo motivo il comitato deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1269, 1328 e 2740 cod. civ. in materia di delega di pagamento e di revoca degli atti negoziali con riferimento al fatto che, secondo il Tribunale di Torino, una volta emessa la delibera del consiglio di amministrazione circa il pagamento della somma in favore di NOME COGNOME, il relativo denaro sarebbe passato nella proprietà di quest’ultimo, nonostante tale disposizione sia sempre revocabile a norma del citato art. 1328.
3.2. Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 185 del codice di rito ed il vizio di motivazione mancante rispetto alla dedotta invalidità del sequestro in quanto effettuato in violazione dell’art.6, comma 4, lett. e) del d.lgs. 231/2007.
Entrambi i ricorrenti hanno depositato, per via telematica, memorie con le quali hanno replicato alle conclusioni della Procura generale e hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dal comitato etico ‘#IOSTOCONMARIOROGGERO’ è inammissibile, mentre quello di NOME COGNOME deve essere respinto.
Invero, con riferimento alla impugnazione del sopra indicato comitato, deve confermarsi il relativo difetto di interesse a contestare il sequestro conservativo poiché, una volta disposto dal consiglio di amministrazione il trasferimento dei 140.000,00 in favore dell’imputato, di tale somma è divenuto titolare in via esclusiva NOME COGNOME il quale, in piena autonomia, ha ordinato il bonifico di 50.000,00 euro presso il conto corrente acceso presso una banca tunisina. Deve poi aggiungersi che i richiami operati alla normativa civilistica risultano inconferenti atteso che non risulta (e non è stato nemmeno dedotto) che il comitato abbia mai revocato la delibera di trasferimento dei 140.000,00 euro disposta in favore dell’imputato.
Passando all’esame del primo motivo del ricorso di NOME COGNOME deve premettersi che questa Corte, con sentenza n.126/2025, ha dichiarato infondata analoga censura sollevata dal medesimo imputato nei confronti di un’altra ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Torino in fattispecie assimilabile alla presente.
3.1. Al riguardo si ribadisce che le pronunzie della Corte costituzionale (v. recentemente ordinanza n. 74 del 2022) hanno sempre considerato compatibili con gli artt. 24, secondo comma, e 111 Cost. i procedimenti a contraddittorio eventuale e differito, nei quali una prima fase senza formalità è seguita da una successiva fase a contraddittorio pieno, attivata dalla parte che intende insorgere rispetto al ‘decisum’, e nella quale avviene il pieno recupero delle garanzie difensive e del contraddittorio (sentenza n. 279 del 2019 e ordinanza n. 255 del 2009 – entrambe relative al procedimento di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc, pen., nonché, in relazione a diversi 4 procedimenti a contraddittorio eventuale e differito, sentenza n. 245 del 2020; ordinanze n. 291 del 2005, n. 352 del 2003
e n. 8 del 2003). La stessa Corte costituzionale (ordinanza n. 429 del 1998) ha affermato tali principi anche in materia di sequestro conservativo, osservando che – a prescindere dal rilievo che la revoca di tale tipologia di sequestro da parte dello stesso giudice che lo ha disposto è ammessa da alcune pronunce della Corte di cassazione – la facoltà, prevista dall’art. 318 cod. proc. pen., di proporre richiesta di riesame anche nel merito, a norma dell’art. 324 cod. proc. pen., assicura all’imputato un ampio contraddittorio, ancorché differito. La natura di atti fisiologicamente “a sorpresa” delle misure cautelari, quale è, appunto, il sequestro conservativo penale, rende non irragionevole la disciplina di cui sopra, in relazione all’esigenza di salvaguardare l’imprevedibilità della misura stessa e tenuto conto che le garanzie di difesa, attraverso l’instaurazione del contraddittorio, sono solo rinviate e possono esplicarsi pienamente con la richiesta di riesame (in tema di inesigibilità del contraddittorio anticipato nei procedimenti caratterizzati dall’elemento della “sorpresa”, allorché il recupero della dialettica processuale è assicurato da strumenti di controllo successivo, ex plurimis, sentenza n. 63 del 1996). La piena autonomia del sistema processuale penale rispetto a quello civile esclude, altresì, che il difetto di simmetria tra istitut in qualche misura analoghi dell’uno o dell’altro procedimento sia, di per sé, indice di irragionevolezza o di lesione del principio di uguaglianza (sentenze n. 326 del 1997 e nn. 51 e 53 del 1998). La disciplina del procedimento per l’applicazione del sequestro conservativo civile non può, pertanto, essere assunta come tertium comparationis del procedimento incidentale per l’applicazione del sequestro conservativo penale. Inoltre, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno osservato che il vigente sequestro conservativo penale è un istituto ridisegnato anche sulla falsariga del sequestro conservativo civile, previsto dall’art. 2905 cod. civ. e regolato, nella procedura, dall’art. 671 cod. proc. civ., del quale ricalca il limite all’autorizzabilità da parte del giudice rispetto a beni impignorabili, e la eseguibilità con forme (secondo le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi o mediante trascrizione) che ne rendono evidente la natura di pignoramento anticipato; analoga è anche la norma che prevede la conversione del sequestro conservativo in pignoramento (art. 686 cod. proc. civ.). La dottrina ha rimarcato, in ogni caso, che il carattere simile degli istituti disciplinati dai due codici di rito non deve far perdere di vista il fatto che il sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen. è una misura cautelare penale e il suo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
funzionamento va analizzato utilizzando “i criteri di fondo” di questo sistema. La introduzione, nel vigente codice di rito (art. 318), del riesame dell’ordinanza di sequestro conservativo penale – attivabile sia dal pubblico ministero che dalla parte civile e da chiunque vi abbia interesse – ha segnato perciò la sostituzione di un vero proprio mezzo di impugnazione, anche nel merito, al precedente istituto dell’opposizione che, peraltro, se in origine conviveva con un assetto parallelo processualcivilistico nel quale, di regola, era esclusa l’impugnabilità dei provvedimenti di sequestro, destinati ad essere assorbiti dalla pronuncia sul merito, a partire dal 1990, a causa della lentezza delle procedure, aveva visto anche in tale sede modellare un più penetrante potere di reclamo dinanzi a un giudice diverso da quello che aveva emesso la misura (con la formulazione dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ. adopera dell’art. 74, comma 2, legge 26 novembre 1990, n. 353). L’adozione della misura cautelare reale in sede penale comporta l’accertamento – che può essere operato tanto dal giudice emittente, in un non previsto, ma neppure vietato, contraddittorio preventivo, quanto dal giudice dell’impugnazione cautelare – dei presupposti applicativi che anche la dottrina classifica come “presupposti di legittimità” di pari dignità e rilevanza: il periculum in mora, descritto come fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie dei crediti erariali elencate nell’art. 316 cod. proc. pen. e (per quanto riguarda la parte civile) delle obbligazioni civili derivanti da reato; la pendenza del processo penale nella fase di merito e la presenza di un soggetto al quale il reato venga ascritto, così intesi i limiti di individuazione del fumus boni iuris; la deduzione ad opera delle parti legittimate, di uno dei crediti garantiti dalla norma; la disponibilità del bene da sequestrare (o sequestrato ad altro titolo), da parte dell’imputato. Ulteriore e imprescindibile requisito, previsto dallo stesso art. 316, comma 1, è che il bene di cui si chiede il sequestro sia suscettibile di pignoramento, posto che il successivo art. 320, comma 1, stabilisce che il sequestro si converte in pignoramento, una volta divenuta irrevocabile la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quella che condanna l’imputato al risarcimento del danno. Analogamente, non vi è motivo per non riconoscere che sia valutabile dal giudice che procede o da quello della impugnazione cautelare il rispetto dei parametri normativi che condizionano o possono paralizzare la deduzione della impignorabilità. In questa prospettiva la catena dei rinvii, dall’art. 318 cod. proc. pen. all’art. 324, fino al comma 9 dell’art. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
309, rende evidente come il controllo demandato al Tribunale del riesame sia “pieno” e non soffra delimitazioni ma debba tendere alla verifica di legittimità della misura ablativa per tutti i suoi profili, compresi quelli di sostanza e derivazione civilistica, salvo l’esercizio del potere di devoluzione al giudice civile ai sensi dell’art. 324, comma 8, cod. proc. pen.t (Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, COGNOME, Rv. 267592 – 01). Le stesse Sezioni Unite, quanto ai presupposti per l’adozione del sequestro conservativo penale, hanno ancora chiarito che al tal fine è in sé sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile anche il futuro depauperamento parimenti richiamato dai medesimi commi. Le garanzie mancano quando sussiste la certezza, allo stato, dell’attuale oggettiva inettitudine del patrimonio del debitore a far fronte interamente all’obbligazione nel suo ammontare presumibilmente accertato; si disperdono, quando l’atteggiamento assunto dal debitore è tale da fare desumere l’eventualità di un depauperamento di un patrimonio attualmente sufficiente ad assicurare la garanzia a causa di un comportamento idoneo a non adempiere l’obbligazione. I due eventi, come chiaramente espresso dall’art. 316, con la formula disgiuntiva, possono autonomamente giustificare il sequestro conservativo (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 261118 – 01).
3.2. Le doglianze mosse da NOME COGNOME con il primo motivo si pongono, quindi, in contrasto con i principi sopra esposti quando procedono a confronti con le misure cautelari incidenti invece sul bene della libertà personale, richiamano le regole dettate dalle norme processuali civili ed evocano ingiustificate disparità di trattamento. Inoltre, la difesa, senza considerare che si verte in tema di ingerenze incidenti sul diritto di proprietà (art. 1 Prot. add. CEDU), per cui non operano le disposizioni previste dal Par. 2 e dal Par. 3 dell’art. 6, CEDU, menziona pronunzie della Corte Edu che dovrebbero far ritenere che, nella materia di cui trattasi (il ricorso cita però poco pertinenti decisioni su un altro genere di questioni), il contraddittorio debba sempre essere garantito dall’inizio del procedimento, fatti salvi i casi eccezionali. Come sopra esposto, la disciplina interna non esclude nella materia la possibilità del contraddittorio anticipato ma, secondo la Corte costituzionale, il suo differimento non può prestarsi, comunque, a violare i
precetti costituzionali. Nella specie, ad ogni modo, essendosi motivatamente configurata l’ipotesi del pericolo della dispersione dovuto a condotte della parte che avrebbe dovuto essere chiamata ad interloquire prima dell’adozione del vincolo, si espone senz’altro una specifica situazione di urgenza al fine di assumere una decisione “a sorpresa” che, per garantire l’effettività della tutela azionata, impone il contradditorio differito. Ne discende l’infondatezza di tutte le doglianze di cui trattasi, ivi comprese quelle poste a supporto della richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 24 e 117 Cost.
3.3. Anche il secondo ed il quinto motivo (che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) sono infondati; come noto, in materia di ordinanze emesse a seguito di riesame proposto avverso il provvedimento di sequestro conservativo, il ricorso, a sensi del combinato disposto degli artt. 318, 324 e 325, cod. proc. pen., è ammesso solo per violazione di legge, sicché, in sede di legittimità, quanto alla motivazione, può dedursi solamente che essa sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la ricostruzione operata e riter’ logico seguito dalla decisione del giudice (si veda, fra le altre, con riguardo al medesimo regime operante per il sequestro preventivo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893 – 01). Inoltre, il riesame avverso le misure cautelari personali e reali costituisce un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo, di talché il Tribunale nel provvedervi può annullare o riformare in senso favorevole all’imputato la decisione impugnata anche per motivi diversi da quelli enunciati nell’atto di impugnazione, così come può confermarla per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione in sede di emissione del provvedimento (Sez. 6, n. 18853 del 15/03/2018, Puro, Rv. 273384 – 01). L’obbligo di motivazione del Tribunale del riesame, quanto alla sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare rispetto ai punti non oggetto di censura risulta in ogni caso attenuato, essendo in tale ipotesi consentito, per la mancanza di specifiche argomentazioni della difesa, limitarsi a richiamare l’ordinanza applicativa, in modo da ribadire l’adeguatezza della sua motivazione (fra le altre, Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 278314 – 03). Nell’affrontare il primo motivo, si è già rilevato che la concreta possibilità del depauperamento del patrimonio a causa dei comportamenti del debitore idonei a cagionare il non
adempimento, costituisce presupposto autonomo ed esaustivo ai fini della constatazione del periculum in mora che legittima il sequestro conservativo, sicché in tal caso non rileva che in atto manchino le garanzie patrimoniali del credito. Il comportamento di cui sopra deve essere desunto da chiari e obiettivi elementi, mentre le valutazioni sulla composizione del patrimonio del debitore assumono rilievo in tal caso solo in chiave prognostica, avuto riguardo alla possibilità di un depauperamento che frustri la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato. Al fine di garantire la proporzionalità della misura, il credito da salvaguardare deve essere di importo determinabile con un apprezzamento che, seppur approssimativo, risulti, tuttavia, ancorato a dati oggettivi e ad argomenti sviluppati in termini idonei a rendere comprensibile il ragionamento del giudice (fra le altre, Sez. 5, Sentenza n. 16750 del 30/03/2016, COGNOME, Rv. 266702 – 01).
Orbene, il ricorrente fa discendere l’assenza di autonoma motivazione del provvedimento genetico della misura e il tracimare dei poteri attribuiti al Tribunale dalle risposte motivazionali legittimamente fornite da quest’ultimo, nel provvedere, come detto, senza vincoli dovuti alla precedente motivazione di merito, su un’impugnazione avente effetti totalmente devolutivi. Esaminando i rilievi a supporto di tale impostazione, in realtà si coglie la mera reiterazione delle critiche alla prima motivazione, con riferimento ai ragionamenti di merito svolti in tema di individuazione dei presupposti del periculum in mora.
In sostanza, la difesa, opponendosi per altro verso alle risposte sul punto in sede di riesame, lungi dal rappresentare le condizioni dell’apparenza della motivazione, svolge mere rivalutazioni del significato di quanto apprezzato dal Tribunale nel rilevare il pericolo di dispersione delle garanzie dovuto alle condotte del debitore. Ciò si verifica con riguardo al bonifico di 50.000,00 euro verso una banca tunisina, laddove si introducono reinterpretazioni dei fatti e degli atti anche successivi, per superare l’intera lettura di merito che ragionevolmente apprezza per intero le iniziative del Roggero, quale manifestazione della volontà di disperdere le garanzie dirette al pagamento delle spese processuali.
Deve poi aggiungersi che nella fattispecie il periculum in mora non si relaziona alla mancanza al momento delle garanzie, riguardando invece la loro dispersione, a prescindere, dunque, da ogni considerazione incentrata sull’attuale capienza
patrimoniale; orbene, oltre a valorizzare il bonifico verso l’estero, il Tribunale ha fatto specifico riferimento ad altre operazioni in precedenza poste in essere dal Roggero come spia dell’intento di dispersione e, dunque, del periculum in mora (pag. 12 dell’ordinanza impugnata). Deve, pertanto, escludersi la lamentata apparenza della motivazione che ha scrutinato il periculum in mora secondo appropriati parametri valutativi riferiti all’ipotesi cautelare oggetto del presente procedimento, con la conseguente l’infondatezza delle censure mosse con il secondo ed il quinto dei motivi di ricorso.
3.4. Il terzo motivo deve essere respinto; come noto il sequestro conservativo a garanzia del credito dell’Erario per spese di giustizia (nella specie, di natura processuale) è ammissibile anche in presenza di un credito non ancora liquido né esigibile, sicché esso non è precluso dalla mancata notifica dei decreti di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice procedente (Sez. 2, n. 35577 del 14/07/2011, Rv. 251159 – 01). Inoltre, è legittimo il sequestro conservativo disposto a tutela di un credito il cui importo sia determinabile con un apprezzamento che, seppure approssimativo, è, tuttavia, ancorato a dati oggettivi e ad argomenti sviluppati in termini idonei a rendere comprensibile il ragionamento del giudice (Sez. 5, n. 16750 del 30/03/2016, Rv. 266702 – 01).
Nel caso in esame, tale credito è stato già quantificato, per il primo grado, nella misura di euro 24.552,51 con riferimento alle spese già anticipate dall’Erario per intercettazioni telefoniche, consulenze tecniche, indennità spettanti ai giudici popolari; inoltre, il Tribunale – senza incorrere in evidenti vizi logici – ha ritenuto giustificato e proporzionato il sequestro per l’ammontare superiore di 50.000,00 euro in considerazione delle prevedibili ulteriori spese per il giudizio di appello a seguito del gravame proposto dall’imputato contro la condanna inflittagli dalla Corte di assise e dei due procedimenti instaurati per sequestro conservativo.
3.5. Il quarto motivo è infondato; infatti, la dedotta violazione dell’art. 6, comma 4, lett. c), d.lgs. 231/2007 in cui sarebbe incorsa la Guardia di Finanza nel segnalare come sospetta l’operazione relativa al bonifico sopra richiamato, anche qualora sussistente, risulta irrilevante ai fini della legittimità del sequestro conservativo che è stato disposto -su richiesta del Procuratore generale a seguito della segnalazione ricevuta dalla polizia giudiziaria – dalla Corte di assise di appello di Torino (e confermato dal Tribunale in sede di riesame) sulla base di
presupposti differenti, vale a dire la necessità di garantire il pagamento delle spese processuali in presenza dei presupposti del ‘fumus’ e del ‘periculum in mora’. In altri termini, la eventuale insussistenza dell’ipotizzato delitto di autoriciclaggio non potrebbe far venir meno, di per sé sola, il disposto sequestro conservativo.
In conclusione, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere respinto con la sua condanna al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.; quello del comitato etico #IOSTOCONMARIOROGGERO, invece, deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna di detto comitato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara GLYPH inammissibile GLYPH il GLYPH ricorso GLYPH del GLYPH comitato GLYPH etico “#IOSTOCONMARIOROGGERO” e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di COGNOME Mario e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.