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Sequestro assistenza giudiziaria: limiti e rimedi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due società contro un provvedimento di sequestro emesso su richiesta di uno Stato estero non-UE. Il caso riguarda un’indagine per corruzione e riciclaggio, con profitti illeciti reinvestiti in Italia. La Suprema Corte chiarisce che il rimedio corretto contro un sequestro su assistenza giudiziaria non è il riesame, ma l’incidente di esecuzione. Inoltre, ribadisce che il giudice italiano non può sindacare il merito della richiesta straniera, ma solo verificare il rispetto dei principi fondamentali e delle convenzioni internazionali.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro su Assistenza Giudiziaria: la Cassazione fissa i paletti su rimedi e poteri del giudice italiano

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha ribadito i principi fondamentali che regolano il sequestro su assistenza giudiziaria internazionale, specialmente quando la richiesta proviene da uno Stato non membro dell’Unione Europea. La decisione chiarisce qual è lo strumento processuale corretto per impugnare tali provvedimenti e quali sono i limiti del sindacato del giudice italiano, confermando un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Cooperazione Internazionale

Il caso nasce da una richiesta di assistenza giudiziaria proveniente dalle autorità di uno Stato estero non-UE, nell’ambito di un’indagine per gravi reati di corruzione, frode e riciclaggio a carico di un noto imprenditore e di un alto funzionario pubblico. Secondo l’accusa, i profitti illeciti derivanti da tali attività erano stati utilizzati per acquistare il capitale sociale di una società immobiliare italiana, la quale a sua volta deteneva beni di ingente valore, tra cui un prestigioso immobile storico.

Le autorità estere avevano quindi richiesto all’Italia di eseguire un sequestro sui beni e sulle quote societarie riconducibili all’imprenditore. Il Giudice per le indagini preliminari italiano, accogliendo la richiesta, emetteva un decreto di sequestro preventivo. Contro questo provvedimento, la società immobiliare e una società fiduciaria, in qualità di terzi interessati, proponevano ricorso al Tribunale del Riesame, che tuttavia confermava il sequestro. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

Le Doglianze dei Ricorrenti e il sequestro su assistenza giudiziaria

Le società ricorrenti sollevavano numerose questioni, contestando la legittimità del sequestro su assistenza giudiziaria sotto diversi profili. In sintesi, lamentavano:

1. Errata qualificazione del sequestro: La richiesta originaria mirava a un sequestro probatorio (per la conservazione delle prove), mentre il giudice italiano lo aveva qualificato come preventivo (finalizzato alla confisca), eccedendo i limiti della richiesta.
2. Violazione delle norme interne dello Stato richiedente: Sostenevano che l’ordinamento dello Stato estero non avrebbe consentito un sequestro finalizzato alla confisca nei confronti di soggetti non ancora formalmente indagati.
3. Prescrizione dei reati: Alcuni dei reati presupposto contestati sarebbero stati prescritti secondo la legge italiana.
4. Mancanza di pertinenza e proporzionalità: Contestavano il collegamento tra i beni sequestrati (in particolare l’immobile di pregio) e i reati contestati all’imprenditore, ritenendo la misura sproporzionata.

In sostanza, i ricorrenti chiedevano alla giurisdizione italiana di entrare nel merito della richiesta estera e di valutarne la fondatezza, sia dal punto di vista fattuale che giuridico.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, basando la propria decisione su due principi cardine della cooperazione giudiziaria internazionale con Stati non-UE.

1. L’erroneità del rimedio utilizzato:
La Suprema Corte ha ribadito con fermezza che lo strumento corretto per contestare un sequestro emesso in esecuzione di una rogatoria internazionale proveniente da un Paese non-UE non è il riesame. Il riesame è un rimedio previsto per le misure cautelari disposte nell’ambito di un procedimento penale italiano o nel contesto della cooperazione interna all’Unione Europea, basata sul principio del mutuo riconoscimento.

Per le richieste di assistenza tradizionali, come quella in esame, lo strumento esperibile è invece l’incidente di esecuzione. Questa procedura ha un ambito di cognizione più limitato e serve a risolvere questioni attinenti all’eseguibilità del provvedimento straniero in Italia, non a rivalutarne il merito. L’aver adito il Tribunale del Riesame, un’autorità funzionalmente incompetente, ha reso l’impugnazione inammissibile.

2. I limiti del sindacato del giudice italiano:
La Cassazione ha inoltre chiarito che, nell’eseguire una richiesta di sequestro su assistenza giudiziaria, il giudice italiano non ha il potere di sindacare il ‘merito’ della decisione dell’autorità straniera. Non può, cioè, valutare la fondatezza probatoria dell’imputazione, la concreta finalità del sequestro o la sua validità secondo l’ordinamento dello Stato richiedente.

Il controllo del giudice italiano è circoscritto alla verifica che:
* La richiesta non contrasti con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano (ordine pubblico).
* Sussistano le condizioni previste dalle convenzioni internazionali applicabili (nella specie, la Convenzione europea del 1959 e altre convenzioni ONU e del Consiglio d’Europa).

Ogni questione relativa alla fondatezza del sequestro (prescrizione, pertinenza dei beni, proporzionalità) deve essere sollevata davanti ai giudici dello Stato richiedente, unici competenti a decidere nel merito.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di cooperazione penale internazionale: la netta separazione tra la giurisdizione sul sequestro (che spetta allo Stato richiedente) e la giurisdizione sulla sua esecuzione (che spetta allo Stato richiesto). Il giudice dell’esecuzione non può trasformarsi in un giudice del merito della vicenda processuale straniera. La scelta dello strumento processuale per far valere le proprie ragioni è cruciale: un errore, come in questo caso, conduce a una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame nel merito delle censure. Questa decisione serve da monito sulla necessità di individuare con precisione il corretto percorso procedurale nelle complesse dinamiche della giustizia transnazionale.

Qual è il rimedio corretto per impugnare un sequestro eseguito in Italia su richiesta di uno Stato non-UE?
Secondo la Corte di Cassazione, il rimedio corretto non è la procedura di riesame, bensì l’incidente di esecuzione. Il riesame è previsto per misure cautelari interne o nell’ambito della cooperazione UE, mentre l’incidente di esecuzione è lo strumento per contestare l’esecuzione di provvedimenti richiesti tramite rogatoria da Stati non-UE.

Il giudice italiano può valutare il merito (ad esempio, la fondatezza delle accuse) di una richiesta di sequestro proveniente da un’autorità giudiziaria straniera?
No. La giurisdizione italiana non può sindacare il merito, ovvero il fondamento probatorio e la finalità del sequestro disposto dallo Stato richiedente. Il controllo del giudice italiano è limitato alla verifica del rispetto dei principi fondamentali del proprio ordinamento e delle condizioni previste dalle convenzioni internazionali.

È possibile per l’autorità giudiziaria italiana modificare la natura di un sequestro richiesto da uno Stato estero, ad esempio da probatorio a preventivo?
Sì. Secondo la sentenza, rientra nella discrezionalità dello Stato che riceve la richiesta (lo Stato richiesto) adottare il provvedimento che meglio risponde alle esigenze e alle finalità che il sequestro intende perseguire, anche se ciò comporta una diversa qualificazione giuridica della misura rispetto a quella indicata nella richiesta originaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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