Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30333 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30333 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 07/07/1989
avverso l’ordinanza del 28/02/2025 del TRIBUNALE di LUCCA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Lucca ha rigettato l’istanza, ex art. 670 cod. proc. pen., presentata nell’interesse di di NOME COGNOME volta ad ottenere l’annullamento dell’ordine di esecuzione per la carcerazione n. 529/24 SIEP per mancata conoscenza in capo all’imputato alloglotta della sentenza di condanna n. 3666 emessa dalla Corte d’Appello di Firenze in data 14.10.2024, della quale era stata ordinata la traduzione in lingua araba, non venendo detta sentenza tradotta notificata all’imputato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 143 e 156 cod. proc. pen.
In particolare, il ricorrente ha dedotto che il giudice dell’esecuzione avrebbe erroneamente richiamato a sostegno del rigetto dell’istanza la disposizione di cui all’art. 548 cod. proc. pen., che esonera dall’avviso di deposito della sentenza,. qualora sia rispettato il termine di deposito della sentenza indicato nel dispositivo.
Il ricorrente ha evidenziato che la sentenza della Corte di appello è stata adottata in data 14 ottobre 2024 con motivazione contestuale, disponendosi nella medesima sentenza che il perito dovesse tradurla nel termine di venti giorni; e che il provvedimento tradotto è stato depositato regolarmente nel termine di venti giorni. Di conseguenza non troverebbe applicazione il disposto dell’art. 548 cod. proc. pen. , in quanto il termine di venti giorni era stato fissato non per il deposito della sentenza che era stata depositata il giorno della sua pronuncia, ma per il deposito della sentenza tradotta.
Nel caso di specie, ha osservato il ricorrente, avrebbero dovuto trovare applicazione le disposizioni sopra richiamate ed in particolare l’articolo 143 cod. proc. pen., che prevede la traduzione scritta delle sentenze e dei decreti penali di condanna, provvedimenti che devono essere portati a conoscenza dell’imputato entro un termine congruo tale da consentire l’esercizio dei diritti di difesa.
Pertanto, ad avviso della difesa, il difetto di conoscenza della sentenza tradotta ne avrebbe dovuto impedire il passaggio in giudicato in quanto i termini per impugnare debbono decorrere dal momento in cui l’imputato ha avuto conoscenza del provvedimento nella lingua a lui nota, altrimenti
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non è posto nella condizione di conoscere le ragioni che hanno portato alla conferma della condanna da parte della Corte di appello.
Di conseguenza nel ricorso si osserva che il difetto di notifica della sentenza tradotta ha comportato una evidente lesione del diritto di difesa ai sensi dell’art. 24 Cost. e 6 paragrafo 3 lettera a) Cedu, ragione per cui il ricorrente chiede che sia dichiarata la mancanza di esecutività del titolo n. 529/24 SIEP, ordinando la notifica della sentenza di appello tradotta in lingua araba all’avente diritto con conseguente rimessione in termini dell’imputato al fine di proporre impugnazione o, in subordine, la conseguente nullità ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. del provvedimento impugnato.
Infine, quanto alla ritenuta omessa rappresentazione di un interesse attuale e concreto dell’imputato alloglotta a far valere l’omessa traduzione nella lingua da lui conosciuta, la difesa ha eccepito che nella fattispecie detto interesse sarebbe in re ipsa e, cioè, nella necessità della traduzione dell’atto in quanto soltanto una volta presa cognizione del contenuto l’interessato sarebbe stato in grado di riferire al difensore le ragioni del pregiudizio.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1.1. Va, preliminarmente, evidenziato che il Tribunale di Lucca ha respinto l’istanza difensiva volta alla dichiarazione di nullità del titolo esecutivo dando conto dei seguenti elementi: la sentenza è stata emessa dalla Corte di Appello di Firenze in data 14.10.2024 con motivazione contestuale; la sentenza (non tradotta) è stata notificata in pari data al P.M., all’imputato detenuto in carcere e ai suoi due difensori di fiducia; nel dispositivo della predetta sentenza di appello si è ordinata la traduzione della sentenza nella lingua d’origine dell’imputato (arabo) entro il termine di giorni venti; la traduzione è stata effettivamente effettuata dall’interprete nominato dalla Corte e depositata nei termini stabiliti in data 4.11.2024; dell’avvenuto deposito della traduzione della sentenza non è stato dato avviso all’imputato; dall’ordine di esecuzione emesso dal PM risultava che la sentenza era divenuta irrevocabile il 30 ottobre 2024.
Tanto premesso, va rilevato che il Tribunale ha errato nel ritenere correttamente emesso l’ordine di esecuzione sul presupposto della irrevocabilità della sentenza alla data del 30 ottobre 2024.
Nel caso di specie, la sentenza tradotta è stata depositata dopo il decorso del termine ordinario – trattandosi di pronuncia adottata con motivazione contestuale – sicché il ricorrente, ai sensi dell’art. 548, comma 2, cod. proc. pen., avrebbe avuto diritto alla notifica dell’avviso di deposito della sentenza tradotta.
Il Tribunale non ha, pertanto, fatto corretta applicazione del principio già affermato da Sez. 1, n. 6361 del 7/11/2023 (dep. 2024), NOME COGNOME Rv. 285791- 01, secondo il quale nel caso in cui il deposito della sentenza tradotta in lingua nota all’imputato alloglotta avviene dopo il decorso del termine ordinario o di quello diverso indicato dal giudice ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen., deve essere notificato, ai fini della decorrenza del termine per proporre impugnazione, l’avviso di deposito di cui all’art. 548, comma 2, cod. proc. pen.
In tale arresto, la Corte di cassazione ha ( infatti,rilevato che nel caso di traduzione della sentenza depositata in un tempo che supera quello previsto dalla legge per il deposito dell’originale (ossia della sentenza in lingua italiana) è da ritenersi che spetti all’imputato alloglotta l’avviso di deposito della sentenza tradotta (ai sensi dell’art. 548 comma 2 cod. proc. pen.) al fine di rendere possibile l’esercizio concreto della facoltà di appello personale.
In particolare, si è affermato che la disposizione di cui all’art. 143 cod. proc. pen., va letta unitamente alle disposizioni che regolamentano i tempi di deposito della sentenza, con la conseguenza «che l’atto/sentenza, nei casi come quello oggetto del presente giudizio, è un atto duplice, che si compone necessariamente di un originale redatto in italiano e di una copia tradotta» e si è osservato che se «entrambe le ‘forme’ dell’atto vengano in essere nel termine di legge per il deposito della sentenza è evidente che non sarà necessario alcun avviso di deposito, ma lì dove la traduzione sia depositata oltre il termine (nel caso in esame oltre il trentesimo giorno indicato in dispositivo) è da ritenersi applicabile la previsione di legge di cui all’art. 548 comma 2 cod. proc. pen., con notifica all’imputato titolare della (autonoma) facoltà di impugnazione. Da ciò deriva che il termine per proporre l’atto di appello decorre – per il solo imputato che si trovi nella descritta condizione solo dal giorno in cui è stata eseguita la comunicazione dell’avviso di deposito
(della sentenza tradotta) ai sensi dell’art. 585 comma 2 lettera c) cod. proc. pen».
Tale arresto, si pone in continuità con la giurisprudenza di legittimità che ha affermato «che la mancata traduzione della sentenza nella lingua nota all’imputato alloglotto non configura un’ipotesi di nullità (né assoluta, né a regime intermedio), conseguendone unicamente l’effetto del mancato decorso dei termini di impugnazione, poiché la traduzione integra una condizione di “efficacia” e non di “validità” dell’atto. La traduzione ha, infatti, il limitato effetto di consentire all’imputato di prendere cognizione del percorso argomentativo posto a sostegno della decisione e di verificare sulla base del suo personale bagaglio cognitivo – se la stessa sia iniqua. E’ cioè solo funzionale a garantire l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione da parte dell’imputato. Coerentemente con tale funzione, la sua eventuale omissione non può che produrre il limitato effetto di far decorrere i relativi termini dal momento in cui l’imputato ha preso cognizione dell’atto nella lingua a lui nota. (Sez. 5, n. 22065 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279447; Sez. 5, n. 10993 del 05/12/2019 dep.2020, Chanaa, Rv. 278883 – 01; Sez. 2, n. 45408 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277775; Sez. 3, n. 3859 del 18/11/2015, COGNOME, Rv. 266086 – 01; Sez. 1, n. 32504 del 19/05/2021, COGNOME, Rv. 281763 – 01, che ha ritenuto insussistente la nullità con riguardo alla mancata traduzione del decreto di espulsione)».
Ora, è ben vero che la pronuncia Sez. 1, n. 6361 del 7/11/2023 (dep. 2024), NOME COGNOME Rv. 285791- 01, ha riguardato la decorrenza del termine per proporre appello in un caso in cui l’imputato non aveva ricevuto l’avviso di deposito della sentenza di primo grado tradotta nella lingua da lui conosciuta, tuttavia la conclusione non muta anche nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, si controverta della decorrenza del termine per proporre ricorso per cassazione, pur quando la sentenza (non tradotta) sia stata notificata al difensore di fiducia (nella fattispecie, ai due difensori di fiducia) dell’imputato alloglotta e stante, ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen., il divieto per l’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione.
Al riguardo, deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sussistere in re ipsa il concreto e reale pregiudizio al diritto difesa in caso di omessa traduzione della sentenza di appello in una lingua a lui conoscibile.
Difatti, nella pronuncia di questa Corte, Sez. 6, n. 20679 del 02/05/2024 Rv. 286480 – 01 si è affermato come non vi sia «ragione di limitare alla sentenza di primo grado, in quanto appellabile personalmente dall’imputato, il diritto alla traduzione poiché la titolarità sostanziale del dirit
all’impugnazione – che esprime una situazione di astratta e potenziale connessione tra la qualifica soggettiva ricoperta dall’interessato – e l’attività processuale da porre in essere, che si traduce nell’attribuzione della legittimazione ad esercitare un atto di impulso da cui scaturisce una determinata sequenza procedimentale, costituisce profilo diverso da quello della rappresentanza tecnica, intesa come capacità di chiedere in giudizio (jus postulandi), ovvero come potere di sollecitare una risposta del giudice presentandogli direttamente atti, istanze e deduzioni nell’interesse delle parti che, come noto, nel giudizio di legittimità costituiscono attività che l’art. 613, comma1 ,cod. proc. pen. riserva esclusivamente al difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione (cfr. sul punto S.U. n. 8914 del 21/12/2017, Aiello). Deve, dunque, affermarsi che sussiste l’obbligo del giudice di appello, consapevole della mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato, di procedere alla traduzione della sentenza in una lingua nota all’imputato alloglotto, obbligo che trae il suo fondamento dall’art. 24, secondo comma Cost., che impone di assicurare la massima espansione a tale diritto di difesa».
Tanto premesso, tali principi – dettati in relazione ad una fattispecie di omessa traduzione della sentenza di appello – debbono valere anche quando, come nel caso di specie, la traduzione sia stata effettuata, ma è stato omessa la notifica dell’avviso di deposito all’imputato.
In relazione a tale profilo non può non riconoscersi come il mancato avviso di deposito della sentenza tradotta integri una situazione del tutto equiparabile, in punto di violazione del diritto di difesa, alla mancata traduzione della sentenza, venendo in ogni caso meno la diretta conoscibilità del contenuto del provvedimento da parte dell’imputato.
Di conseguenza, come affermato da Sez. 6, n. 40556 del 21/09/2022 Rv. 283965 – 01, «on è necessario, dunque, che l’imputato eccepisca l’esistenza di un concreto e reale pregiudizio alle sue prerogative, poiché esso, in realtà, è già presente in re ipsa e non ancora rimosso a causa della persistente lesione derivante dal mancato adempimento dell’obbligo di traduzione dell’atto. L’imputato che non ha ancora preso cognizione del contenuto del provvedimento, infatti, non è in grado di rappresentare correttamente al difensore le ragioni del pregiudizio eventualmente subito, né il difensore potrebbe sostituirlo in tale valutazione, dal momento che solo il diretto interessato è in condizione di dargliene conto e spiegarne compiutamente i motivi, allorquando abbia avuto la possibilità di esaminare
il provvedimento, in ipotesi lesivo, e prenderne piena conoscenza nella lingua a lui nota».
Pertanto, analogo pregiudizio alle prerogative difensive sussiste in caso di omessa notifica dell’avviso di deposito della sentenza di appello tradotta nella
lingua conosciuta dall’imputato.
3. In conclusione, per le ragioni fin qui esposte, nella fattispecie, a causa dell’omessa notifica dell’avviso all’imputato del deposito della sentenza di
appello tradotta , il titolo esecutivo non si è validamente formato con la conseguenza che il termine per la proposizione del ricorso per cassazione non
poteva decorrere, come ritenuto dal giudice dell’esecuzione, alla data del 30
ottobre 2024, data del passaggio in giudicato della sentenza come indicato, erroneamente, nell’ordine di esecuzione.
Alla luce di tali argomentazioni si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, cui consegue la dichiarazione di non
esecutività della sentenza della Corte di appello di Firenze del 14 ottobre 2024 e la sospensione della esecuzione della predetta sentenza, dovendo disporsi la liberazione di NOME COGNOME se non detenuto per altro titolo o causa, nonché la notifica della sentenza tradotta in lingua araba al ricorrente a cura della Cancelleria della Corte di appello di Firenze.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Dichiara non esecutiva la sentenza resa dalla Corte di appello di Firenze in data 14 ottobre 2024. Sospende l’esecuzione della predetta sentenza e ordina la liberazione di NOME COGNOME se non detenuto per altro titolo o causa. Dispone che la sentenza tradotta in lingua araba sia notificata all’imputato a cura della Cancelleria della Corte di appello di Firenze. Si comunichi, ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen., al Procuratore generale perché dia i provvedimenti occorrenti.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2025.