LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sentenza non tradotta: quando è ineseguibile?

La Corte di Cassazione ha stabilito che una sentenza penale emessa nei confronti di un imputato straniero che non comprende la lingua italiana non può diventare definitiva ed esecutiva se non viene tradotta. Nel caso specifico, un cittadino rumeno, condannato in assenza, si era visto notificare un ordine di esecuzione per una sentenza mai tradotta. La Corte ha annullato la decisione precedente, affermando che la mancata traduzione della sentenza viola un obbligo di legge (art. 143 c.p.p.) e impedisce la formazione del ‘giudicato’, rendendo il titolo non esecutivo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sentenza non Tradotta: la Cassazione Stabilisce la Non Esecutività

Il diritto a un processo equo è uno dei pilastri fondamentali del nostro ordinamento giuridico, e questo include il diritto dell’imputato a comprendere pienamente le accuse e le decisioni che lo riguardano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21914/2024) ha rafforzato questo principio, chiarendo le conseguenze di una sentenza non tradotta nella lingua di un imputato straniero. La Corte ha stabilito che, in tali circostanze, la sentenza non può diventare definitiva e, di conseguenza, non è eseguibile.

I Fatti del Caso: un Ordine di Esecuzione Basato su un Atto Incompleto

La vicenda riguarda un cittadino di nazionalità rumena, condannato in assenza dal Tribunale di Trieste nel 2019. Anni dopo, a seguito del suo ingresso in Italia, gli veniva notificato un ordine di esecuzione relativo a quella condanna. Il problema fondamentale era che la sentenza non era mai stata tradotta in lingua rumena, nonostante fosse noto che l’imputato non conoscesse l’italiano, come dimostrato dalla precedente traduzione del decreto di citazione a giudizio.

La difesa presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione chiedendo di dichiarare la non esecutività della sentenza, proprio a causa della mancata traduzione. Il Tribunale di Trieste, tuttavia, respingeva la richiesta, basandosi su un precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui la mancata traduzione non impediva alla sentenza di diventare definitiva, ma dava al condannato solo la possibilità di chiedere la restituzione nel termine per impugnare. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: una Sentenza non Tradotta non Diventa Definitiva

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, discostandosi dall’orientamento precedente e annullando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno affermato un principio di diritto di cruciale importanza: la traduzione della sentenza per l’imputato alloglotta non è una mera facoltà, ma un obbligo di legge. Di conseguenza, il semplice deposito della sentenza in lingua italiana non è sufficiente a completare il percorso legale che porta alla sua definitività (il cosiddetto ‘passaggio in giudicato’).

Finché la sentenza non viene tradotta e messa a disposizione dell’imputato nella sua lingua, essa rimane un atto incompleto e non può costituire un titolo esecutivo valido. Pertanto, l’ordine di esecuzione emesso sulla base di tale titolo è illegittimo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte fonda la sua decisione su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 143, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma prevede che l’autorità giudiziaria ‘disponga’ la traduzione degli atti fondamentali del processo, inclusa la sentenza, quando l’imputato non conosce la lingua italiana. L’uso del verbo ‘disporre’ indica un obbligo, non una scelta discrezionale, che prescinde da una richiesta specifica dell’interessato.

La Cassazione sottolinea che la conoscenza effettiva del contenuto della decisione è un presupposto indispensabile per l’esercizio del diritto di difesa e di impugnazione. Senza la traduzione, l’imputato è di fatto privato della possibilità di criticare la sentenza e far valere le proprie ragioni. I giudici hanno inoltre richiamato una recente pronuncia delle Sezioni Unite (ottobre 2023) che aveva già affermato la nullità di un’ordinanza cautelare non tradotta, estendendo con ancora più forza tale principio alla sentenza, che è l’atto conclusivo del giudizio.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che il ‘giudicato’ non può formarsi sulla base della violazione di un obbligo di legge così fondamentale. Il problema non è semplicemente concedere un nuovo termine per impugnare (restituzione nel termine), ma riconoscere che la sentenza, in assenza di traduzione, non ha mai acquisito l’efficacia necessaria per essere eseguita.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ha implicazioni pratiche significative per la tutela dei diritti degli imputati stranieri. Stabilisce chiaramente che le autorità giudiziarie hanno il dovere attivo di garantire la traduzione degli atti essenziali del processo. Un titolo di condanna non può essere messo in esecuzione se questo obbligo non è stato adempiuto. La decisione rafforza il principio del giusto processo e assicura che il diritto di difesa non sia solo una formalità, ma una garanzia concreta ed effettiva per chiunque, indipendentemente dalla sua lingua e nazionalità.

Una sentenza penale emessa nei confronti di un imputato che non conosce l’italiano deve essere sempre tradotta?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, l’articolo 143 del codice di procedura penale impone un obbligo giuridico per l’autorità giudiziaria di disporre la traduzione della sentenza. Questo dovere sussiste a prescindere da una specifica richiesta da parte dell’imputato.

Cosa succede se una sentenza non viene tradotta nella lingua dell’imputato?
Se la sentenza non viene tradotta, non può passare in giudicato, ovvero non diventa definitiva e vincolante. Di conseguenza, non può essere considerata un titolo esecutivo valido e qualsiasi ordine di esecuzione basato su di essa è illegittimo.

È sufficiente chiedere la ‘restituzione nel termine’ per impugnare una sentenza non tradotta?
No, la Corte chiarisce che il problema è più radicale. Non si tratta solo di concedere un nuovo termine per l’appello, ma del fatto che la sentenza stessa non è mai diventata legalmente definitiva a causa della mancata traduzione. L’azione corretta è far dichiarare la non esecutività del titolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati