Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4327 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4327 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Stalpei (Romania) il 29/4/1956
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Catania del 18.10.2024
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 18.10.2024, la Corte di Appello di Catania ha provveduto su una istanza -depositata dal difensore di COGNOME cittadino rumeno attualmente in regime di detenzione domiciliare ex art. 47ter Ord. Pen. -di annullamento dell’ordine di esecuzione n. 137/2018 SIEP, previo riconoscimento della sentenza straniera n. 218/2024 del Tribunale di Campulung Murscel (Romania).
L’ordinanza premette che l’ordine di esecuzione in questione scaturisce dalle sentenze nn. 2-3/2017 del 13.9.2017 della Corte di Appello di Catania riguardanti l’esecuzione di due Mandati di Arresto Europeo emessi il 29.3.2013 dalla Romania, i quali avevano ad oggetto l’esecuzione di due sentenze di condanna rumene (una alla pena di sei anni di reclusione del 2007 del Tribunale di Campulung Murscel e
una alla pena di quattro anni di reclusione del 2008 del Tribunale di Arges). In particolare, la Corte d’Appello di Catania aveva respinto la richiesta di consegna del condannato all’estero e aveva disposto che l’esecuzione del cumulo delle due pene avvenisse in Italia.
Quindi, con ordinanza del 3.11.2023, la Corte d’Appello di Catania aveva pronunciato il riconoscimento di due sentenze del Tribunale di Arges, con cui era stata dichiarata la prescrizione dell’esecuzione della pena di quattro anni di reclusione relativa ai reati oggetto della sentenza rumena del 2008 ed era stato revocato il relativo Mandato di Arresto Europeo, con la conseguenza che la Procura Generale della Repubblica di Catania aveva rideterminato la pena da eseguire in sei anni di reclusione, inflitta con l’altra sentenza del Tribunale di Campulung Marscel.
Senonchè, successivamente anche il secondo titolo esecutivo del MAE della Romania è stato annullato il 10.7.2024 dal Tribunale di Campulung Marscel con la dichiarazione della prescrizione della esecuzione della relativa pena.
Ciò detto, la Corte d’Appello di Catania ha rigettato la richiesta di riconoscimento di questa sentenza e di conseguente annullamento delle statuizioni della propria sentenza n. 22017 nonché dell’ordine di esecuzione che ne è derivato, perché prima della prescrizione della pena della seconda sentenza rumena del 2007 (che il Tribunale di Campulung Marscel ha individuato nella data del 29.3.2024), la prescrizione medesima era stata già interrotta a seguito dell’arresto in Italia di Baicu in data 4.3.2023, in esecuzione di un provvedimento di cumulo comprendente anche il titolo esecutivo in questione.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di BAICU Florica, articolandolo in un unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione della L. n. 69 del 2005, della Decisione quadro 2002/584/GAI del 13.6.2002 e degli artt. 25 e 27 Cost., 1 e 172 cod. pen.
In particolare, censura che la decisione della Corte d’Appello di Catania si pone in contrasto logico e in violazione di legge con quanto statuito dal provvedimento straniero che annulla il MAE in relazione ad una sentenza rumena. La sentenza del Tribunale di Campulung Marscel equipara in motivazione la prescrizione della pena alla prescrizione del reato. Invece, la Corte d’Appello ha operato una valutazione interna dell’interruzione della prescrizione della pena, nonostante il MAE sia stato annullato dall’autorità giudiziaria che lo aveva emesso, con la conseguenza che i giudici italiani non hanno più interesse alla esecuzione del provvedimento.
Con requisitoria scritta trasmessa il 28.11.2024, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, da ritenersi infondato in quanto la
sentenza straniera che annulla il secondo titolo esecutivo non risulta riconosciuta in Italia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
L’ordine di esecuzione n. 137/2018 SUEP (modificato da ultimo il 6.12.2023 dalla Procura Generale della Repubblica di Catania), che il ricorrente aveva chiesto di annullare, dà atto che il titolo da eseguire è rappresentato dalla sentenza n. 22017 del 13.9.2017 con la quale la Corte d’Appello di Catania ha riconosciuto la sentenza del Tribunale di Campulung Murscel.
Risulta, altresì, che, con la predetta sentenza, lo Stato italiano avesse rifiutato la consegna del conda nnato all’estero e avesse disposto che l’esecuzione della pena avesse luogo in Italia.
Se è così, la richiesta formulata dal ricorrente deve essere valutata non più alla luce della L. n. 69 del 2005, recante “Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri”: nessuna questione è più a farsi sotto quel profilo, in quanto la decisione adottata dall’autorità giudiziaria interna, ai sensi dell’art. 18 L. n. 69 del 2005, ha negato l’esecuzione del mandato di arresto europeo e ha inibito l’avvio della procedura passiva di consegna.
Piuttosto, l’avvenuto riconoscimento della sentenza di condanna rumena del Tribunale di Campulung Murscel e la decisione di procedere alla sua esecuzione in Italia ha comportato che ogni susseguente questione debba rientrare, di fatto, nell’ambito di applicazione del D.L gs. n. 161 del 2010, recante “Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea”.
Si tratta di disciplina che, tra l’altro, integra il sistema di consegna del mandato d’arresto europeo, con specifico riferimento alle ipotesi della consegna in executivis e della consegna per finalità processuali dei residenti in Italia, giacché sulla base del considerandum n. 12 e dell’art. 25 della decisione quadro 2008/909/GAI, che si riferiscono espressamente all’ipotesi dell’esecuzione delle pene a seguito di un m.a.e., può ricavarsi la generale regola di riparto secondo cui ‘fatta salva la decisione quadro 2002/584/GAI, le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene
nel caso in cui uno Stato membro s’i mpegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della detta decisione quadro (…)’.
E l’art. 4, par. 6, della decisione quadro 2002/584/GAI si riferisce appunto al caso in cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo ‘se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno’.
Se è così, deve trovare allora applicazione il D.Lgs. n. 161 del 2010 e, in particolare, l’art. 17 , secondo cui ‘ quando lo Stato di emissione adotta una decisione per la quale la pena o la misura di sicurezza applicate cessano, immediatamente o entro un termine, di essere esecutive, l’autorità giudiziaria competente pone fine all’esecuzione della pena o della misura di sicurezza in Italia, non appena informata’ .
Si tratta di una disposizione che ricalca l’art. 20, par. 2, della decisione quadro 2008/909/GAI, secondo cui l’autorità competente dello Stato di esecuzione pone fine all’esecuzione della pena non appen a informata della decisione o della misura in base alla quale, immediatamente o entro un determinato termine, la pena cessa di essere esecutiva.
Del resto, anche l’art. 6 della L. n. 69 del 2005 prevede che, tra le informazioni che deve contenere il mandat o d’arresto europeo, vi sia la ‘ indicazione dell’esistenza di una sentenza esecutiva, di un provvedimento cautelare o di qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza ‘.
E’ stato affermato, di conseguenza, che, i n tema di mandato di arresto europeo, quando l’autorità estera ha richiesto la consegna ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, occorre che la relativa richiesta sia basata su una sentenza di condanna dotata di forza esecutiva, dovendosi ritenere che l’art. 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 ha inteso dare rilevanza alla sola “esecutività”, quale condizione essenziale del nuovo sistema di cooperazione finalizzato alla consegna delle persone ricercate tra gli Stati membri dell’U.E. (Sez. 6, n. 42159 del 16/11/2010, Rv. 248689 -01; Sez. 6, n. 2745 del 19/1/2012, Rv. 251787 -01).
Dunque, il presupposto per l’esecuzione nello Stato italiano di una sentenza straniera è che si tratti di una sentenza esecutiva, non diversamente da quanto prevede il nostro ordinamento interno, che infatti tiene distinte ‘irrevocabilità’ (art. 648 cod. proc. pen.) ed ‘esecutività’ (art. 650 cod. proc. pen.) della sentenza: l’irrevocabilità è presupposto dell’esecutività, ma non sempre le sentenze irrevocabili sono anche eseguibili. Non a caso, l’art. 650, comma 1, cod.
proc. pen. prevede che le sentenze hanno forza esecutiva quando sono divenute irrevocabili ‘salvo che sia diversamente disposto’.
Né si può ritenere che l’autorità giudiziaria italiana abbia la possibilità (e, al tempo stesso, l’interesse) di sindacare la decisione dello Stato di emissione che determini la cessazione dell’esecutività della sentenza.
A tal proposito, si è già imposto, sia pure in tema di mandato di arresto europeo, il principio secondo cui, una volta che l’autorità di emissione abbia affermato che, secondo le norme interne, la sentenza di condanna a carico del soggetto di cui si chiede la consegna è divenuta esecutiva, non spetta all’autorità giudiziaria italiana sindacare, sulla base di quali presupposti normativi dell’ordinamento dello Stato di emissione sia stata affermata la esecutività della sentenza di condanna (Sez. 6, n. 20254 del 4/5/2018, Rv. 273276 -01; Sez. 6, n. 46223 del 24/11/2009, Rv. 245449 -01).
Questo vuol dire che, a fortiori, deve escludersi, in ossequio al principio del mutuo riconoscimento delle sentenze che informa la materia, che l’autorità giudiziaria italiana abbia il potere di sindacare la d ecisione dell’autorità di emissione la quale, al contrario, dichiari la cessazione di esecutività della sentenza estera che era stato chiesto all’Italia di eseguire.
Del resto, una diversa soluzione contrasterebbe con i principi ispiratori delle sopra richiamate decisioni quadro del Consiglio UE del 2002 e del 2008 nell’ambito della cooperazione giudiziaria, tra i quali quello della fiducia reciproca tra gli Stati membri nei rispettivi ordinamenti giuridici (consideranda n. 5 della decisione 2008/909/GAI e n. 8 della decisione 2002/584/GAI), quello del rispetto del principio di ragionevolezza (considerandum n. 6 della decisione 2008/909/GAI) e quello secondo cui l ‘esecu zione della pena nello Stato richiesto dovrebbe aumentare la possibilità di reinserimento sociale della persona condannata (considerandum n. 8 della decisione 2008/909/GAI).
Sulla scorta di quanto fin qui osservato, pertanto, l’ordinanza impugnata deve ess ere annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, affinché proceda ad un nuovo esame dell’istanza alla luce dei principi sopra richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Catania.
Così deciso l’8.1.2025