LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sdemanializzazione tacita: no per il demanio marittimo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36924/2024, ha stabilito che la declassificazione di un bene dal demanio marittimo non può mai avvenire in forma implicita. A differenza di altre categorie di beni demaniali, per la sdemanializzazione di spiagge e arenili è indispensabile un provvedimento amministrativo formale ed esplicito, come previsto dall’art. 35 del Codice della Navigazione. La Corte ha rigettato il ricorso di alcuni soggetti che rivendicavano diritti su un terreno in base a un vecchio atto di legittimazione per uso civico del 1936, ritenendolo inidoneo a modificare la natura demaniale marittima del suolo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Demanio Marittimo: Impossibile la Sdemanializzazione Tacita

Un bene appartenente al demanio marittimo può perdere questa sua qualifica per il semplice passare del tempo o a seguito di atti non specificamente finalizzati a tale scopo? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 36924 del 2024, ha fornito una risposta netta e inequivocabile: no. La Corte ha ribadito la specialità del regime giuridico del demanio marittimo, escludendo categoricamente l’ammissibilità della cosiddetta sdemanializzazione tacita e sottolineando la necessità di un provvedimento formale per qualsiasi modifica del suo status.

I Fatti: Una Legittimazione del 1936 Contro il Demanio Marittimo

La vicenda giudiziaria trae origine dall’occupazione di un terreno situato sul lungomare di un comune campano. Gli imputati, eredi del soggetto che per primo occupò l’area all’inizio del ‘900, sostenevano di essere nel pieno diritto di utilizzare il suolo. La loro difesa si basava su un provvedimento del 1936 con cui il commissario liquidatore degli usi civici aveva “legittimato” l’occupazione del loro avo, costituendo a suo favore un diritto di enfiteusi. Secondo i ricorrenti, quel terreno faceva parte dell’ex demanio comunale di uso civico e, tramite quell’atto, era di fatto uscito dalla sfera pubblica per entrare nel loro patrimonio.

Le corti di merito, tuttavia, avevano qualificato il terreno come demanio marittimo, condannando gli eredi per occupazione abusiva. Da qui il ricorso per Cassazione, incentrato sulla natura giuridica del suolo e sulla validità dell’atto del 1936.

La Difesa: Un Atto del 1936 Può Battere il Codice della Navigazione?

La tesi difensiva poggiava su due pilastri principali:

1. Valore dell’atto di legittimazione: L’atto del 1936, emesso ai sensi della legge sugli usi civici (L. 1766/1927), doveva essere considerato un provvedimento formale di sdemanializzazione, tanto più che era intervenuto prima dell’entrata in vigore del Codice della Navigazione del 1942, che ha introdotto una procedura specifica.
2. Natura del terreno: La difesa sosteneva che il terreno non avesse mai avuto le caratteristiche proprie del demanio marittimo, come l’essere coperto dalle mareggiate, e quindi non potesse essere classificato come tale.

In sostanza, si chiedeva alla Corte di riconoscere che un atto amministrativo, finalizzato a regolarizzare un uso civico, potesse aver prodotto l’effetto di sottrarre un bene al regime speciale del demanio marittimo.

Le Motivazioni della Corte: Perché la Sdemanializzazione Tacita non si Applica al Demanio

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, articolando un ragionamento giuridico solido e lineare. I giudici hanno chiarito che, a differenza del demanio generico (per cui l’art. 829 c.c. ammette che la perdita della funzione pubblica possa avvenire anche tacitamente), il demanio marittimo è soggetto a una disciplina speciale e più rigorosa.

La Necessità di un Atto Formale

Il punto centrale della decisione è l’interpretazione dell’art. 35 del Codice della Navigazione. Questa norma stabilisce che l’esclusione di una zona dal demanio marittimo può avvenire solo con un decreto ministeriale, adottato dopo aver verificato che quell’area non sia più utilizzabile per i pubblici usi del mare. Tale decreto ha natura costitutiva, cioè crea una nuova situazione giuridica, e non meramente dichiarativa (che si limita a certificare una situazione già esistente).

Di conseguenza, nessuna sdemanializzazione tacita è ammissibile per spiagge, arenili e altre aree del demanio marittimo. La volontà dell’amministrazione di sottrarre un bene a tale regime deve essere manifestata in modo esplicito e formale.

L’Irrilevanza della Legittimazione per Usi Civici

La Corte ha inoltre specificato che il provvedimento di legittimazione del 1936 era del tutto inidoneo a produrre l’effetto sperato dai ricorrenti. La legge sugli usi civici si applica, per espressa previsione normativa, alle “terre di uso civico appartenenti ai Comuni” e non può in alcun modo estendersi ai beni del demanio marittimo statale. Un provvedimento emesso da un’autorità (il commissario per gli usi civici) in una materia di competenza di un’altra (l’amministrazione marittima) è affetto da vizio di incompetenza assoluta e, pertanto, giuridicamente inefficace.

Le Conclusioni: La Rigidità della Normativa a Tutela del Demanio

La sentenza in commento rafforza un principio fondamentale del nostro ordinamento: la tutela rafforzata del demanio marittimo. Le sue caratteristiche e la sua importanza per la collettività impongono un regime giuridico rigido, che non ammette deroghe implicite o basate su atti amministrativi non specifici.

La decisione offre due importanti lezioni pratiche:

1. Chiunque vanti diritti su aree costiere basati su titoli antichi o di dubbia provenienza deve essere consapevole che solo un formale e inequivocabile atto di sdemanializzazione può legittimare la sua posizione.
2. Nel processo, il principio di autosufficienza del ricorso impone alla parte che contesta una valutazione di fatto di fornire al giudice tutti gli elementi necessari per la decisione, allegando integralmente i documenti controversi.

In definitiva, la Corte ha tracciato una linea invalicabile: il demanio marittimo è un bene della collettività la cui natura può essere modificata solo attraverso un percorso amministrativo chiaro, formale e previsto dalla legge, escludendo ogni forma di sdemanializzazione tacita.

È possibile che un bene del demanio marittimo perda questa sua natura senza un provvedimento formale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che per i beni del demanio marittimo non è ammessa una “sdemanializzazione tacita”. È sempre necessario un decreto ministeriale formale, con carattere costitutivo, che ne attesti la non utilizzabilità per usi pubblici del mare.

Un atto di “legittimazione” di terre di uso civico emesso prima del Codice della Navigazione può valere come sdemanializzazione di un’area marittima?
No. La normativa sulla legittimazione delle terre di uso civico (L. 1766/1927) riguarda esclusivamente i beni appartenenti ai Comuni e non può essere applicata ai beni del demanio marittimo. Un provvedimento di questo tipo, se relativo a un’area marittima, è viziato da incompetenza assoluta e non produce effetti sulla natura del suolo.

Cosa significa il principio di “autosufficienza del ricorso” in questo contesto?
Significa che la parte che presenta un ricorso in Cassazione, lamentando un errore di valutazione dei fatti (travisamento probatorio), deve allegare integralmente gli atti che si presume siano stati male interpretati. Non è sufficiente riportarne solo alcuni stralci, perché la Corte deve essere messa in condizione di valutare l’errore senza dover cercare autonomamente i documenti nel fascicolo di causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati