Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23675 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23675 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Porretta Terme il 01/04/1990
avverso l’ordinanza del 20/01/2025 del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, pronunciandosi quale giudice di rinvio, ha disposto la sostituzione, ai sensi dell’art. 95, comma 1, d. lgs. n. 150 del 2022, della pena della reclusione (anni due e mesi quattro) -inflitta ad NOME per effetto della sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna in data 17 marzo 2022, irrevocabile il 20 gennaio 2023 –
con quella di 850 giorni di lavoro di pubblica utilità, stabilendo le modalità di svolgimento.
Avverso l’indicato provvedimento ricorre il condannato, tramite il difensore, deducendo la violazione dell’art. 657 cod. proc. pen.
Sostiene che il giudice dell’esecuzione, nel determinare la durata della pena sostitutiva, non avrebbe scomputato la frazione di pena presofferta in regime di misure cautelari: custodia in carcere dal 14 luglio 2021 al 10 novembre 2021; arresti domiciliari dal 10 novembre 2021 al 5 luglio 2022; obbligo di dimora con prescrizioni dal 5 luglio 2022 fino alla perdita di efficacia con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e conseguente revoca in data 7 febbraio 2023.
Secondo il ricorrente dovrebbe tenersi conto anche del periodo di sottoposizione alla misura cautelare non custodiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il procedimento si è svolto in base alle scansioni di seguito riassunte.
2.1. L’incidente di esecuzione è stato promosso dal condannato a mezzo di istanza, depositata il 16 febbraio 2023, volta ad ottenere, in ossequio al regime transitorio dettato dall’art. 95 d. lgs. n. 150 del 2022, la sostituzione della pena detentiva ” con la misura del lavoro di pubblica utilità sostitutivo ovvero, subordinatamente, con la misura della detenzione domiciliare sostitutiva “
L’istanza non conteneva alcuna richiesta, ex art. 657, comma 3, cod. proc. pen., di computo dei periodi di presofferto.
Il giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento della richiesta, disponeva la sostituzione della pena della reclusione (di anni due e mesi quattro) con quella della detenzione domiciliare di pari durata.
Il condannato proponeva ricorso per cassazione, contestando la mancata applicazione del lavoro di pubblica utilità, non formulava alcuna censura sulla mancata detrazione del ” presofferto “.
Con sentenza n. 1559 del 26/10/2023, dep. 2024, la prima sezione della Corte di cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, per difetto di motivazione sul rigetto della istanza volta ad ottenere l’applicazione del lavoro di pubblica utilità.
Con l’ordinanza qui impugnata, il giudice di rinvio ha accolto in toto l’istanza difensiva formulata in via principale, disponendo la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.
2.2. Come osserva anche il Procuratore generale nella sua requisitoria, con il ricorso in esame il condannato introduce un tema (quello dello scomputo del presofferto) che non aveva mai richiesto in sede di prima istanza, che non ha contestato con il primo ricorso quando già il giudice dell’esecuzione aveva omesso di computare il presofferto; che non ha formato oggetto di devoluzione al giudice di rinvio; che, pertanto, risulta estraneo al thema decidendi .
Rimane fermo il diritto del condannato di ottenere la detrazione del presofferto, presentando al giudice dell’esecuzione apposita istanza ex art. 657, comma 3, cod. proc. pen., con l’avvertenza che il successivo comma 4 prevede il computo soltanto della “custodia cautelare subita”, quindi dei periodi trascorsi in custodia cautelare in carcere ovvero in regime di arresti domiciliari, non di quelli interessati da misura non custodiale.
Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/06/2025