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Scommesse senza licenza: l’autonomia dell’intermediario

L’amministratore di un centro scommesse è stato accusato di operare senza le dovute autorizzazioni. In sua difesa, ha sostenuto che il bookmaker straniero per cui operava era stato discriminato nell’accesso alle concessioni italiane. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: il reato di scommesse senza licenza è autonomo e la responsabilità ricade direttamente sull’intermediario italiano. Le vicende del partner straniero sono irrilevanti ai fini della configurabilità del reato.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Scommesse Senza Licenza: La Cassazione Sottolinea la Responsabilità dell’Intermediario

L’esercizio di attività di raccolta di scommesse senza licenza rappresenta un tema di costante attualità giurisprudenziale, specialmente quando coinvolge operatori italiani che agiscono come intermediari per bookmaker stranieri. Con la sentenza n. 6831 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine: la responsabilità penale dell’intermediario è autonoma e non può essere scusata da presunte discriminazioni subite dal partner straniero nel mercato italiano.

I Fatti del Caso: Un Centro Scommesse Sotto Esame

Il caso riguarda l’amministratore di una società titolare di una sala scommesse, accusato del reato previsto dall’art. 4 della legge n. 401/1989 per aver esercitato abusivamente l’organizzazione di scommesse senza la licenza del Questore (ex art. 88 T.U.L.P.S.) e la concessione dell’Agenzia dei Monopoli.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo la sussistenza del reato, aveva dichiarato di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto. Nonostante ciò, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, ritenendo che la sua attività dovesse essere considerata lecita.

Il Ricorso in Cassazione: La Tesi della Discriminazione Comunitaria

La difesa dell’imputato si fondava su un’argomentazione complessa: la mancata applicazione della normativa interna per contrasto con il diritto dell’Unione Europea. Secondo il ricorrente, l’allibratore straniero per cui operava era stato ingiustamente escluso dai bandi per il rilascio delle concessioni in Italia. Tale discriminazione, a suo dire, avrebbe dovuto rendere inapplicabili le sanzioni penali previste dalla legge italiana, rendendo di fatto la sua attività legittima.

La responsabilità nell’esercizio di scommesse senza licenza

Il cuore della difesa era l’idea che l’impossibilità per il bookmaker straniero di ottenere una concessione si ripercuotesse direttamente sulla posizione dell’intermediario italiano, giustificando l’operatività anche in assenza delle autorizzazioni nazionali.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno richiamato la propria consolidata giurisprudenza, chiarendo in modo inequivocabile la posizione dell’intermediario italiano.

Secondo la Corte, l’attività di raccolta scommesse svolta dall’operatore sul territorio nazionale è autonoma rispetto a quella del bookmaker straniero. L’illecita intermediazione e raccolta, vietata dalla legge, rende irrilevante il rapporto contrattuale con l’allibratore estero. Questo rapporto è considerato una mera “occasione” per la commissione della condotta illecita, che è imputabile esclusivamente all’operatore italiano.

Di conseguenza, le vicende del bookmaker straniero, inclusa la sua eventuale (e non dimostrata nel caso di specie) discriminazione nei bandi di gara, non assumono alcun rilievo. L’obbligo di munirsi della licenza di pubblica sicurezza ex art. 88 T.U.L.P.S. ricade direttamente su chi gestisce il centro in Italia. La Corte ha inoltre sottolineato come il successivo ottenimento dell’autorizzazione da parte del ricorrente, avvenuto dopo l’accertamento del reato, non facesse altro che confermare la sua mancanza al momento dei fatti contestati.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale per chiunque operi nel settore delle scommesse in Italia: la responsabilità è personale e diretta. Chi gestisce un punto di raccolta scommesse non può nascondersi dietro le vicende legali o le presunte ingiustizie subite dal partner commerciale straniero. L’ordinamento italiano richiede che l’operatore locale sia in possesso di tutte le necessarie autorizzazioni amministrative per poter operare legalmente. La mancanza di tali titoli configura il reato di esercizio abusivo di scommesse, e la successiva regolarizzazione non sana l’illecito commesso in precedenza.

L’intermediario italiano che raccoglie scommesse per un bookmaker straniero commette reato se è privo di licenza?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la raccolta di scommesse per conto di un allibratore straniero senza la licenza prevista dall’art. 88 T.U.L.P.S. integra il reato di esercizio abusivo di scommesse.

Se il bookmaker straniero è stato discriminato nelle gare per le concessioni italiane, l’intermediario italiano è comunque punibile?
Sì, è comunque punibile. La Corte ha stabilito che l’attività dell’intermediario italiano è autonoma. Le eventuali discriminazioni subite dal bookmaker straniero non giustificano l’esercizio dell’attività in Italia senza la prescritta autorizzazione di polizia, che deve essere richiesta direttamente dall’operatore italiano.

Aver ottenuto la licenza dopo la contestazione del reato cambia qualcosa sulla sussistenza dell’illecito?
No, non cambia la sussistenza del reato. Anzi, secondo la sentenza, il fatto di aver ottenuto l’autorizzazione in un momento successivo all’accertamento dei fatti illeciti dimostra che al momento della condotta contestata l’intermediario ne era sprovvisto, confermando così la commissione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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