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Scarico industriale: reato anche senza tubazioni

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per scarico industriale non autorizzato. La sentenza chiarisce che qualsiasi sistema di deflusso stabile, anche non una tubazione, integra il reato. Viene inoltre discussa l’inapplicabilità della particolare tenuità del fatto per condotte perduranti e la discrezionalità del giudice nel commisurare la pena.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Scarico Industriale: Reato Anche Senza Tubazioni Specifiche

La gestione delle acque reflue rappresenta un obbligo cruciale per le imprese, la cui violazione può avere serie conseguenze penali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11598/2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di scarico industriale illecito, chiarendo la definizione di ‘scarico’ e i limiti all’applicazione di istituti come la particolare tenuità del fatto. Questa pronuncia offre spunti importanti per comprendere quando un’attività di smaltimento di reflui industriali si trasforma in un reato ambientale.

I Fatti del Caso: L’accusa di scarico industriale non autorizzato

Il caso ha origine dalla condanna di un imprenditore da parte del Tribunale di Nola per il reato previsto dall’articolo 137, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale). All’imputato era stato contestato lo scarico di reflui provenienti dalla sua attività artigianale, assimilabile a quella industriale, direttamente nella pubblica fognatura senza la necessaria autorizzazione. L’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali: una presunta erronea valutazione delle prove, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e l’eccessività della pena pecuniaria inflitta.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul concetto di scarico industriale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti essenziali su ciascuno dei motivi sollevati dalla difesa. L’analisi della Corte è fondamentale per delineare i contorni della responsabilità penale in materia ambientale.

La nozione di “scarico”: più ampia di una semplice tubazione

Il primo motivo di ricorso si basava sull’idea che non vi fosse prova certa dello scarico in fognatura, ipotizzando che il tombino potesse confluire in un punto di raccolta. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo che la nozione di “scarico” è molto ampia. Per integrare il reato, è sufficiente un qualsiasi “sistema di deflusso, oggettivo e duraturo, che comunque canalizza, senza soluzione di continuità, i reflui fino al corpo ricettore”. Non sono necessarie tubazioni specifiche o complesse attrezzature. Qualsiasi sistema che convogli stabilmente i reflui verso il suolo, il sottosuolo o la rete fognaria costituisce uno scarico penalmente rilevante se privo di autorizzazione.

Inoltre, la Corte ha specificato la differenza cruciale tra scarico industriale (art. 137) e gestione di rifiuti liquidi (art. 256). Se i reflui vengono raccolti in attesa di smaltimento (es. in una fossa Imhoff), non si parla più di scarico, ma di rifiuto liquido, la cui gestione illecita è punita da un’altra norma.

Particolare tenuità del fatto e reati permanenti

La difesa aveva richiesto l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p., che esclude la punibilità per fatti di particolare tenuità. La Corte ha ribadito che, sebbene non vi sia un’incompatibilità assoluta tra questa causa di non punibilità e i reati permanenti (come lo scarico illecito, che perdura nel tempo), la sua applicazione è molto difficile. La persistenza della condotta illecita aggrava l’offesa e rende difficile qualificarla come ‘tenue’. Soprattutto, la non punibilità è preclusa finché la condotta antigiuridica non cessa.

Discrezionalità nella determinazione della pena

Infine, riguardo all’eccessività della pena, la Cassazione ha ricordato che la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Un controllo in sede di legittimità è possibile solo se la decisione è palesemente arbitraria o illogica. Nel caso di specie, il giudice aveva scelto la pena pecuniaria (più lieve di quella detentiva) e l’aveva fissata in una misura vicina alla media edittale, una scelta che non richiede una motivazione particolarmente dettagliata.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sulla necessità di interpretare le norme ambientali in modo da garantirne l’effettività. La definizione ampia di “scarico” impedisce che si possano eludere le norme attraverso sistemi di smaltimento rudimentali ma comunque dannosi per l’ambiente. I giudici hanno ritenuto i motivi di ricorso generici ed esplorativi, in quanto la difesa non ha contestato in modo specifico la qualificazione giuridica del fatto né ha fornito elementi concreti per dimostrare la cessazione della condotta illecita, presupposto per valutare la tenuità del fatto. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende sottolinea la colpa del ricorrente nel promuovere un’impugnazione priva di fondamento.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza conferma che qualsiasi attività produttiva che genera reflui diversi da quelli domestici deve dotarsi di un’adeguata autorizzazione per lo smaltimento. Le imprese non possono fare affidamento su interpretazioni restrittive della legge: anche un semplice sistema di canalizzazione verso un tombino può configurare il reato di scarico industriale illecito. Inoltre, sperare nella non punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di condotte che si protraggono nel tempo è un’aspettativa con scarse probabilità di successo. La pronuncia è un monito per gli operatori economici a regolarizzare la propria posizione autorizzativa, poiché la tolleranza verso l’inquinamento ambientale è sempre più ridotta e la valutazione dei giudici è orientata a una tutela rigorosa del bene giuridico protetto.

Quando uno scarico di reflui industriali è considerato reato?
Uno scarico è considerato reato quando vi è un’immissione non autorizzata di acque reflue industriali in un corpo recettore (suolo, sottosuolo, rete fognaria) attraverso un qualsiasi sistema stabile di collettamento, che non deve necessariamente consistere in tubazioni specifiche.

È possibile applicare la non punibilità per “particolare tenuità del fatto” a uno scarico illecito che si protrae nel tempo?
In linea di principio non è escluso, ma la Corte lo ritiene difficilmente applicabile. La natura permanente del reato, che si protrae nel tempo, rende l’offesa difficilmente qualificabile come ‘tenue’. Inoltre, l’applicazione di tale causa di non punibilità è preclusa fino a quando la condotta illecita non è cessata.

Qual è la differenza tra scarico illecito e gestione illecita di rifiuti liquidi?
Si ha ‘scarico’ quando i reflui sono convogliati direttamente e senza interruzioni verso un corpo recettore. Se invece i reflui vengono prima raccolti in un sistema di stoccaggio (come una fossa settica) per un successivo smaltimento, essi sono considerati ‘rifiuti liquidi’ e la loro gestione non autorizzata configura il diverso reato di gestione illecita di rifiuti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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