Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8137 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8137 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nata a San Giovanni Rotondo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 01/12/2022 del Tribunale di Foggia, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in . persona del Sostituto . Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; uditi per l’imputata l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 10 dicembre 2022 il Tribunale di Foggia ha condannato NOME COGNOME per il reato dell’art. 137, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, perché, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, attiva nell’industria olearia, aveva effettuato scarichi di acque reflue industriali, in assenza di autorizzazione.
La ricorrente contesta innanzi tutto la qualificazione del fatto come reato permanente: precisa che gli scarichi erano stati limitati al periodo della molitura RAGIONE_SOCIALE olive ed erano stati autorizzati dal 2014 con un’AIA relativa allo spandimento
Depositata in Cancelleria
RAGIONE_SOCIALE acque di vegetazione sui terreni agricoli; in secondo luogo, eccepisce la prescrizione; infine, lamenta il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., il diniego RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche e dei benefici di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha accertato che l’imputata sversava le acque reflue della molitura RAGIONE_SOCIALE olive eseguita dal suo oleificio nella fognatura pubblica e che non si era adeguata alle prescrizioni impartite ai sensi dell’art. 318-ter d.lgs. n. 152 del 2006 nei termini di legge.
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definiti presupposti, tra cui l’assenza di criticità nell’impianto di depurazione, la provenienza esclusivamente regionale RAGIONE_SOCIALE olive, la collocazione RAGIONE_SOCIALE aziende agricole in terreni ove metodi di fertilizzazione e irrigazione non sono praticabili in modo agevole, necessari a giustificare la suddetta deroga. La stessa sentenza ha anche chiarito che la disciplina RAGIONE_SOCIALE acque reflue è applicabile in tutti quei casi nei quali si è in presenza di uno scarico in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotta, tubazioni, o altro sistema stabile. Negli altri casi, in cui manchi il nesso funzionale e diretto RAGIONE_SOCIALE acque reflue con il corpo recettore, si applica, invece, la disciplina sui rifiuti (tra le altre, Sez. 3, n. 16 dell’8/4/2015, COGNOME, Rv. 263354; Sez. 3, n. 45340 del 19/10/2011, COGNOME, Rv. 251335; Sez. 3, n. 22036 del 13/04/2010, COGNOME, Rv. 247627), con l’ulteriore precisazione che i reflui stoccati in attesa di successivo smaltimento, come i liquami contenuti in pozzi neri, fosse imhoff e bagni mobili, sono da considerarsi rifiuti liquidi di acque reflue, soggetti, pertanto, alla disciplina dell parte quarta del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e non a quella RAGIONE_SOCIALE acque di scarico, che riguarda solo i liquidi direttamente immessi nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria (Sez. 3, n. 50432 del 15/10/2019, De Rosa, Rv. 277400-01).
Nello specifico, il Tribunale ha affermato, all’esito dell’ampia istruttoria dibattimentale, che l’imputata trattava le acque di molitura come acque domestiche e le scaricava direttamente in fogna, senza la specifica autorizzazione, per giunta con superamento dei limiti previsti dal d.lgs. n. 152 del 2006, parte III, allegato 5, tab. 3.
L’imputata. ha richiamato in suo favore l’autorizzazione, allo spandimento RAGIONE_SOCIALE acque vegetali nei terreni, ma il Tribunale ha accertato invece che non ricorrevano le condizioni della legge n. 574 del 1996 relativa all’utilizzazione agronomica RAGIONE_SOCIALE acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari, trattandosi di veri e propri reflui industriali, che venivano immessi direttamente in fogna senza pretrattamenti, donde l’applicazione della sanzione dell’art. 137 d.lgs. n. 152 del 2006.
Tale accertamento di fatto non risulta compiutamente confutato dalla ricorrente che ha piuttosto focalizzato il ricorso sulla data di commissione del reato, prospettando la prescrizione del reato.
La censura ignora la giurisprudenza ‘consolidata in materia secondo cui l’apertura di uno scarico senza autorizzazione è reato permanente finché non intervenga tale titolo abilitativo (così, Sez. 3, n. 26423 del 11/02/2016, COGNOME, Rv. 267099-01; n. 45750 del 28/06/2017, COGNOME, non mass.; n. 19977 del 10/01/2020, COGNOME, non mass.; n. 376 del 06/10/2022, dep. 2023, COGNOME, non mass.).
Nel caso in esame, poi, il Tribunale ha accertato che si è avuto uno scarico continuato. Sta di fatto che ancora a ottobre 2016 non vi era alcuna autorizzazione utile né erano stati effettuati i lavori per adempiere alle prescrizioni e che neanche nel corso del giudizio la ricorrente ha offerto la prova della cessazione della permanenza. L’affermazione, contenuta nel ricorso per cassazione, secondo cui la campagna olearia era circoscritta al periodo ottobre-dicembre non è stata oggetto di prova nel corso del giudizio e quindi non è idonea, per altro verso, a individuare una data di cessazione della permanenza.
7. Ineccepibile è la motivazione in merito al diniego della causa di non punibilità, RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge. In tema di reati permanenti, questa Corte ha sempre affermato che è preclusa l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto finché la permanenza non sia cessata, in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa (Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096-01; Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, Rv. 267589, COGNOME). Il Tribunale ha poi correttamente valorizzato tutti gli elementi della vicenda, in particolare la mancata cessazione della permanenza, essendo stato omesso l’adempimento RAGIONE_SOCIALE prescrizioni di legge anche nel corso del processo, per negare i benefici di legge. Infine, il diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche è stato correttamente fondato in assenza di elementi di giudizio favorevoli, nemmeno rappresentati nel ricorso per cassazione, non essendo sufficiente a tal fine la mera incensuratezza.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono,·la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, il 23 novembre 2023
Il Consigliere estensore