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Scarico abusivo: la prova olfattiva è sufficiente?

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un amministratore di una società di demolizioni condannato per scarico abusivo di reflui industriali e molestie olfattive. La Corte ha confermato la condanna per lo scarico abusivo, ritenendo sufficienti la prova testimoniale e quella olfattiva (odore di idrocarburi) a fronte dell’inutilizzabilità dei campioni analizzati in laboratorio. Ha invece annullato per prescrizione il reato di molestie olfattive, non essendo stata provata la natura permanente delle emissioni.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Scarico Abusivo: La Prova Olfattiva Basta per la Condanna?

In materia di reati ambientali, la prova della colpevolezza può assumere forme inaspettate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per accertare un scarico abusivo, non sono sempre indispensabili le analisi di laboratorio. La testimonianza e persino la percezione olfattiva degli agenti accertatori possono costituire prove sufficienti a fondare una condanna. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda l’amministratore unico di una società operante nel settore delle demolizioni e del recupero di rifiuti metallici. A seguito di un controllo, veniva accertato uno sversamento di reflui in un corso d’acqua superficiale. Gli agenti della Capitaneria di Porto, risalendo il corso d’acqua, individuavano l’origine dell’inquinamento nello scarico proveniente dall’impianto della società.

L’impianto era dotato di un sistema di raccolta per le acque di prima pioggia, ma il giorno dell’accertamento, in assenza di precipitazioni, si era verificato uno sversamento anomalo. La causa era l’uso improprio di una valvola di bypass che, invece di convogliare le acque del piazzale nelle apposite vasche di trattamento, le deviava direttamente nel corso d’acqua. Durante il sopralluogo, gli operanti percepivano un forte odore di idrocarburi e notavano visivamente la presenza di sostanze oleose galleggianti.

La Posizione della Difesa e il Ricorso in Cassazione

L’imputato veniva condannato in primo grado per due reati: lo scarico abusivo di sostanze pericolose (art. 137 del Testo Unico Ambientale) e il getto pericoloso di cose per le molestie olfattive (art. 674 del codice penale). La difesa proponeva ricorso in Cassazione, basandosi su diversi motivi:

1. Errata qualificazione del fatto: Si sosteneva che non si trattasse di ‘scarico’, ma di ‘abbandono di rifiuti liquidi’, un reato diverso che avrebbe consentito l’estinzione tramite oblazione.
2. Insufficienza della prova: A causa di un vizio procedurale, le analisi di laboratorio sui campioni prelevati erano state dichiarate inutilizzabili. La difesa argomentava che, in assenza di dati scientifici, la condanna si basava unicamente sulla percezione soggettiva e olfattiva di un agente non esperto.
3. Mancata prova della molestia: Per il reato di cui all’art. 674 c.p., non era stata dimostrata un’effettiva offesa o molestia a persone determinate.
4. Prescrizione: I reati dovevano considerarsi istantanei e non permanenti, e quindi già estinti per prescrizione al momento della sentenza.

L’Analisi della Cassazione sullo Scarico Abusivo

La Corte ha rigettato i motivi relativi al reato di scarico abusivo. In primo luogo, ha chiarito la distinzione fondamentale tra ‘scarico’ e ‘abbandono’. Lo scarico, ai sensi del Testo Unico Ambientale, presuppone un’immissione di reflui tramite un sistema stabile di collettamento (come una tubazione o un canale), anche se l’uso è solo occasionale. Nel caso di specie, l’utilizzo del sistema di bypass integrava pienamente questa nozione.

Sul punto cruciale della prova, la Cassazione ha affermato che l’inutilizzabilità delle analisi di laboratorio non inficiava la solidità del quadro probatorio. Il giudice di merito aveva logicamente basato la sua decisione su una serie di elementi convergenti:
* La testimonianza dell’operante di P.G. che aveva descritto il forte odore di idrocarburi.
* Le osservazioni visive della presenza di sostanze oleose in superficie.
* La natura stessa dell’attività svolta dalla società (trattamento di rottami metallici, autoveicoli, ecc.), che rendeva plausibile la presenza di residui liquidi come gli idrocarburi sul piazzale.

La Corte ha ribadito che la ‘prova penale olfattiva’ è del tutto legittima, specialmente nei reati ambientali, e può essere utilizzata per dimostrare l’esistenza del reato se supportata da altri elementi di prova, anche di natura indiziaria.

La Prescrizione per il Reato di Molestie Olfattive

Il ricorso ha invece trovato parziale accoglimento riguardo al reato di molestie olfattive (art. 674 c.p.). La Corte ha specificato che tale reato assume carattere permanente solo quando le emissioni illecite sono connesse all’esercizio continuativo di un’attività economica e legate al suo ciclo produttivo. Nel caso esaminato, la sentenza di primo grado non aveva accertato la ‘permanente attualità’ dell’attività produttiva in termini tali da generare continue emissioni odorose dopo l’episodio del 30 agosto 2017. Di conseguenza, il reato è stato considerato istantaneo, con consumazione in quella data. Il termine di prescrizione quinquennale era dunque già maturato prima della sentenza di primo grado, portando all’annullamento di questo specifico capo d’imputazione.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati. Anzitutto, la qualificazione di un’immissione come ‘scarico’ dipende dalla presenza di un sistema di convogliamento stabile, non dalla continuità del versamento. In secondo luogo, in assenza di analisi chimiche valide, il giudice può legittimamente fondare il suo convincimento su un complesso di prove diverse, tra cui testimonianze qualificate su percezioni visive e olfattive, unite a elementi logici e indiziari come la tipologia di attività industriale svolta. Infine, la natura permanente di un reato come le molestie olfattive non è automatica ma deve essere accertata in concreto, provando che la condotta illecita si è protratta nel tempo in modo continuo e non si è esaurita in un singolo episodio occasionale.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione per le aziende. Dimostra che la responsabilità penale per reati ambientali può sorgere anche in assenza di una ‘pistola fumante’ scientifica come l’analisi di laboratorio. Un quadro indiziario solido, basato su testimonianze attendibili e riscontri logici, è sufficiente per una condanna. Ciò sottolinea l’importanza di una gestione scrupolosa degli impianti di trattamento e scarico, poiché anche un singolo episodio di malfunzionamento o uso improprio può avere conseguenze penali significative. La prova olfattiva, spesso sottovalutata, si conferma uno strumento valido e potente nelle mani degli organi accertatori.

Uno sversamento di liquidi inquinanti è sempre considerato ‘scarico abusivo’?
No. Si parla di ‘scarico’ quando l’immissione avviene tramite un sistema stabile di collettamento (es. una tubazione, un canale), anche se usato in modo occasionale. Se invece i liquidi vengono semplicemente versati sul suolo senza un sistema di convogliamento, si potrebbe configurare il diverso reato di ‘abbandono di rifiuti liquidi’.

La testimonianza di un agente che ha sentito un forte odore di idrocarburi può bastare per una condanna per inquinamento, anche se le analisi di laboratorio non sono utilizzabili?
Sì. Secondo la sentenza, la cosiddetta ‘prova olfattiva’ è un mezzo di prova legittimo. Se accompagnata da altri elementi indiziari (come osservazioni visive, la natura dell’attività dell’azienda, ecc.), può essere sufficiente a dimostrare la presenza di sostanze inquinanti e a fondare una sentenza di condanna per scarico abusivo.

Il reato di molestie olfattive è sempre considerato permanente?
No, non automaticamente. Secondo la Corte, il reato è permanente solo se le emissioni moleste sono continue e strettamente connesse al normale ciclo produttivo dell’attività economica. Se l’emissione è legata a un episodio isolato e occasionale, come nel caso esaminato, il reato si considera istantaneo e si consuma al momento del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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