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Sanzioni pecuniarie UE: quando l’Italia le riconosce

Una cittadina contesta il riconoscimento in Italia di una multa stradale ricevuta in un altro Stato membro, lamentando la violazione del diritto di difesa. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, stabilendo che il rifiuto di riconoscere le sanzioni pecuniarie UE è una facoltà discrezionale del giudice. La Corte sottolinea che la verifica dei diritti dell’interessato si basa sul certificato ufficiale emesso dallo Stato estero, in ossequio al principio di reciproca fiducia tra i Paesi dell’Unione Europea.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento delle sanzioni pecuniarie UE: la Cassazione fa chiarezza

Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie è un pilastro dell’Unione Europea, ma cosa succede quando un cittadino sostiene di non essere stato informato correttamente di una multa presa all’estero? Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta il tema delle sanzioni pecuniarie UE, delineando i confini del controllo del giudice italiano e il valore del certificato emesso dallo Stato estero.

I fatti di causa

Il caso ha origine dalla decisione della Corte di appello di Torino di riconoscere una sentenza emessa dalle autorità dei Paesi Bassi. Tale sentenza infliggeva una sanzione pecuniaria di 348,00 euro a una cittadina per un’infrazione stradale. La cittadina, tramite il suo legale, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, chiedendo l’annullamento del provvedimento di riconoscimento.

I motivi del ricorso: la presunta violazione del diritto di difesa

La difesa della ricorrente si basava su due motivi principali, entrambi legati alla presunta violazione del diritto di difesa. Si sosteneva che la Corte d’appello non avesse rispettato l’art. 12 del D.Lgs. n. 37/2016. Questa norma prevede dei casi in cui il riconoscimento della sanzione può essere rifiutato, in particolare quando la persona interessata non è stata informata del procedimento e non ha potuto esercitare il proprio diritto di difesa.

La ricorrente affermava di non aver mai ricevuto la notifica della sanzione e che, pertanto, non era stata messa in condizione di opporsi. Secondo la difesa, la Corte d’appello avrebbe dovuto verificare attivamente se la condannata fosse stata effettivamente informata, anziché basarsi unicamente sul certificato trasmesso dall’autorità olandese.

La decisione della Corte sul riconoscimento delle sanzioni pecuniarie UE

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo le censure infondate. I giudici hanno chiarito diversi punti cruciali sulla procedura di riconoscimento delle sanzioni pecuniarie UE.

Le motivazioni

La Corte ha innanzitutto precisato che il rifiuto del riconoscimento, secondo l’art. 12 del D.Lgs. n. 37/2016, è una facoltà discrezionale della Corte d’appello (‘può rifiutare’), non un obbligo. Il mancato esercizio di tale facoltà non costituisce, di per sé, un vizio della sentenza impugnabile in Cassazione.

Il punto centrale della motivazione risiede nel valore del certificato allegato alla richiesta di riconoscimento. La normativa europea e quella nazionale di attuazione stabiliscono che la verifica sul rispetto dei diritti della difesa debba essere operata sulla base di tale certificato, a meno che non risulti palesemente incompleto. Nel caso di specie, il certificato olandese attestava che la persona interessata era stata informata del suo diritto di opporsi al procedimento e dei relativi termini, in conformità con la legislazione dei Paesi Bassi.

La Cassazione ha ribadito che lo scrutinio del giudice italiano non può trasformarsi in un’impugnazione ‘straordinaria’ contro la decisione straniera. Il sistema si fonda sul presupposto del reciproco affidamento tra gli ordinamenti degli Stati membri. Pertanto, il giudice del riconoscimento non ha il potere di sindacare la veridicità di quanto attestato nel certificato, ma solo la sua completezza formale. Eventuali contestazioni sul merito o su presunti errori nelle indicazioni fornite nel certificato devono essere sollevate dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato di emissione, non in Italia.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma la centralità del principio di reciproca fiducia nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea. Per i cittadini, ciò implica che una sanzione pecuniaria ricevuta in un altro Stato membro dell’UE ha piena efficacia anche in Italia. La possibilità di opporsi e far valere le proprie ragioni deve essere esercitata nei modi e nei termini previsti dalla legge dello Stato che ha emesso la sanzione. Il controllo del giudice italiano, in fase di riconoscimento, è limitato alla verifica formale del certificato e non può entrare nel merito della decisione straniera, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

Il giudice italiano deve sempre rifiutare di riconoscere una multa estera se il cittadino afferma di non aver ricevuto la notifica?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il rifiuto è una facoltà discrezionale del giudice e non un obbligo. La decisione si basa principalmente sulle informazioni contenute nel certificato ufficiale trasmesso dallo Stato estero.

Quale valore ha il certificato che accompagna la richiesta di riconoscimento di una sanzione pecuniaria UE?
Il certificato ha un valore fondamentale. Salvo che sia incompleto, il giudice italiano deve fare affidamento su quanto in esso attestato, specialmente per quanto riguarda l’informazione data al cittadino sui suoi diritti di difesa. Non può condurre un’indagine autonoma per verificarne il contenuto.

È possibile contestare la veridicità di quanto scritto nel certificato estero direttamente davanti al giudice italiano?
No. Secondo la sentenza, l’eventuale erroneità delle indicazioni contenute nel certificato deve essere contestata dinanzi all’autorità dello Stato che ha emesso la sanzione. Il giudice italiano può solo valutare se il certificato è completo, non se le informazioni in esso contenute siano corrette nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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