Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38618 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38618 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/02/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 19 febbraio 2024, il Magistrato di sorveglianza di Firenze ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo presentato da NOME avverso quello con cui, il 14 dicembre 2023, il Consiglio di disciplina della Casa circondariale «M. Gozzini» di Firenze gli ha irrogato la sanzione disciplinare dell’esclusione per cinque giorni dalle attività ricreative e sportive.
Ha, in proposito, rilevato che COGNOME ha articolato, con l’impugnazione, censure attinenti esclusivamente al merito della decisione, non consentite in ragione della sanzione applicata.
NOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con cui eccepisce violazione di legge sul rilievo che egli, con il reclamo, ha introdotto una questione di diritto, vedente sulla qualificazione dei fatti accertati – la cui materialità non ha contestato – ai sensi dell’ad. 77, comma 1, n. 21), d.P.R. 30 giugno 2000 e, dunque, sulla sussistenza delle condizioni di esercizio del potere disciplinare.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
Preliminarmente, va attestata – in linea di continuità con il consolidato e condiviso indirizzo della giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. 1, n 38808 del 19/07/2016, COGNOME, Rv. 268119 – 01; Sez. 1, n. 46967 del 16/07/2015, COGNOME, Rv. 26536 – 01; Sez. 1, n. 44572 del 09/12/2010, COGNOME, Rv. 248994 – 01 – l’ammissibilità, in rito, del ricorso per cassazione proposto avverso decreto emesso dal Magistrato di sorveglianza de plano e, dunque, senza la previa instaurazione del contraddittorio.
NOME è stato punito con l’esclusione per cinque giorni dalle attività ricreative e sportive per avere reagito all’aggressione posta in essere ai suoi danni da altro detenuto, al quale è stata, al contempo, irrogata la più severa sanzione dell’esclusione per dieci giorni dalle attività in comune.
Pacifico che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 35-bis, comma 1, 39, comma 1, n. 3, e 69, comma 6, legge 26 luglio 1975, n. 354, il reclamo, nel caso
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di esclusione dalle attività ricreative e sportive, non si estende al merito31 Magistrato di sorveglianza ha ritenuto, nella fattispecie, che la doglianza sottesa all’impugnazione, personalmente redatta dal detenuto, fosse ictu °cui/ manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ed ha, pertanto, provveduto de plano e senza avere previamente instaurato il contraddittorio con il reclamante e l’amministrazione penitenziaria.
Così facendo, si é orientato in applicazione del disposto dell’artt. 69, comma 6, legge 26 luglio 1975, n. 354, che assegna al Magistrato di sorveglianza il compito di provvedere, a norma dell’art. 35-bis, sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti «le condizioni di esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell’organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa», ed in coerenza con il principio, da tempo costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui «In tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., soltanto qualora l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali» (Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018, Focoso, Rv. 273714 – 01; Sez. 1, n. 40974 del 14/10/2011, COGNOME, Rv. 251490 – 01; Sez. 1, n. 277 del 13/01/2000, Angemi, Rv. 215368 – 01).
Ciò posto, eccepisce il ricorrente che, con il reclamo dichiarato inammissibile, egli ha inteso sottoporre alla valutazione del Magistrato di sorveglianza il giudizio formulato dal Consiglio di Disciplina in ordine alla astratta rilevanza penale del comportamento da lui tenuto che, sostiene, avrebbe dovuto essere esclusa per risultare la sua condotta scriminata dalla legittima difesa, cioè per essere stato egli costretto a reagire alla proditoria ed improvvisa aggressione del compagno di detenzione, il quale gli ha, peraltro, arrecato lesioni assai più gravi di quelle derivate dal contegno ascrittog li.
L’obiezione non coglie nel segno perché – a prescindere dal fatto che NOME sviluppò, con il reclamo, considerazioni concernenti l’assenza di sua responsabilità in ordine all’accaduto e, dunque, tipicamente di merito esule dal novero delle questioni deducibili con tale strumento, circoscritte ai profili procedurali ed alla verifica delle condizioni di esercizio del potere disciplinare, che non può ritenersi estesa, come preteso dal ricorrente, al controllo della sussistenza del fatto oggetto di addebito, della
rimproverabilità all’incolpato, dell’inquadramento all’interno di uno degli illeciti tipizzati dall’art. 77 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.
Tanto, vieppiù, in accordo con il granitico indirizzo ermeneutico secondo cui «è inibito al magistrato di sorveglianza, investito di reclamo contro l’irrogazione di una sanzione disciplinare diversa dall’isolamento e dall’esclusione dalle attività in comune, ogni valutazione sul merito della sanzione stessa (Sez. 1, n. 56714 del 06/07/2017, COGNOME, Rv. 271908 – 01; Sez. 1, n. 4776 del 25/01/2011, COGNOME, Rv. 249561 – 01)», in forza di un apparato normativo la cui compatibilità costituzionale è stata pure, a più riprese, ribadita (Sez. 1, n. 21348 del 31/03/2021, Graviano, Rv. 281227 – 01; Sez. 7, n. 10487 del 25/01/2019, COGNOME, Rv. 276351 – 01).
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di NOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, I’ll giugno 2024.