Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29844 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29844 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GIOIA TAURO il 27/04/1945
avverso l’ordinanza del 06/03/2025 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che si riporta alla memoria depositata e conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore, l’avvocato NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Palmi del 16.1.2025, con cui, nei confronti di NOME COGNOME, è stata sostituita la misura degli arresti domiciliari con quella della custodia cautelare in carcere, in relazione al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa – la cosca di ‘ndrangheta Molè di Gioia Tauro – con ruolo di vertice, nonché ad alcuni reati fine di estorsione, aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., reati commessi durante una precedente detenzione domiciliare per associazione mafiosa.
La misura cautelare degli arresti domiciliari era stata applicata per incompatibilità della pluripatologica situazione di salute con la restrizione carceraria, documentata anche in sede di appello cautelare nell’aprile 2022, a seguito di perizia medico-legale; le ragioni della sostituzione con la misura più grave risiedono in un controllo di polizia, da cui era emersa la presenza nell’abitazione, luogo della custodia domiciliare, di otto persone non conviventi.
L’ordinanza del Tribunale in sede di appello cautelare ha dato atto, da un lato, della gravità della violazione al regime cautelare domiciliare (anche analizzando la posizione criminale dei presenti nell’abitazione durante il controllo: la figlia d ricorrente, gravata da provvedimenti di prevenzione e da una condanna per favoreggiamento); dall’altro, della migliorata situazione di salute dell’indagato, con la attuale risoluzione della neoplasia prostatica e la riscontrata assenza, negli ultimi tre anni, di documentazione medica riferita a patologie gravi, come provato anche dalla stessa produzione difensiva.
Inoltre, si è evidenziato che l’amministrazione penitenziaria ha avuto cura di trasferire il ricorrente presso una struttura dotata di centro clinico e repart ospedaliero.
NOME COGNOME ricorre avverso la decisione dell’appello cautelare evidenziando, in un unico motivo di ricorso, un vizio di violazione di legge in relazione alla ritenuta gravità della violazione, senza tener conto del disposto dell’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. (fatto di lieve entità “cautelare”).
Anzitutto, il ricorrente eccepisce che le sue figlie, presenti nella dimora d arresti domiciliari, sono tutte con lui conviventi, al di là della loro mera residen formale, salvo una; ed erano tutte intente a fornire assistenza all’anziano padre, affetto da gravi e numerose patologie, accertate documentalmente.
Quindi, si obietta la circostanza che l’art. 276 cod. proc. pen. intende sanzionare non qualsiasi trasgressione della misura in atto, ma solo quelle
effettivamente offensive; tale non sarebbe la presenza dell’unica figlia non convivente del ricorrente e delle nipoti di questi, uniche persone non conviventi.
Inoltre, si contesta la valutazione di compatibilità della misura carceraria con le condizioni di salute dell’indagato, palesemente sofferente per patologia cardiovascolare grave e carcinoma, come risulta dalla stessa perizia disposta dal Tribunale nel 2022, di fatto confermata.
Il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso con requisitoria scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente al profilo che si preciserà di seguito.
L’argomento di critica che il ricorso dedica alla qualificazione dell’entit della violazione agli obblighi connessi alla misura cautelare degli arresti domiciliari a lui applicata è inammissibile.
Si svolgono deduzioni in fatto, non consentite in sede di legittimità, neppure in materia cautelare (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME, Rv. 276976).
L’ordinanza impugnata ha evidenziato le ragioni per cui ha ritenuto che l’ingresso dei parenti del ricorrente, nell’abitazione ove era ristretto in regime arresti domiciliari, non fosse in alcun modo da potersi considerare legittimo, “tollerabile” in virtù di una evocata giustificazione di “necessità familiare” e affetti.
Altrettanto irrilevanti e inammissibili sono i tentativi di collocare le fi dell’indagato, la presenza delle quali ha integrato la violazione ai sensi dell’art 276 cod. proc. pen., in condizioni di coabitazione di fatto nell’abitazione del padre.
Le obiezioni proposte dalla difesa, tutte concentrate nella sottolineatura della scarsa gravità della trasgressione, posto che le persone estranee al nucleo abitativo stavano solo partecipando ad un pranzo familiare con il padre anziano e malato, risultano anche generiche, nella misura in cui non si confrontano affatto con il dato, valorizzato negativamente dal provvedimento impugnato, non soltanto della durata non momentanea, eccezionale o breve della frequentazione di non conviventi, ma anche e soprattutto della condizione di una delle figlie del ricorrente, la quale è già stata condannata per favoreggiamento reale con
l’aggravante mafiosa ed è la moglie di un autorevole esponente del sodalizio di ‘ndrangheta di riferimento (al momento detenuto).
COGNOME è anche coindagata con il padre nel procedimento in esame ed è sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Le altre due figlie presenti, poi, seguendo le considerazioni dell’ordinanza di appello cautelare, egualmente risulta che abbiano numerosi legami con diversi esponenti della cosca COGNOME, soggetti anche apicali, della cosca COGNOME.
Senza contare, poi, che in casa è stata trovata dalla polizia giudiziaria, nel corso del controllo, anche una persona non parente né affine dell’indagato e che il ricorrente ha tentato di nascondere agli operanti le presenze non consentite, al momento del loro intervento.
La valutazione di rigetto dell’appello cautelare, da parte del Tribunale di Reggio Calabria, è stata ineccepibilmente basata su tali presupposti, tenuto conto della necessità di tutelare le esigenze di salvaguardia della collettività espresse dall’art. 274 cod. proc. pen. attraverso il presidio di maggior rigore restrittivo del libertà personale, adeguato alla pericolosità personale del ricorrente, cui la situazione familiare di connessione con la rete del sodalizio imprime una nuova e preoccupante luce.
Sono fondate, invece, le censure relative alla verifica delle condizioni di compatibilità dell’indagato con la detenzione in carcere.
Il ricorrente è risultato affetto da un grave quadro clinico pluripatologico, che aveva determinato il GIP, in data 15.2.2022, a sostituire la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari.
L’ordinanza impugnata, nel disporre l’aggravamento a seguito della trasgressione agli obblighi inerenti alla misura cautelare domiciliare, dà atto della risoluzione della patologia neoplasica prostatica già nell’autunno del 2022 e dell’assenza di documentazione medica urologica sopravvenuta, così come dell’assenza di referti relativi ad attualizzazioni delle gravi patolog cardiovascolari riscontrate al momento della sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari (ritenute di difficile soluzione, all’ep aggravate dalla sospetta disseccazione dell’arteria iliaca in sede di inserzione protesica, con indicazione chirurgica rinviata per l’altissimo rischio intraoperatorio).
I giudici cautelari hanno desunto le proprie conclusioni di compatibilità dello stato di salute del ricorrente con l’ambiente carcerario di detenzione, traendole dalla mera constatazione dell’assenza di documentazione medica recente, sulla base del fatto che la difesa non aveva presentato alcuna diversa attestazione che
comprovasse attuali condizioni patologiche dell’indagato di segno diverso e tale da far propendere nel senso opposto a quello prescelto, nonchè da una relazione sanitaria pervenuta dalla casa circondariale di Genova al Tribunale, che è stata soltanto molto sinteticamente richiamata nell’ordinanza impugnata.
Le conclusioni, così come rappresentate in motivazione, non sono idonee ad assolvere agli speciali oneri motivazionali richiesti in caso di necessità di dare att della verifica di compatibilità delle condizioni di salute del ristretto con il reg cautelare carcerario, ancorchè, nel caso del ricorrente, egli sia recluso in struttura dotata di adeguato presidio ospedaliero, secondo quanto precisato dai giudici dell’appello cautelare.
In particolare, sconta una significativa quota di assertività la determinazione per la compatibilità delle condizioni patologiche dell’indagato con il carcere, affidata al troppo rapido richiamo argomentativo fatto alla relazione pervenuta dal presidio medico del carcere di Genova – cui poteva eventualmente essere riservato dai giudici maggiore spazio – e dall’assenza di documentazione di tenore diverso proveniente dalla difesa. Soprattutto l’insufficienza motivazionale emerge tenuto conto della situazione di salute fortemente compromessa che aveva imposto la sostituzione della misura nel 2022; una situazione giudicata, all’epoca, molto seria e complessa.
La gravità di quelle risultanze doveva essere superata attraverso uno sforzo di indagine ulteriore da parte del Tribunale, acquisendo ulteriori elementi diagnostico-specialistici o eventualmente dando atto con maggiore precisione di quanto contenuto nella relazione medica di attualizzazione delle condizioni patologiche del ricorrente o, magari, disponendo una rinnovata perizia medica se necessario.
Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, per colmare il deficit motivazionale riscontrato, eventualmente all’esito di un approfondimento conoscitivo nel senso già illustrato.
Resta inteso che, ovviamente, i giudici cautelari saranno liberi di confermare o meno la scelta per la misura custodiale in carcere, con l’unico obbligo, derivante dal vincolo di rinvio, di evitare i medesimi vizi argomentativi già indicati.
4.1. Deve essere disposto, altresì, che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003, in quanto impost dalla legge.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio
Calabria.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1 ter, disp. at cod. proc. pen.
In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del d. Igs. 196 del 2003 in quanto imposto dalla
legge.
Così deciso il 03/06/2025.