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Rito direttissimo: l’assenza non ferma il processo

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’assenza dell’imputato non impedisce la celebrazione del rito direttissimo. Un tribunale aveva convalidato un arresto ma restituito gli atti al PM a causa dell’evasione dell’arrestato. La Suprema Corte ha annullato questa decisione, definendola abnorme e una violazione del principio di irretrattabilità dell’azione penale, confermando che il processo deve proseguire.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rito Direttissimo: L’Assenza dell’Imputato Non Blocca il Processo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 230/2024, ha riaffermato un principio cruciale in materia di procedura penale: l’assenza dell’imputato non costituisce un ostacolo alla celebrazione del rito direttissimo. Questa pronuncia chiarisce i limiti del potere del giudice nella fase successiva alla convalida dell’arresto e sottolinea la natura non negoziabile della scelta processuale del Pubblico Ministero.

I Fatti: Arresto Convalidato ma Processo Sospeso

Il caso nasce da un ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Il Tribunale, in composizione monocratica, aveva convalidato l’arresto in flagranza di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Tuttavia, contestualmente alla convalida, il giudice aveva deciso di non procedere con il giudizio direttissimo. La ragione? L’arrestato, che era stato posto ai domiciliari, si era reso irreperibile, evadendo. Di conseguenza, il giudice aveva restituito gli atti al Pubblico Ministero (PM) per il prosieguo, bloccando di fatto la procedura accelerata.

Il Ricorso del PM e l’Abnormità del Provvedimento

Il Pubblico Ministero ha impugnato tale ordinanza davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che fosse illegittima e, soprattutto, ‘funzionalmente abnorme’. Secondo il ricorrente, la decisione del Tribunale di restituire gli atti dopo la convalida dell’arresto si poneva in netto contrasto con l’articolo 558 del codice di procedura penale, il quale prevede che, se l’arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio. Tale restituzione, inoltre, causava una regressione indebita del procedimento alla fase delle indagini preliminari, violando il principio di irretrattabilità dell’azione penale già esercitata dal PM con la richiesta di rito direttissimo.

La Decisione della Cassazione sul rito direttissimo

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso del PM, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici hanno ribadito la loro consolidata giurisprudenza che considera abnorme un provvedimento che, dopo la convalida, restituisce gli atti al PM invece di procedere al giudizio direttissimo.

L’Irretrattabilità dell’Azione Penale

La richiesta di giudizio direttissimo è una forma di esercizio dell’azione penale. Il giudice, in questa fase, deve limitarsi a verificare la sussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge (come la flagranza di reato), senza poter sindacare l’opportunità o la convenienza della scelta operata dall’accusa.

L’Assenza dell’Imputato non è un Ostacolo

Il punto centrale della sentenza è che la presenza fisica dell’imputato non rientra tra i presupposti necessari per la celebrazione del giudizio direttissimo. Anzi, la legge prevede espressamente la compatibilità di questo rito con lo stato di libertà dell’imputato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che subordinare lo svolgimento del rito alla presenza dell’imputato creerebbe un paradosso. Permetterebbe all’imputato stesso di ‘vanificare’ la scelta processuale del PM semplicemente rifiutando di presentarsi in udienza. Questo comportamento, soprattutto se derivante da una condotta illegittima come l’evasione, non può tradursi in un vantaggio processuale. La restituzione degli atti al PM, in un caso del genere, rappresenta una regressione anomala e non consentita del procedimento, configurando un’ipotesi di abnormità funzionale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza n. 230/2024 rafforza la stabilità dell’azione penale e l’efficienza del rito direttissimo. Stabilisce in modo inequivocabile che la scelta del rito da parte del PM, una volta verificati i presupposti legali, è vincolante per il giudice. L’assenza o l’evasione dell’imputato non possono diventare strumenti per eludere la giustizia o per rallentare il corso del processo. I giudici del merito, una volta convalidato l’arresto, devono procedere al giudizio, anche in assenza dell’imputato, garantendo così la prosecuzione del procedimento senza interruzioni o regressioni ingiustificate.

L’assenza dell’imputato arrestato impedisce la celebrazione del rito direttissimo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’assenza dell’imputato, anche se illegittima come in caso di evasione, non è un presupposto ostativo alla celebrazione del giudizio direttissimo.

Cosa significa che un provvedimento del giudice è ‘abnorme’?
Un provvedimento è abnorme quando, pur essendo emesso da un giudice competente, provoca un’indebita regressione del procedimento a una fase precedente (come dalle fasi processuali a quelle delle indagini preliminari) o una sua stagnazione, al di fuori dei casi previsti dalla legge.

Può il giudice rifiutare di procedere con il rito direttissimo dopo aver convalidato l’arresto?
No. Una volta convalidato l’arresto, il giudice deve procedere immediatamente al giudizio direttissimo come richiesto dal Pubblico Ministero, a meno che lo stesso PM non chieda un termine per le indagini. Il giudice non può sindacare l’opportunità di tale rito né restituire gli atti al PM per motivi non previsti dalla legge, come l’assenza dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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