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Rito cartolare: ritardo comunicazioni non è nullità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28505/2025, ha stabilito che nel rito cartolare d’appello, il ritardo nella comunicazione delle conclusioni del Procuratore Generale alla difesa non costituisce motivo di nullità se l’imputato non dimostra un pregiudizio concreto ed effettivo al proprio diritto di difesa. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rito Cartolare: il Ritardo nella Comunicazione delle Conclusioni non Causa Nullità

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha fornito un importante chiarimento sulla disciplina del rito cartolare nel processo penale d’appello, stabilendo un principio fondamentale: una violazione procedurale non comporta automaticamente la nullità della sentenza se non viene provato un danno effettivo al diritto di difesa. Questo caso analizza la situazione in cui le conclusioni del Procuratore Generale vengono comunicate in ritardo alla difesa dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso per cassazione presentato dalla difesa di un imputato, condannato in primo grado e in appello per i delitti di cui agli artt. 633 e 639 bis c.p. Il fulcro del ricorso non riguardava il merito della condanna, ma una presunta violazione delle norme processuali.

La difesa lamentava che la Corte d’Appello avesse rigettato la sua richiesta di rinvio dell’udienza. Il punto cruciale era che le conclusioni scritte del Procuratore Generale, datate 6 marzo 2025, erano state comunicate alla difesa solo il 10 marzo 2025, ovvero appena tre giorni prima dell’udienza fissata per il 13 marzo. A quella data, il termine di cinque giorni prima dell’udienza, previsto per il deposito delle conclusioni difensive, era già scaduto. La difesa sosteneva che questa tardiva comunicazione avesse leso il diritto al contraddittorio e, di conseguenza, il diritto di difesa.

L’Analisi della Corte sul Rito Cartolare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati. Per comprendere la decisione, è essenziale analizzare il quadro normativo del rito cartolare applicabile al caso. La disciplina, prevista dall’art. 23-bis del D.L. n. 137/2020, stabilisce che il processo d’appello si svolga in camera di consiglio senza l’intervento delle parti, a meno che una di esse non faccia esplicita richiesta di discussione orale entro un termine perentorio.

Nel caso di specie, nessuna parte aveva richiesto la discussione orale. La Corte ha chiarito che una semplice istanza di rinvio non può essere interpretata come una richiesta implicita di trattazione orale. Di conseguenza, il procedimento si è correttamente svolto secondo le modalità del rito cartolare.

La Questione dei Termini Processuali

Il cuore della controversia riguardava la natura dei termini per lo scambio delle conclusioni scritte. La legge prevede che il Procuratore Generale depositi le sue conclusioni entro il decimo giorno precedente l’udienza e la difesa entro il quinto. La Corte di Cassazione, richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, ha ribadito che questi termini hanno natura ordinatoria e non perentoria.

La distinzione è cruciale: il mancato rispetto di un termine perentorio comporta la decadenza dal diritto di compiere l’atto, mentre la violazione di un termine ordinatorio non produce, di per sé, alcuna nullità. La nullità può verificarsi solo se dalla violazione deriva una lesione concreta ed effettiva del diritto di difesa.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un principio cardine del diritto processuale: la necessità di dimostrare un pregiudizio concreto. La difesa, per ottenere l’annullamento della sentenza, non può limitarsi a lamentare la mera irregolarità procedurale, ma deve specificare in che modo tale irregolarità abbia inciso negativamente sulle sue prerogative difensive, compromettendo l’esito del giudizio.

Nel caso specifico, la difesa aveva già depositato le proprie conclusioni scritte in via autonoma il 4 marzo 2025, prima ancora di ricevere quelle del Procuratore Generale. Questo fatto è stato decisivo per la Corte. Avendo la difesa già articolato le proprie argomentazioni, non poteva sostenere di aver subito un danno dalla conoscenza tardiva delle conclusioni dell’accusa. Non è stato dimostrato, né anche solo allegato, come la conoscenza tempestiva delle argomentazioni del P.G. avrebbe potuto modificare le conclusioni difensive già depositate o influenzare diversamente la decisione dei giudici.

In sostanza, l’inversione della scansione processuale (con la difesa che ha concluso prima del P.G.) non ha inciso sulle prerogative difensive, poiché la difesa aveva avuto piena facoltà di esporre le proprie ragioni. La Cassazione ha quindi escluso la sussistenza di profili di nullità.

Le conclusioni

La sentenza rafforza il principio secondo cui le nullità processuali non sono uno strumento meramente formale, ma sono poste a presidio di diritti sostanziali. Per far valere una nullità derivante da un’irregolarità, come il ritardo nella comunicazione di un atto, è indispensabile dimostrare il cosiddetto “interesse ad agire”, ovvero provare che la violazione ha causato un pregiudizio reale e tangibile. Senza questa prova, il ricorso basato su vizi procedurali è destinato all’inammissibilità. Questa decisione offre una guida chiara agli operatori del diritto: l’attenzione deve essere sempre focalizzata sulla sostanza dei diritti e non solo sulla forma degli atti.

Un ritardo nella comunicazione delle conclusioni del Procuratore Generale nel rito cartolare rende nullo il processo?
No, secondo la Corte di Cassazione, il ritardo non causa automaticamente la nullità del processo. I termini per il deposito delle conclusioni sono ordinatori e non perentori. La nullità si verifica solo se la parte che la eccepisce dimostra di aver subito un pregiudizio concreto ed effettivo al proprio diritto di difesa a causa di tale ritardo.

Cosa deve dimostrare la difesa per ottenere l’annullamento della sentenza in caso di ritardo processuale?
La difesa deve dimostrare in modo specifico come il ritardo procedurale abbia effettivamente leso il suo diritto di difesa. Non è sufficiente lamentare un generico pregiudizio, ma occorre dedurre un’incidenza effettiva delle conclusioni tardive sull’esito del giudizio, cosa che nel caso di specie non è stata provata.

Una richiesta di rinvio dell’udienza equivale a una richiesta di discussione orale nel rito cartolare?
No. La Corte ha specificato che la richiesta di discussione orale deve essere formulata esplicitamente per iscritto entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza. Una semplice istanza di rinvio non può essere considerata come una richiesta implicita di trattazione orale e non è sufficiente per convertire il rito da cartolare a partecipato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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