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Rito cartolare: appello inammissibile se errato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per furto. Il caso verteva su due questioni procedurali: l’errata contestazione del rito cartolare applicato in appello secondo la normativa emergenziale e la presunta mancanza di riscontri alle dichiarazioni della persona offesa. La Corte ha stabilito che la normativa speciale pandemica, e non quella ordinaria, regolava correttamente il processo. Inoltre, ha confermato che la condanna si basava su molteplici elementi di prova e non solo sulla testimonianza della vittima, rendendo il ricorso manifestamente infondato.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rito Cartolare e Normativa Pandemica: Quando l’Appello è Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla corretta applicazione del rito cartolare nei giudizi d’appello, specialmente in relazione alla normativa transitoria introdotta durante il periodo pandemico. La decisione sottolinea come un errore nell’invocare la norma procedurale corretta possa portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, evidenziando la necessità di un’attenta analisi del quadro normativo vigente al momento dell’impugnazione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per furto con strappo. L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado sulla base di diversi elementi. La persona offesa, dopo aver sporto querela e riconosciuto l’autore del reato, si era resa irreperibile durante il dibattimento. Le sue dichiarazioni iniziali erano state comunque acquisite agli atti del processo. La condanna si fondava non solo su tali dichiarazioni, ma anche su riscontri esterni, come l’analisi dei tabulati telefonici del cellulare sottratto, che ne avevano permesso il ritrovamento.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Violazione delle norme procedurali: Si lamentava che la Corte d’Appello avesse celebrato il processo con il rito cartolare, nonostante l’imputato, detenuto per altra causa, avesse chiesto di presenziare. Secondo la difesa, ciò violava l’articolo 598-bis del codice di procedura penale.
2. Vizio di motivazione e violazione di legge: Si contestava la valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, ritenute non sufficientemente corroborate da altri elementi di prova, in violazione dell’articolo 526, comma 1-bis, del codice di procedura penale.

La Disciplina del Rito Cartolare: La Decisione della Corte

La Cassazione ha respinto il primo motivo, definendolo manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che il procedimento d’appello non era regolato dalla norma ordinaria (art. 598-bis c.p.p.), bensì dalla legislazione speciale emanata per fronteggiare l’emergenza pandemica (in particolare, l’art. 23-bis del D.L. n. 137/2020).

Questa normativa, ancora in vigore per le impugnazioni proposte fino al 30 giugno 2024, prevedeva che le udienze d’appello si svolgessero di regola in camera di consiglio senza l’intervento delle parti. La partecipazione orale o la presenza dell’imputato erano subordinate a una specifica richiesta da formulare per iscritto entro un termine perentorio di quindici giorni prima dell’udienza. Nel caso di specie, la difesa aveva invocato una norma non applicabile al procedimento, omettendo di seguire la procedura corretta prevista dalla legge speciale. Di conseguenza, la scelta della Corte d’Appello di procedere con il rito cartolare è stata ritenuta legittima.

La Valutazione della Prova e la Genericità del Motivo

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per genericità. La Suprema Corte ha osservato che la difesa non aveva mosso un’efficace critica alla motivazione della sentenza d’appello nel suo complesso. La decisione di condanna, infatti, non si basava esclusivamente sulla querela della persona offesa, ma su un insieme di prove convergenti: il riconoscimento fotografico, l’analisi dei tabulati telefonici e la querela stessa, la cui acquisizione non era stata contestata dalla difesa a tempo debito. Poiché il ricorso si concentrava solo su un aspetto della prova, senza confrontarsi con gli altri elementi che la Corte territoriale aveva posto a fondamento della sua decisione, il motivo è stato considerato generico e, pertanto, inammissibile.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due principi cardine. In primo luogo, ha riaffermato la prevalenza della legge speciale su quella generale: la normativa emergenziale, sebbene transitoria, ha stabilito una procedura specifica per le udienze d’appello che le parti erano tenute a rispettare. Contestare la procedura basandosi su una norma non applicabile rende il motivo di ricorso manifestamente infondato. In secondo luogo, ha ribadito il requisito della specificità dei motivi di ricorso. Non è sufficiente contestare un singolo elemento probatorio; è necessario confrontarsi con l’intera architettura motivazionale della sentenza impugnata. Se la condanna si regge su plurimi elementi, l’omessa contestazione di anche uno solo di essi può rendere il ricorso generico e quindi inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto sull’importanza di verificare attentamente la normativa procedurale applicabile, specialmente in periodi di transizione legislativa. L’errata individuazione della norma di riferimento può precludere l’esame nel merito dell’impugnazione. Inoltre, viene confermato il principio secondo cui una condanna è legittima se fondata su una valutazione complessiva e logica di tutti gli elementi di prova disponibili, e che un ricorso in Cassazione deve essere formulato in modo specifico, attaccando il ragionamento del giudice di merito nella sua interezza e non in modo parziale o astratto.

Perché il ricorso sulla gestione del rito cartolare è stato respinto?
Il ricorso è stato respinto perché la difesa ha erroneamente contestato la violazione della procedura ordinaria (art. 598-bis c.p.p.), mentre il processo era correttamente regolato dalla legislazione speciale pandemica (art. 23-bis D.L. 137/2020), che prevedeva il rito cartolare come regola e richiedeva una specifica richiesta scritta per la partecipazione, che non è stata fatta secondo le modalità previste.

Una condanna può basarsi sulle sole dichiarazioni di una vittima non esaminata in dibattimento?
No, e infatti in questo caso la condanna non si basava solo su quello. La Corte ha chiarito che le dichiarazioni della persona offesa, acquisite tramite la querela, erano state pienamente corroborate da altri elementi di prova, come il riconoscimento fotografico e l’analisi dei tabulati telefonici, che insieme fornivano un quadro probatorio solido.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Un motivo di ricorso è considerato ‘generico’, e quindi inammissibile, quando non si confronta specificamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata. Nel caso specifico, la difesa ha criticato l’uso delle dichiarazioni della vittima senza però contestare gli altri elementi di prova (tabulati, riconoscimento) su cui la Corte d’Appello aveva basato la condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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