Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6266 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6266 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME nato il 04/04/1961 dalla parte civile COGNOME NOME nato a CATANIA il 04/03/1997 nel procedimento a carico di: COGNOME nato a ACIREALE il 05/06/1953 COGNOME nato a ACIREALE il 02/03/1963 COGNOME nato a ACIREALE il 16/11/1959
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello;
letta la memoria del difensore delle parti civili NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; letta la memoria del difensore della parte civile NOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
letta la memoria del difensore di COGNOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o comunque per il rigetto del ricorso;
letta la memoria del difensore di NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o che sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Catania il 31 gennaio 2022 aveva assolto COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME COGNOME dall’imputazione loro ascritta per non aver commesso il fatto.
Gli imputati erano incolpati del reato di omicidio colposo previsto dagli artt. 40, comma 2, 113 e 589 cod. pen. in cooperazione tra loro, per negligenza, imperizia e imprudenza, segnatamente: il primo nella qualità di Direttore dell’Area Servizi Tecnici Pianificazione e Gestione del territorio di Acireale, i secondo quale Sindaco pro – tempore, responsabile dell’adozione dei provvedimenti contingibili e urgenti in caso di preavviso di calamità naturale, per aver consentito lavori di urbanizzazione da parte di utenti privati nonché da parte del Comune stesso senza adottare, seppur sollecitati ripetutamente dalla locale Prefettura e dal Genio civile, alcuna valutazione sui rischi che la presenza del corso fluviale poteva comportare per incolumità pubblica, e per non essere intervenuti sullo stato esistente per eliminare le condizioni di rischio o limitarn le conseguenze; il terzo quale Comandante della Polizia Municipale di Acireale, unitamente ai primi due, per aver omesso di evidenziare, nelle rispettive qualità e secondo le rispettive competenze, all’utenza pubblica con idonea segnalazione di pericolo la presenza del torrente Lavinaio – Platani, defluente in parallelo alla INDIRIZZO e ortogonalmente alla INDIRIZZO, quest’ultima costituente vero e proprio sbarramento artificiale al corso, e per avere omesso di adottare le necessarie misure di sicurezza tali da impedire l’accesso alla predetta via in caso di precipitazioni atmosferiche e comunque di predisporre adeguati interventi di protezione della predetta INDIRIZZO in caso di tracimazione delle acque; con tali condotte cagionando il decesso di NOME che, trovandosi in sosta a bordo del proprio ciclomotore lungo la INDIRIZZO, era stato travolto dal corso del torrente che, ingrossatosi a seguito di improvvisa pioggia e ostacolato dalla presenza della INDIRIZZO, era tracimato, invadendo l’arteria predetta, non protetta da alcun sistema di contenimento. In Acireale il 21 settembre 2013. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il fatto è stato così ricostruito: il pomeriggio del 21 settembre 2013 NOME COGNOME si trovava in sosta a bordo di un ciclomotore sul percorso che inizia da INDIRIZZO e giunge a un capannone industriale sito a circa trecento metri dall’imbocco, tratto denominato INDIRIZZO; l’accesso a tale strada da INDIRIZZO era libero, non vi era segnaletica stradale né indicazione di presenza del torrente; il tratto mancava di illuminazione; anche la INDIRIZZO era aperta al traffico; dalle ore 17:00 fino al momento del fatto, ossia per circa un’ora, non
vi fu pioggia o comunque si sarebbe trattato di pioggia lieve; a un certo punto, all’improvviso, si era sentito un boato ed era arrivata una piena d’acqua molto violenta che, nel giro di pochi istanti, aveva allagato completamente l’intero alveo del torrente, trascinando con sé tutti i mezzi ivi presenti, tra i quali ciclomotore del Castro, rinvenuto poi sul lato sinistro del torrente in un punto prossimo a quello di sosta, mentre la persona era andata dispersa; la quantità e irruenza dell’acqua aveva imposto ad alcuni dei presenti di abbandonare le auto e di ricevere soccorsi; NOME COGNOME era stato rinvenuto in mare, al largo di Siracusa, il 2 ottobre 2013.
3. La Corte di appello, investita con impugnazione delle sole parti civili, ha rilevato che gli appellanti si dolevano del fatto che l’area compresa tra la INDIRIZZO e la INDIRIZZO fosse sprovvista di idonea segnaletica di pericolo in prossimità del torrente e che non fossero stati predisposti misure di sicurezza ostative all’accesso al torrente nè adeguati interventi di protezione in caso di precipitazioni atmosferiche, di competenza degli imputati. Ha ritenuto, poi, che le censure difensive riguardassero esclusivamente la condotta omissiva concernente l’omessa segnalazione di pericolo in prossimità del torrente Lavinaio
Il giudice di appello ha ritenuto che, essendosi posto NOME a bordo del ciclomotore in sosta sul letto del torrente, la conformazione del luogo ne rendesse evidente la sua pericolosità, desumibile dalla conformazione dei muri di margine, dalla presenza di detriti fluviali su un lato del tracciato e dall visibilità dell’opera idraulica sottostante il ponte di INDIRIZZO. E, considerato che la pericolosità del luogo si sarebbe potuta apprezzare come fattore causale e giuridicamente rilevante solo nei confronti di chi non ne avesse conoscenza o di chi, pur conoscendola, si fosse trovato nelle condizioni di doverlo necessariamente affrontare, ha ritenuto che la vittima si sia avventurata liberamente e volontariamente per uno scopo personale. Tale autodeterminazione è stata qualificata come condotta altamente imprudente e rischiosa costituente, ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. pen., una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
4. COGNOME COGNOME e COGNOME, quali parti civili, propongono ricorso avverso tale pronuncia deducendo, con unico motivo, violazione degli artt. 41, comma 2, 113 e 589 cod. pen. nonchè manifesta illogicità della motivazione. La difesa deduce che non possa ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento il comportamento negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui, la quale abbia posto in essere le premesse su cui si innestano il suo errore o la sua condotta negligente. La
decisione della Corte territoriale, si assume, non ha fondamento giuridico laddove, travisando il principio dettato dall’art. 41, comma 2, cod. pen., lo applica erroneamente alla condotta della vittima, ritenendo che NOME si sia avventurato liberamente e volontariamente per uno scopo personale, dando per scontato che conoscesse effettivamente la pericolosità dei luoghi. Indipendentemente dai motivi per i quali la vittima si sia trovata lì quel tragico giorno, si assume, ciò che conta è che egli abbia potuto accedere liberamente alla INDIRIZZO senza che venisse segnalata la pericolosità dei luoghi, la presenza di un torrente. Il paradosso della sentenza è che la vittima avrebbe dovuto prevedere l’evento mentre gli imputati, conoscitori dei luoghi e comunque vincolati a predisporre e approntare le misure di sicurezza per tutelare i cittadini, non potevano prevederlo. Ove le cause sopravvenute siano prevedibili, il soggetto non potrà ritenersi esente da responsabilità, mentre per affermare che esse siano state da sole sufficienti a causare l’evento bisogna valutarne la atipicità ed eccezionalità; la Corte territoriale non ha compiuto alcun giudizio a tale proposito, limitandosi ad affermare che la condotta della vittima è stata imprudente e negligente. Tale imprudenza non esclude, in ogni caso, la responsabilità degli imputati, che erano nella posizione di poter evidenziare all’utenza pubblica con idonea segnalazione di pericolo la presenza del torrente Lavinaio – Platani e di adottare misure di sicurezza tali da impedire l’accesso alla via in caso di precipitazioni atmosferiche e di predisporre adeguati interventi di protezione della via in caso di tracimazione delle acque. Se, all’epoca, gli ingressi fossero stati inibiti all’accesso di qualsiasi mezzo e se fossero state installate apposite segnaletiche che indicavano il pericolo, è certo che la vittima non si sarebbe introdotta in quel luogo e non avrebbe perso la vita. L’impugnata sentenza ha omesso di motivare in ordine agli argomenti prospettati dalle parti civili nell’atto di appello, senza compiere alcuna valutazione delle dichiarazioni dei testimoni presenti sui luoghi, i quali hanno riferito che quel tratto di strada anche asfaltato, era perfettamente percorribile e privo di indicazioni stradali relative ai divieti di accesso e di segnalazioni della presenza di un corso d’acqua o possibile pericolo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato memoria/ deducendo l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto propositiva di censure già sottoposte al giudice di appello e motivatamente respinte e di censure volte a sindacare la ricostruzione del fatto. Ritiene essersi formato giudicato interno sull’accertamento che il Comune di Acireale non avesse competenza di diritto né poteri di fatto per interventi precauzionali interni al torrente Lavinaio-Platan suscettibili di incidere sul rischio idrico. Secondo la difesa) all’epoca dei fatti no
esisteva più la INDIRIZZO e l’unica amministrazione competente sul luogo dei fatti era il Genio civile, circostanze non messe in discussione dai ricorrenti. Ulteriore assunto incontrastato sono le condizioni meteo del giorno dell’evento, non segnalati nel bollettino meteorologico sulla cui base si attiva il sistema di Protezione Civile, così da non essere previsto né necessario alcun atto sindacale relativo a interventi di Protezione Civile. In ogni caso, la segnalazione della presenza del torrente non rientra tra le attribuzioni del Sindaco. L’assenza di pioggia avrebbe reso, con giudizio ex ante, del tutto irrilevante e priva di attitudine a mutare le determinazioni del Castrox la segnaletica indicante la presenza del torrente e un rischio connesso a precipitazioni. Trattasi, in ogni caso, si assume, di attività rispetto alle quali non sussiste la posizione di garanzia del Sindaco. Ha concluso per 1″inammissibilità o per il rigetto del ricorso.
6. Il difensore di COGNOME NOME ha depositato memoria )deducendo che il ricorso tende a ottenere una rivisitazione delle risultanze processuali reiterando censure già ampiamente analizzate nelle fasi di merito e respinte sul lato fattuale comprovante la piena riconoscibilità del luogo teatro del fatto come tracciato di un torrente anche in assenza di specifica segnalazione. L’ing. COGNOME, all’epoca dei fatti Direttore Area Servizi Tecnici, Pianificazione e Gestione del territorio, non aveva competenza in ordine all’apposizione della segnaletica stradale né in merito all’adozione di misure di sicurezza per accedere al torrente, ma il ricorso, accomunando le posizioni degli imputati, risulta generico e non tiene conto della successione dei fatti accertata dal giudice di merito. Ha concluso perché il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.
7. La difesa di NOME COGNOME ha depositato memoria, deducendo che il ricorso ripropone le medesime questioni di merito contenute nell’atto di appello e mira, sostanzialmente, a sindacare la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di merito secondo un percorso logico argomentativo chiaro e inoppugnabile. La Corte di appello ha ricondotto l’evento alla condotta imprudente e negligente della vittima e, con riguardo alle misure di sicurezza tali da impedire l’accesso alla via in caso di precipitazioni atmosferiche, ha accertato che l’evento atmosferico in riferimento non era stato in alcun modo segnalato nel bollettino meteorologico. La valutazione delle risultanze istruttorie ha condotto i giudici di merito a ritenere che non fosse possibile rilevare l’imminenza del pericolo di allagamento, insorto per evento atmosferico non graduale ma concentrato e improvviso, per cui non vi sarebbe stato modo né tempo per il COGNOME di porre in essere qualsivoglia condotta funzionale a predisporre eventuali misure di
di sicurezza ostative all’accesso al torrente. All’interno del Corpo di Polizia Municipale di Acireale erano state individuate, con determina del comandante, figure specifiche per il pronto intervento in caso di necessità. Ha concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso.
Le parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato comparsa conclusionale ) insistendo per l’accoglimento del ricorso. La parte civile NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha dedotto la sussistenza nella sentenza impugnata di lacune motivazionali e malgoverno della disciplina di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen. Ritiene che – a fronte della situazione di incertezza connessa al persistente uso promiscuo della INDIRIZZO, quale area prospiciente il corso del torrente (che, come tale, avrebbe dovuto essere del tutto preclusa all’accesso di uomini e mezzi, in considerazione delle tracimazioni verificatesi nel passato) e, nel contempo, quale strada di fatto pubblica – fosse formulabile un giudizio di prevedibilità della piena in capo al Comune di Acireale, tale da determinare il sorgere di una posizione di garanzia in capo ai funzionari dello stesso e, quindi, il dovere di’ attivarsi con apposizione di segnaletica di pericolo adeguata, ovvero mediante divieto di accesso alla INDIRIZZO
A tale conclusione giunge sul presupposto della prova che la c.d. INDIRIZZO, pur avendo una qualificazione incompatibile con tale funzione in quanto parte integrante del torrente, continuasse di fatto ad essere utilizzata in funzione viaria con accesso da parte di chi, a seconda dei casi, la utilizzava come parcheggio o, più avanti, per fermarsi in modo appartato, o ancora per accedere a insediamenti posti lungo il percorso della stessa via (p. 16 della sentenza di primo grado). Vi era stata la bitumazione di INDIRIZZO ad opera del Comune agli inizi degli anni ’90, “a uso degli insediamenti che su di essa si aprivano” (p. 12). Ciò anche in considerazione del mancato completamento dei lavori di rinaturalizzazione del letto del torrente da parte del Genio Civile, tema in effetti non apprezzato correttamente dalla Corte territoriale, nonostante formasse oggetto di specifica doglianza. Inoltre, dal 1992 erano stati apposti da parte del Comune, proprio in considerazione dei frequenti allagamenti della INDIRIZZO, ai due punti di imbocco della INDIRIZZO (dalla quale si accede alla INDIRIZZO), cartelli di divieto di circolazione in caso di pioggia, con pannello integrativo di allagamento, che avrebbero svolto – secondo il giudice di primo grado – anche il ruolo di “impedire l’accesso da quella via anche al letto del torrente e alla INDIRIZZO che ad esso era sovrapposta, in caso di pericolo per
eventi atmosferici avversi”. E tale segnaletica era rimasta intatta anche a fronte dell’esclusione della INDIRIZZO dalla rete viaria del Comune a causa del suo assorbimento nell’alveo del torrente. A conferma della consapevolezza da parte del Comune della pericolosità della zona in esame, depongono, secondo il Procuratore generale, oltre ai cartelli di cui sopra, una serie di prove specificamente indicate.
Il Procuratore generale ritiene che la decisione impugnata, nel confermare t 12, lie , l’esito assolutorio del GLYPH di primo grado, abbia individuato le questioni coperte da giudicato interno, in quanto non proposte in appello, in maniera erronea in quanto, secondo la sintesi dei motivi di appello, pare che oggetto dell’impugnazione fosse anche l’omessa predisposizione di “misure di sicurezza ostative all’accesso al torrente e adeguati interventi di protezione in caso di precipitazioni atmosferiche che avrebbero dovuto adottare gli imputati” .
Con riguardo alla prevedibilità dello specifico rischio, poi concretizzatosi al momento del fatto, da parte del Comune e, nel contempo, 1la configurabilità del potere-dovere dello stesso di attivarsi con l’apposizione di adeguata segnaletica, ovvero impedendo l’accesso alla c.d. INDIRIZZO il Procuratore sostiene che non sembra corretta l’affermazione che, trattandosi di area che insisteva nell’alveo del torrente ed era stata pertanto allo stesso accorpata, ogni intervento sulla medesima area alla data del fatto spettasse esclusivamente al Genio Civile, atteso l’uso effettivo della via (Sez. 4, 09/02/2023, n.10105) per cui, a fronte della generica pericolosità in sé della zona e del ciononostante libero accesso alla stessa, sarebbe stata doverosa la cautela di apporre specifica segnalazione di pericolo, avente a oggetto la natura di tratto di torrente della INDIRIZZO. Nega rilevanza alla conoscibilità da parte del Castro – al pari delle altre persone che utilizzavano la INDIRIZZO a vario titolo come strada, pur non essendo ciò consentito in considerazione della natura di torrente della stessa della pericolosità di trattenersi nella zona in esame.
Nel caso di specie era prevedibile l’improvviso verificarsi di inondazioni in una zona – come quella in esame – già interessata da eventi della stessa classe e che non avrebbe potuto/dovuto essere utilizzata come sede stradale accessibile a una pluralità indeterminata di persone (a prescindere dallo scopo che ne abbia determinato l’uso). Sul punto la sentenza di primo grado, si assume, si è uniformata al parametro del peculiare giudizio di prevedibilità di eventi o calamità naturali, in caso di intervento del servizio di protezione civile, i relazione alle quali si è precisato ripetutamente che non basta considerare le esperienze passate. Ha concluso per l’annullamento con rinvio al giudice civile in grado di appello competente per valore.
10. Il difensore di NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte deducendo, in replica alla requisitoria del Procuratore generale, che i ricorrenti si sono limitati a censurare le statuizioni concernenti l’omessa segnalazione di pericolo in prossimità del torrente Lavinaio, essendo coperti dal giudicato interno la ricostruzione degli eventi e dei luoghi del fatto, l’incidenza dello stato de luoghi sul verificarsi della piena e i poteri dell’amministrazione comunale in ordine ai luoghi del fatto. Contesta la persistenza sui luoghi di un percorso ad uso promiscuo, essendo all’epoca dei fatti intervenuta una trasformazione -radicale del luogo come descritto dal tribunale tale da segnare la cessazione della destinazione a uso promiscuo del torrente. Deduce come inconferente il richiamo della Procura Generale alla sentenza n. 10105 del 9 febbraio 2023, in quanto inerente a una situazione fattuale del tutto diversa in cui il percorso interessato era destinato alla circolazione di una collettività indistinta di pedoni veicoli e animali ai fini della fruizione di strutture di uso collettivo. Il Tribunal accertato che l’incompleta realizzazione dell’opera progettata dal Genio Civile ha consentito l’effetto di allagamento dell’area nella quale si trovava la vittima al momento della violenta precipitazione atmosferica, escludendo ogni competenza di diritto o poteri di fatto del Comune di Acireale per interventi precauzionali interni al torrente. Non è stato provato che le autorità comunali fossero a conoscenza del fatto che la peculiare conformazione dei luoghi progettata e realizzata dal Genio Civile nel 2000 potesse consentire l’accesso all’alveo del fiume, rimanendo indinnostrato che le autorità comunali e il sindaco fossero a conoscenza della pericolosità dei luoghi. Gli eventi del passato si sono verificati prima del 2000, ossia prima della realizzazione del progetto di sistemazione idraulica a opera del Genio civile, e la mancata conoscenza della pericolosità dei luoghi è confermata dal fatto che la segnaletica apposta nel 1992 dal Comune sia rimasta intatta dopo tali lavori. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
11. Il difensore di COGNOME NOME ha depositato memoria di replica, osservando come la Corte di appello abbia correttamente ritenuto generico l’atto di impugnazione delle parti civili rispetto alle argomentazioni svolte dal Tribunale delimitando il raggio di azione del gravame alle censure concernenti l’omessa segnalazione di pericolo in prossimità del torrente Lavinaio, così desumendosi l’estraneità all’addebito di COGNOME NOME, privo di compiti di apposizione di segnalazioni. A seguito dell’articolata ed esaustiva motivazione della sentenza di primo grado il dovere di specificazione degli impugnanti sarebbe stato ancora maggiore e, ciò nonostante, la Corte di appello ha esaminato le questioni pervenendo alla conferma della sentenza di primo grado. La mancata impugnazione dei capi della sentenza relativi all’aver consentito la realizzazione
di opere di urbanizzazione e all’aver omesso di adottare le necessarie misure di sicurezza, tali da impedire l’accesso alla INDIRIZZO, comporta la formazione di giudicato su tale capo, rendendo il ricorso nei confronti di COGNOME NOME del tutto inammissibile. Ribadisce che il sito in cui si è verificato l’evento no aveva alcuna connotazione stradale, essendo evidente la sua appartenenza al letto del torrente. Contesta il richiamo giurisprudenziale presente nella requisitoria, essendo il luogo oggetto della presente procedura un torrente non utilizzato dalla collettività. Ribadisce la necessità di distinguere il periodo in cui è verificato il sinistro dal periodo antecedente al 1998, data in cui il Genio civil di Catania si è prefisso l’obiettivo di restituire alla sua natura il torre eliminando ogni possibilità di utilizzo promiscuo dell’area e determinando la cessazione della situazione di pericolo preesistente, determinata dalla confluenza delle acque provenienti dal torrente e dalla via Tarcento sulla INDIRIZZO. Contesta l’assunto del Procuratore generale circa la prevedibilità della presenza di persone sul tratto del torrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La disamina delle censure svolte dai ricorrenti non può prescindere dall’inquadramento del fatto, analiticamente svolto dal Tribunale di Catania. Il giudice di primo grado ha ripercorso le tappe della progressiva trasformazione dello stato dei luoghi nel corso degli anni fino all’epoca del fatto: l’intersezion tra il torrente Platani e la via INDIRIZZO dava luogo ad allagamenti del sito stradale, in quanto la strada si trovava al medesimo livello del letto del torrente; nel 1990 il fondo del torrente era stato bitumato dal Comune di Acireale per Consentirne la più agevole percorrenza per circa 300 metri a monte della INDIRIZZO seguendo il tracciato dell’antica INDIRIZZO, a servizio di ingressi carrabili di insediamenti produttivi presenti nella zona; nel 1992 erano stati apposti da parte del Comune, ai punti di imbocco della INDIRIZZO, cartelli di divieto di circolazione su quella strada in caso di pioggia e tale divieto precludeva, di fatto, anche l’accesso alla INDIRIZZO, che è una traversa di INDIRIZZO; nel 1993, in occasione di un evento atmosferico di particolare intensità, si era verificato un incidente mortale in quanto il conducente di un’auto bloccata dall’acqua era stato travolto dal torrente in piena; conseguentemente, nel 1998 era stato finanziato in favore del Genio Civile un progetto per eseguire lavori di sistemazione idraulica dell’intero percorso del torrente, lungo circa km.19, nel quale confluiscono le acque provenienti da vari territori della provincia catanese e che sfocia a valle di Acireale nel Golfo di INDIRIZZO; con
riguardo al nodo critico corrispondente alla INDIRIZZO, il progetto prevedeva la realizzazione di opere essenziali per abbattere il rischio di esondazione, anche in considerazione dell’incremento di portata derivante dalla prevista reginnentazione delle acque a monte; si trattava della realizzazione di un tombino scatolare per eliminare l’attraversamento a raso e della rinaturalizzazione del fondo dell’alveo mediante asportazione del conglomerato bituminoso ivi esistente; si sarebbe dovuto realizzare l’abbassamento del fondo di torrente di m. 2,20 a circa 170 metri dall’intersezione con la INDIRIZZO mediante uno scivolo scanalato posto su tutta la lunghezza dell’alveo, scendendo fino a m. 2,44 fino al tombino scatolare; in prossimità del tombino, l’alveo si sarebbe ristretto in larghezza per realizzare una stradella stretta e a forte pendenza destinata a consentire l’accesso al torrente per la manutenzione straordinaria da parte del Genio Civile. L’opera così come progettata non era però stata realizzata e, in particolare, non era stato eseguito l’abbassamento dell’alveo, essendo stati realizzati alcuni gradoni per condurre l’acqua al sottopasso che iniziavano a circa 45 metri da INDIRIZZO né era stato ripristinato il fondo naturale, lasciando l’asfalto per tutto i tratto che da INDIRIZZO conduce a un capannone industriale per circa 300 metri; la stradella asfaltata di accesso per la manutenzione era stata predisposta per una larghezza di circa m. 3,20 accanto all’alveo con una pendenza diversa dal previsto e tale da consentire agevolmente il transito di mezzi che volessero addentrarsi nel letto del torrente; se il Genio Civile avesse operato nel rispetto del progetto finanziato, si legge a pag. 10 della sentenza di primo grado, l’effetto di allagamento dell’area nella quale si trovava la vittima al momento della violenta precipitazione atmosferica sarebbe stato con ogni probabilità di entità molto più contenuta. Il giudice di primo grado ha escluso che l’amministrazione comunale potesse ritenersi responsabile di aver consentito lavori di urbanizzazione nella INDIRIZZO senza procedere alla valutazione del rischio derivante dalla presenza del corso fluviale Lavinaio – Platani in quanto, pur facendo parte la INDIRIZZO del tessuto viario del Comune di Acireale senza soluzione di continuità tra la sede viaria e quella torrentizia, nel corso del tempo l’assetto della via aveva subito dei mutamenti collegati all’intervento di sistemazione idraulica del torrente, avvenuto negli anni 1990-2001 a opera dell’ufficio del Genio civile. Tale intervento aveva segnato la cessazione della destinazione a uso promiscuo del torrente a monte della INDIRIZZO in quanto anche l’area originariamente inclusa nella sede viaria del Comune era stata interessata da opere incompatibili con la prosecuzione dell’uso dell’alveo per l’attraversamento carrabile, come ad esempio la previsione di uno scivolo scanalato per l’intera larghezza dell’alveo che ne avrebbe abbassato il livello di m. 2,20. In quel frangente, pur non avendo il Genio Civile realizzato le opere in Corte di Cassazione – copia non ufficiale
conformità al progetto, aveva comunque asfaltato la rampa di accesso e il tratto di INDIRIZZO al di sotto del quale era stato realizzato il tombino con identico materiale. L’esecuzione di tali interventi a opera del Genio Civile era coerente, secondo il tribunale, con l’appartenenza del torrente Lavinaio al demanio idricofluviale, come da R.D. 2 agosto 1938 di approvazione delle acque pubbliche della provincia di Catania, dunque di proprietà della Regione Sicilia in forza di previsione statutaria; la funzione viaria del torrente doveva dunque escludersi, come corroborato dal fatto che il Comune di Acireale non fosse stato coinvolto nella progettazione o realizzazione delle opere. Nel 1999 il Comune aveva, comunque, segnalato al Genio Civile il pericolo derivante dall’aumento della portata idrica conseguente alle opere in corso di esecuzione, mostrando consapevolezza di possibili impatti negativi della sistemazione del torrente sul territorio. Dal 2000 al 2013 nessuna opera era stata realizzata dal Comune sul tracciato della «già INDIRIZZO» e, successivamente ai lavori, le tavole del Piano Regolatore Generale di Acireale non riportavano più la INDIRIZZO, così come nel Piano di Protezione Civile approvato nel 2009 il tratto in questione era denominato «torrente» senza riferimenti alla via. Non avendo il Comune di Acireale competenza di diritto nè potere di fatto per interventi precauzionali interni all’alveo del torrente, è stata per tale ragione esclusa la prima articolazione dell’ipotesi accusatoria, neppure essendo provato che l’amministrazione comunale abbia consentito o realizzato lavori di urbanizzazione sul tracciato della INDIRIZZO: il tracciato del torrente era al buio, no presentava segnaletica interna e veniva utilizzato, nella parte iniziale, quale area di parcheggio e, più avanti, da coloro che volessero fermarsi in modo appartato in quanto era strada priva di sbocco, dovendosi considerare incidenti sull’evento piena le opere di sistemazione idraulica dell’alveo piuttosto che eventuali insediamenti posti lungo il percorso della INDIRIZZO. Un progetto inserito nell’ambito del programma operativo Fondo Europeo Sviluppo Regionale Sicilia 2007-2013 prevedeva, tra l’altro, l’eliminazione integrale della stradella di accesso dal ponte su INDIRIZZO con rinaturalizzazione del corso del torrente ed eliminazione di tutti gli ingressi che utilizzavano il torrente come via d accesso, ma il Tribunale ha ritenuto che, trattandosi di lavori di sistemazione del demanio idrico, essi sarebbero stati di competenza regionale con attribuzione al Comune di Acireale di compiti meramente esecutivi all’esito di un complesso iter coinvolgente diversi uffici regionali. Il Tribunale ha, poi, escluso con ampia motivazione l’obbligo del Comune di attivare interventi di Protezione Civile, in assenza di qualsivoglia segnalazione di allarme da parte della centrale operativa a livello nazionale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Con riguardo allo specifico addebito dell’omessa inibizione dell’accesso al torrente, il giudice di merito ha accertato che, effettivamente, non vi erano sbarramenti all’imbocco della rampa di accesso al torrente realizzata dal Genio Civile, né divieti di transito; solo successivamente al fatto il Comune aveva posto una catena per interdire l’accesso al torrente da INDIRIZZO. Trattandosi, tuttavia, di una rampa curata dal Genio Civile, che di quella discesa si sarebbe avvalso per la manutenzione straordinaria dell’alveo, si legge a pag. 19 della sentenza, il percorso non poteva essere ostacolato da sbarramenti a opera di diversa amministrazione. Vi erano, dunque, cartelli di divieto di circolazione in caso di pioggia, con pannello integrativo di allagamento, a monte e a valle della INDIRIZZO sin dal 1992; tali divieti avrebbero avuto il ruolo di impedire anche l’accesso dalla strada al letto del torrente e alla INDIRIZZO in caso di pericolo per eventi atmosferici avversi. Il nodo dell’incrocio di INDIRIZZO con il torrente INDIRIZZO era già indicato come ad alto rischio idraulico nel piano emergenziale di Protezione Civile adottato dal Comune di Acireale nel 2009 e tale catalogazione in classe di pericolosità molto elevata aveva mantenuto anche nel piano adottato dalla Giunta con Delibera n. 65 del luglio 2012. In assenza, tuttavia, nel caso concreto, di qualsivoglia segnalazione dell’evento atmosferico occorso nel bollettino meteorologico sulla cui base il sistema di Protezione Civile locale si sarebbe dovuto attivare, l’imprevedibilità dell’evento è stata ritenuta la base di giudizio per escludere la responsabilità degli imputati in relazione all’omessa adozione di misure idonee a impedire l’accesso alla via o l’omessa predisposizione di adeguati interventi di protezione civile.
3. Il residuo addebito concernente l’omessa predisposizione di segnali di pericolo in ordine alla presenza del torrente, sul quale si concentra il ricorso delle parti civili, è stato escluso in primo grado sulla base della riconoscibilità del luog come tracciato di torrente, anche in assenza di specifica segnalazione. Trattasi di torrente di formazione assai risalente, noto alla popolazione anche per vicende legate ad allagamenti ed eventi luttuosi provocati da violente piene d’acqua non adeguatamente convogliate nel suo alveo (pag. 25). In ogni caso, è dalla conformazione del luogo che il giudice ha desunto l’evidenza che il percorso impegnato dal Castro appartenesse al letto del torrente, date la presenza di muri d’argine, di detriti fluviali su un lato del tracciato e la visibilità dell’opera idr sottostante il ponte di INDIRIZZO. Il Castro era giunto sul luogo in orario in cui vi era piena visibilità e si era soffermato a dialogare per oltre un’ora, non potendo per tale ragione ignorare il contesto naturale nel quale si trovava. Non essendo la circolazione interdetta su INDIRIZZO, non vi era ragione da parte del Castro di ritenere attuale una situazione di pericolo cosicché la segnalazione
di presenza del torrente e di eventuali pericoli in caso di pioggia non avrebbe svolto alcun ruolo nella scelta del luogo dove sostare. Il giudice di primo grado ha, in altre parole, ritenuto che il comportamento alternativo corretto di posizionare segnaletica di presenza del torrente e di pericolo in caso di pioggia non avrebbe evitato l’evento.
In relazione all’addebito al Direttore dell’Area Servizi Tecnici Pianificazione e Gestione del territorio di Acireale, al Sindaco pro – tempore e al Comandante della Polizia Municipale di Acireale di aver omesso di evidenziare, nelle rispettive qualità e secondo le rispettive competenze, all’utenza pubblica con idonea segnalazione di pericolo la presenza del torrente Lavinaio – Platani, il giudice di primo grado ha, dunque, incentrato la motivazione sulla riconoscibilità del luogo quale tracciato di torrente e sulla inutilità della segnaletica di pericolo per presenza del torrente in assenza di misure interdittive del traffico su INDIRIZZO
Confermando l’impostazione del Tribunale, la Corte territoriale ha escluso la responsabilità degli imputati ponendo l’accento sull’incidenza causale rispetto al verificarsi dell’evento del comportamento di colui che, ben conoscendo le caratteristiche di pericolosità di un luogo, vi si avventuri liberamente e volontariamente per uno scopo personale. L’autodeterminazione del Castro è stata qualificata come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento. Il giudice di appello, ribadendo l’evidenza della pericolosità del luogo, ha dunque ritenuto la condotta imprudente della vittima idonea a interrompere il nesso causale tra l’omissione addebitata agli imputati e l’evento.
In dettaglio, la Corte territoriale, senza approfondire il tema della condotta omissiva concernente l’omessa segnalazione di pericolo in prossimità del torrente Lavinaio, data anzi per pacifica, ha incentrato la motivazione sulla evidente pericolosità del luogo, tenuto conto delle pregresse vicende legate ad allagamenti ed eventi luttuosi provocati dall’inondazione del torrente. Su tale premessa ha, però, escluso il collegamento causale tra l’omessa segnalazione del pericolo e l’evento sostenendo che il NOME conoscesse le caratteristiche del luogo, essendo residente nella zona, e si fosse avventurato liberamente e volontariamente per uno scopo personale. La consapevole scelta del Castro di sostare per circa un’ora in una zona a rischio idrico già nota alla popolazione del luogo ha costituito, secondo la Corte, una condotta altamente imprudente e rischiosa qualificabile, ai sensi dell’art. 41, comma due, cod. pen., come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento in quanto anomala e imprevedibile. Conclusivamente, il giudice di appello ha ritenuto che l’evento si sarebbe ugualmente verificato anche nel caso in cui gli imputati avessero posto in essere la condotta la cui omissione è contestata.
4. Il tema sottoposto dal ricorso all’esame del Collegio non riguarda tanto la posizione di garanzia degli imputati né la violazione di regole cautelari funzionali a evitare il rischio concretizzatosi, sulle quali si sono soffermati le difese e stesso Procuratore generale, quanto piuttosto la correttezza del ragionamento svolto dal giudice di appello circa il rapporto tra il cosiddetto rischio elettivo nesso causale tra la violazione delle predette regole cautelari e l’evento.
I giudici di merito hanno diffusamente descritto la pericolosità del punto di accesso dalla INDIRIZZO al tratto di strada che conduceva all’alveo del torrente come ben nota all’amministrazione comunale. Nella sentenza di primo grado si legge: che sin dal 1992 erano stati apposti da parte del Comune, ai punti di imbocco della INDIRIZZO, cartelli di divieto di circolazione su quella strada in caso di pioggia e tale divieto precludeva, di fatto, anche l’accesso alla INDIRIZZO; che la pericolosità del luogo non era migliorata all’esito degli incompleti lavori di sistemazione idraulica del percorso del torrente eseguiti dal Genio Civile; che tale situazione era nota al Comune, che nel 1999 aveva, comunque, segnalato al Genio Civile il pericolo derivante dall’aumento della portata idrica conseguente alle opere in corso di esecuzione, mostrando consapevolezza di possibili impatti negativi della sistemazione del torrente sul territorio. La pericolosità del sito era, come accertato, nota al Comune di Acireale
e l’alveo del torrente, per quanto oggetto di opere di rinaturalizzazione da parte del Genio Civile, era rimasto, di fatto, accessibile mediante un percorso carrabile. Le sentenze spiegano inoltre che, lungo la strada comunale denominata INDIRIZZO non v’era alcuna segnalazione che limitasse l’accesso al percorso già denominato INDIRIZZO né vi erano indicazioni dalle quali risultasse che, da quel punto in poi, la strada non era percorribile.
Giova richiamare, sul punto, alcuni criteri interpretativi della normativa che regola l’uso delle strade. In primo luogo, non rileva che la INDIRIZZO non fosse più inclusa nella toponomastica del Comune, essendovi comunque pacificamente inclusa la INDIRIZZO; si sarebbe, in ogni caso, dovuto valorizzare il dato, acquisito, che la INDIRIZZO fosse assoggettata all’uso della collettività. I giudic di merito hanno accennato all’uso del percorso per raggiungere alcuni capannoni ivi ubicati o all’uso del luogo da parte di taluno «per appartarsi», senza adeguatamente valorizzare tale dato. Ma questa Corte di legittimità, ha ripetutamente affermato che «una strada deve considerarsi pubblica quando, indipendentemente dalla denominazione, dalla inclusione nell’elenco delle strade comunali, dalla concreta configurazione o dalla specifica manutenzione, sia assoggettata di fatto all’uso della collettività, i cui componenti ne usufruiscono uti cives» (Sez. 4, n. 2759 del 01/12/1981, dep. 1982, Viola, Rv. 152757 – 01; Sez. 4, n. 4068 del 19/01/1979, COGNOME, Rv. 141882 – 01; Sez. 4, n. 8177 del 29/03/1976, Irti, Rv. 134238 – 01; Sez. 4, Ordinanza n. 4322 del 07/12/1971, dep. 1972, COGNOME, Rv. 120142 – 01).
La fonte prima dell’obbligo di segnalazione del pericolo si sarebbe, dunque, dovuta individuare, alla luce della normativa dettata dal d. Igs. 30 aprile 1992, n.285, nella situazione di fatto accertata. Come questa Corte di legittimità ha già avuto modo di sottolineare, inoltre, gli organi delle amministrazioni comunali hanno l’obbligo di vigilare, nell’ambito delle rispettive competenze, sull’incolumità dei cittadini; e la conseguente posizione di garanzia non ha ad oggetto solo l’adeguata manutenzione, ma anche il controllo dello stato delle strade (Sez. 4, n. 13775 del 16/02/2011, COGNOME, Rv. 250130).
Conforta in tal senso l’esame delle numerose norme contenute nel codice della strada e nel relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) con le quali il legislatore ha imposto ai soggetti obbligati alla manutenzione delle strade e all’apposizione della segnaletica precise regole di comportamento, il cui scopo è quello di rendere nota agli utenti l’esistenza di situazioni di pericolo. Queste norme individuano le modalità di assolvimento degli obblighi di sicurezza assunti dai manutentori nei confronti degli utenti della strada e contengono regole cautelari che approfondiscono, precisandolo, il contenuto dell’obbligo di segnalazione.
6. Seguendo la prospettazione difensiva, proprio perché il percorso non aveva funzione di transito aperto al pubblico, e tuttavia era agevolmente accessibile e presentava il fondo carrabile, la segnalazione della situazione di pericolo sarebbe stata doverosa. I giudici di merito hanno trascurato di valutare che la corretta segnalazione del pericolo o del divieto di avventurarsi lungo tale percorso avrebbe avuto l’obiettivo di evitare, per chi transitava lungo la INDIRIZZO, il rischio di ritrovarsi nell’alveo del torrente; tale essendo la funzione della regola cautelare la cui violazione era contestata, ciò avrebbe escluso in radice, in base al principio dettato dall’art. 40, comma 2, cod. pen., la possibilità di individuare nella condotta del Castro una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
La natura palese, ovvero occulta del pericolo non incide, infatti, sulla sussistenza dell’obbligo di segnalarlo, per cui è errato in diritto il ragionamento secondo il quale la particolare conoscenza che il soggetto leso abbia della pericolosità di un determinato sito esclude la violazione della regola cautelare che, in astratto, ne impone la segnalazione. A monte di tale valutazione va, infatti, considerato che il precetto cautelare ha portata generale e che l’accertamento del nesso causale tra la condotta e l’evento non dipende dalla specifica conoscenza o esperienza del soggetto leso. Non esiste, in altre parole, un modello di vittima alla quale è riservata la tutela penale.
7. Con riguardo al giudizio controfattuale, l’affermazione che la vittima non avrebbe comunque rispettato la segnaletica non è conforme al principio secondo il quale il giudizio circa l’efficacia o l’inefficacia del comportamento alternati corretto deve essere effettuato con valutazione ex ante sulla base dei poteri impeditivi concretamente riconducibili all’agente. Va, in particolare, evidenziato che il pericolo da segnalare appartiene alla categoria del generale rischio idrico correlato a un percorso carrabile che termina nel letto di un torrente. La presenza di una situazione di pericolo impone di intervenire per eliminarlo o, almeno, per ridurlo, e il carattere occulto o meno di tale pericolo non incide sulla rilevanza causale dell’omissione; in assenza di segnalazione del pericolo da parte di coloro che avrebbero avuto l’obbligo di segnalarlo, la decisione che ha escluso il nesso causale tra l’omissione ascritta agli imputati e l’evento sul presupposto che la vittima, con valutazione ex post, non ha tenuto conto della evidente pericolosità del luogo, viola il disposto dell’art. 41 cod. pen. La Corte territoria non ha, in particolare, tenuto conto del fatto che il comportamento imprudente del soggetto leso si è inserito nel medesimo percorso causale innescato
dall’omessa segnalazione del pericolo senza in alcun modo innescare un rischio nuovo e imprevedibile.
Ulteriore vizio della decisione impugnata consiste nell’aver qualificato il cosiddetto rischio elettivo quale causa sopravvenuta idonea a escludere il rapporto di causalità ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. pen. senza considerare che si tratta di una fattispecie che semmai esclude la colpa in quanto, riconducendo l’evento alla scelta consapevole e volontaria dello stesso soggetto leso, preclude, a seconda dei casi, la prevedibilità o l’evitabilità dell’event indipendentemente dal rispetto della regola cautelare violata.
Con specifico riguardo alla sicurezza stradale, è compito precipuo dei soggetti preposti all’amministrazione di beni di uso pubblico, come le strade, tutelare l’incolumità degli utenti, non solo provvedendo alla manutenzione di esse ma anche segnalando i pericoli nei quali possono incorrere durante la circolazione. Si tratta di attività preventiva che concerne, piuttosto che un determinato accadimento nelle sue specifiche articolazioni, inevitabilmente unico e, come tale, irripetibile e imprevedibile, “classi di eventi”, sistematizzati categorie (Sez. 4, n. 35016 del 17/06/2024, Appendino, Rv. 286987 – 02; Sez. 4, n. 39606 del 28/06/2007, COGNOME, Rv. 237880 – 01). Spetta ai garanti il compito di prevedere il rischio, purchè conoscibile (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 281997 – 15) a prescindere dalle contingenze del caso concreto, anche avvalendosi di esperienze passate. Ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita a una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione (Sez.4, n.4793 del 6/12/1990,’COGNOME, Rv. 191788 – 05). L’utente della strada deve essere debitamente informato dei pericoli ivi esistenti, la cui previsione è compito del garante. Con valutazione ex ante, il giudice deve dunque stabilire se, nel momento in cui il soggetto leso ha posto in essere una condotta che ha messo a repentaglio la sua incolumità, fosse debitamente informato del pericolo; non si può parlare di libera autodeterminazione né di esclusione della colpa del garante qualora non si possa imputare alla vittima la violazione di un espresso divieto nè la disattenzione in relazione a un pericolo debitamente segnalato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riguardo alla possibilità che la condotta negligente del soggetto leso escluda la colpa del garante, al giudice spetta in primo luogo il compito di valutare l’ambito della condotta doverosa gravante su quest’ultimo. Tale ambito, nel settore della segnaletica stradale, è delineato dalla conoscibilità e dalla concreta possibilità di controllo del rischio da parte dei soggetti gestori dell
circolazione nel territorio; ciò comporta a loro carico il dovere di preved pericolo noto o conoscibile e di comunicarlo al pubblico, ponendosi altrimenti
violazione di tale dovere quale presupposto delle altrui imprudenze, inidone esonerare il garante da responsabilità.
9. Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento ai soli effett civili della sentenza impugnata con rinvio, ai sensi dell’art. 622 cod. proc.
al giudice civile competente per valore in grado di appello, che valuterà anch argomentazioni difensive inerenti ai temi non sviluppati nelle precedenti fas
merito; il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente grado.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al giudice civ competente per valore in grado di appello, cui demanda altresì
regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizi legittimità.
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Così deciso 1’8 gennaio 2025 Il ans GLYPH estensore
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