Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43688 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43688 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME NOME a PRATO il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di:
NOME NOME a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/07/2020 del TRIBUNALE di PRATO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che, riportandosi alla memoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Prato ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata, assolta in primo grado dal giudice di pace per i delitti ascritti di ingiuria e minacce, in quanto il primo er stato nelle more depenalizzato e, quanto alle minacce, era intervenuta la prescrizione del delitto. Ha ulteriormente puntualizzato che la natura della pronuncia impediva la decisione sulla domanda della parte civile.
Avverso la richiamata sentenza del Tribunale di Prato, propone ricorso per cassazione la parte civile NOME COGNOME, mediante il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, denunciando inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 578 cod. proc. pen. e 12 del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7.
Il ricorrente premette che, a fronte dell’appello proposto, il giudice di secondo grado aveva riconosciuto la sussistenza della responsabilità penale dell’imputata, dichiarando, tuttavia, non doversi procedere nei confronti della stessa per l’avvenuta depenalizzazione del delitto di ingiuria e per la prescrizione di quello di minaccia.
Assume, rispetto a quest’ultimo delitto, che il Tribunale ha violato il disposto dell’art. 578 cod. proc. pen., che non consente al giudice del gravame, come invece ritenuto dalla pronuncia impugnata, di esimersi dal pronunciarsi sulle domande della parte civile in caso di estinzione del reato.
Con riferimento al delitto di ingiuria sottolinea, poi, che l’art. 12 del d.lgs. n 7 del 2016, che ne ha disposto l’abrogazione, ha previsto che le disposizioni sulle sanzioni pecuniarie civili trovano applicazione anche ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore dello stesso, salvo che il procedimento penale sia stato definito con pronuncia irrevocabile. Lamenta, di qui, che il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi sulla domanda di risarcimento del danno nel rispetto dell’art. 8 dello stesso decreto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, nella parte in cui lamenta che non è intervenuta una pronuncia sul risarcimento del danno con riferimento al delitto di ingiuria, depenalizzato dal d.lgs. n. 7 del 2016, nelle more del giudizio, è manifestamente infondato.
Sulla questione le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno infatti da lungo tempo chiarito che, in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del d.lgs. 15
gennaio 2016, n. 7, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile agire “ex novo” nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile (Sez. U, n. 46688 del 29/09/2016, Schirru, Rv. 267884 – 01).
È manifestamente infondata anche la censura con la quale il ricorrente assume la violazione dell’art. 578 cod. proc. pen., non avvedendosi che tale disposizione, che è peraltro di natura eccezionale (Corte Cost. n. 182 del 2021; Sez. U, n. 36208 del 28/03/2024, Calpitanio, Rv. 286880 – 01, in motivazione), legittima il giudice dell’impugnazione a decidere, nonostante l’estinzione del reato per amnistia o prescrizione, ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, esclusivamente nell’ipotesi in cui sia stata pronunciata, nel primo grado di giudizio, una decisione di condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile.
Sicché alcun diritto aveva il ricorrente ad ottenere una statuizione da parte del Tribunale sulla proposta domanda risarcitoria, a fronte dell’intervenuta assoluzione dell’imputata nel giudizio di primo grado.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.