Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14383 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 14383 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 12/03/1956
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del TRIBUNALE di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto, previa riqualificazione del ricorso come opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen., che gli atti vengano trasmessi al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bari, con provvedimento del 24/06/2024, all’esito della camera di consiglio e sentite le parti, ha rigettato l’stanza avanzata dal difensore di NOME COGNOME volta ad ottenere il dissequestro di tutti i beni e dei conti correnti, con particolare riferimento alla “polizza vita” FPA il mio domani n. NUMERO_DOCUMENTO al COGNOME intestata.
Avverso il predetto provvedimento di rigetto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME deducendo un unico articolato motivo di ricorso che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
Il ricorrente ha dedotto – anche atteso l’intervenuto proscioglimento dello stesso dal reato ascritto al capo Ni della rubrica perché estinto per intervenuta prescrizione con pronuncia divenuta definitiva in data 25/06/2017 – la violazione di legge in relazione agli artt. 262, comma 4, 323, comma 1, cod. proc. pen., nonché art. 150, comma 1, d.P.R. n. 115 del 2002, con particolare riferimento al mancato dissequestro del “fondo pensione integrativo” FPA il mio domani n. 64720132 presso Banca Intesa COGNOME. In tal senso, la difesa evidenziava come il Tribunale non avesse tenuto in alcun conto quanto avvenuto nel corso del procedimento a carico del ricorrente, la definitiva estinzione del reato, il passaggio in giudicato della sentenza, alla quale doveva necessariamente conseguire la restituzione dei beni in sequestro; veniva in tal senso richiamata la disciplina normativa di riferimento ed allegata una ampia rassegna di giurisprudenza sul tema.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che, previa riqualificazione del ricorso come opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen. trasmetta gli atti al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna l’ordinanza pronunciata dal Giudice dell’esecuzione in esito alla valutazione dell’istanza avanzata per la restituzione di beni in sequestro, ai sensi dell’art. 676, cod. proc. pen.
Ciò premesso, il ricorso deve essere convertito in opposizione contro il provvedimento impugnato.
Le ragioni di tale conversione sono le medesime di quelle esposte nella sentenza di questa Corte n. 12899 del 31/03/2022 (Crea, Rv. 283061-01) e ribadite da Sez. 2, n. 8645 del 09/11/2022, dep. 2023, Cedric, Rv. 284403-01, che si riportano integralmente, attesa l’identità della situazione processuale: «si deve anzitutto rilevare che, nella specie, il giudice dell’opposizione, ancorché avrebbe dovuto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 676, comma 1, secondo periodo, 1 e 667, comma 4, cod. proc. pen. (il primo dei quali richiama il secondo), provvedere senza formalità, ha invece erroneamente trasformato il procedimento de plano in procedimento camerale partecipato. Tale mancata adozione della fase preliminare de plano, prevista dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., prima dell’eventuale svolgimento dell’ordinaria procedura camerale in sede esecutiva, non costituisce causa di nullità, non essendo ciò previsto dalla legge e dovendo, perciò, ritenersi operante il principio di tassatività della nullità enunciato dall’art. 177 cod. proc. pen. Non sono, infatti, configurabili le nullità di ordine generale di cui all’art. 178 dello stesso codice, poiché le garanzie di contraddittorio e di difesa sono estranee nella fase preliminare de plano e trovano attuazione solo nel procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 666 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 2414 del 22/06/1995, COGNOME, Rv. 202528-01; in senso analogo, Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Clark, Rv. 265539-01). Posto tale principio, la giurisprudenza di legittimità si è però divisa in ordine al rimedio applicabile nel caso di decisione assunta non de plano, nei casi previsti, ma in contraddittorio. Secondo un primo indirizzo, è immediatamente proponibile ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione abbia irritualmente provveduto a norma dell’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. anziché de plano come previsto, giacché la procedura immediatamente adottata, pur non rispettosa dell’art. 676 cod. proc. pen., pone in essere un’anticipata garanzia del contraddittorio, introducibile a rigore solo a seguito dell’opposizione dell’interessato avverso il provvedimento adottato de plano (Sez. 6, n. 45326 del 25/10/2007, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 238157-01; Sez. 1, n. 6387 del 02/12/1996, COGNOME, Rv. 206349-01). L’immediato ricorso al giudice di legittimità, inoltre, non sarebbe impedito dalla previsione di una doppia valutazione del merito esecutivo, atteso che il valore giuridico tutelato dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., è il
contraddittorio, e non il doppio grado di merito (Sez. 6, n. 32419 del 15/07/2009, Reitano, non massimata sul punto). Tuttavia, in base a un secondo più recente e prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione – sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. sia che abbia provveduto irritualmente nelle forme dell’udienza camerale ex art. 666 cod. proc. pen. – è prevista solo la facoltà di proporre opposizione, sicché come tale deve essere riqualificato l’eventuale ricorso per cassazione proposto avverso il suddetto provvedimento, nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis, con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente (Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Clarck, R.3. 26553801; Sez. 6, n. 13445 del 12/02/2014, COGNOME, Rv. 259454-01; in senso analogo, Sez. 1, n. 4083 del 11/01/2013, COGNOME, Rv. 254811-01 e Rv. 254812-01). Ciò sul rilievo che, in caso contrario, l’interessato si vedrebbe comunque privato della fase del “riesame” del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale, al contrario del giudice di legittimità, ha cognizione piena delle doglianze ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni e le istanze (anche istruttorie) queste ultime precluse nel giudizio di legittimità – che il ricorrente non sia stato in grado di sottoporre a un giudice di merito, in quanto sostanzialmente privato di un grado di giudizio in una materia per la quale il legislatore ha previsto la fase dell’opposizione proprio in ragione della sua peculiarità. Ciò detto, è opportuno ribadire, sussistendo un contrasto giurisprudenziale anche su tale specifico punto, che il ricorso per cassazione, rimedio diverso da quello previsto dalla legge (l’opposizione), non deve essere dichiarato inammissibile, ma deve essere convertito in opposizione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., e trasmesso al giudice dell’esecuzione. Anche sotto tale profilo esiste, si diceva, un contrasto giurisprudenziale, giacché alcune decisioni della Corte di cassazione hanno ritenuto che il principio della conversione, di cui all’art. 568 cod. proc. pen., non è applicabile all’opposizione, in quanto questa non ha natura di impugnazione (Sez. 2, n. 39625 del 11/05/2004, COGNOME, Rv. 230368-01). L’indirizzo di gran lunga prevalente – al quale il Collegio, come anticipato, intende aderire – è invece nel senso che anche nel caso de quo sia consentita la riqualificazione, in applicazione del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis (Sez. 3, n.
39515 del 27/06/2017, RAGIONE_SOCIALE Rv. 271460-01; Sez. 3, n.
49317 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 265538-01; Sez. 6, n. 13445 del
12/02/2014, COGNOME Rv. 259454-01; Sez. 1, n. 4083 del
11/01/2013, COGNOME, Rv. 254812-01). Tale seconda soluzione appare senz’altro preferibile, ancor più in un caso come quello in esame, in cui
nomen le censure mosse attengono anche al merito, sicché l’erroneo
iuris attribuito dalla parte al mezzo di gravame non può pregiudicare
la possibilità, a essa concessa dall’ordinamento, di avere una seconda pronuncia di merito sulle sue doglianze».
3. Pertanto, il ricorso per cassazione deve essere riqualificato, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., in opposizione ai sensi
dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., con la conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen. dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bari per l’ulteriore corso.
Così deciso il 12/12/2024.