Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20313 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20313 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il 25/12/1991
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata la Corte d’appello di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME volta alla declaratoria di estinzione, per decorso del tempo, della pena inflittagli con decreto penale emesso dal GIP di Modena il 06/09/2013, irr. il 04/01/2014 per i reati di cui agli artt. 337 cod. pen, e 186 e 187 cod. str.
A ragione, il G.E. riteneva sussistente la condizione ostativa di cui al settimo comma dell’art.172 cod. pen., avendo il condannato, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, riportato una condanna per delitto della stessa indole, essendo stato condannato per il delitto di cui all’art. 337 cod. pen. con sentenza del Tribunale di Modena del 29/11/2018, irr. i 19/12/2018. Osservava inoltre come la pena fosse stata tempestivamente posta in esecuzione, dal momento che il 03/12/2018 era stata richiesta la conversione della pena pecuniaria in quella detentiva.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il condannato, a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che, con un unico motivo, deduce l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 172, 173 cod. pen., 660, 676 cod. proc. pen. e 181 disp. att. cod. proc. pen.
Le argomentazioni della Corte bolognese sono errate con riferimento GLYPH alle fattispecie contravvenzionali di cui al decreto penale oggetto della richiesta; con detto decreto COGNOME era stato condannato alla pena di C 68.900 di ammenda (così determinata: mesi tre di reclusione per il reato di cui all’art. 337 cod. pen’ convertiti in C 22.500 di multa; mesi tre di arresto ed C 700 di ammenda per il reato di cui all’art. 186 c. 7 cod. str., convertiti in C 23.200 di ammenda; mesi tre di arresto ed C 700 di ammenda per il reato di cui all’art. 187 c. 8 cod. str., convertiti in C 23.200 di ammenda).
Essendo il decreto penale emesso dal GIP di Modena divenuto irrevocabile il 04/01/2014, il termine quinquennale necessario per la prescrizione della pena pecuniaria è decorso il 04/01/2019; detto termine non può ritenersi interrotto dalla richiesta di conversione in pena detentiva, avanzata dal P.M., in ragione del mancato pagamento di quanto dovuto il 03/12/2018, dal momento che l’unico atto idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione è, per consolidata giurisprudenza di legittimità, l’inizio dell’esecuzione. Contrariamente a quanto ritenuto dal G.E. non può essere ritenuto quale inizio dell’esecuzione la mera richiesta avanzata dal P.M. di conversione della pena pecuniaria in pena detentiva, tanto più nel caso di specie in cui, in considerazione dell’irreperibilità del condannato, il magistrato di sorveglianza aveva dichiarato il non luogo a provvedere sulla richiesta del P.M.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di legittimità deve essere riqualificato come opposizione, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione per il prosieguo della procedura.
L’ordinanza impugnata, assunta dal giudice dell’esecuzione, ha ad oggetto l’estinzione della pena per decorso del tempo, materia rientrante tra le “altre competenze” previste dall’art. 676 cod. proc. pen., che rinvia allo schema procedimentale descritto dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.
Tale ordinanza è stata deliberata previa instaurazione del contraddittorio tra le parti, ma anche in tal caso è necessario ripristinare la struttura procedimentale indicata dalla citata disposizione, intesa a garantire una ponderata valutazione delle questioni sottoposte all’esame del giudice dell’esecuzione, al quale si richiede un rinnovato esame, anche sulla scorta di ulteriori argomenti ed elementi segnalati dalle parti. Milita in tal senso l’orientamento giurisprudenziale prevalente, che ha affermato che avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell’art. 667, quarto comma, cod. proc. pen., sia che abbia provveduto irrituatnnente nelle forme dell’udienza camerate ex art. 666 cod. proc. pen., è prevista solo la facoltà di proporre opposizione, sicché come tale deve essere riqualificato l’eventuale ricorso per cassazione proposto avverso il suddetto provvedimento, nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici, con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente (Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Clark, Rv. 265538; Sez. 2, n. 12899 del 31/03/2022, Crea, Rv. 283061); e ciò sul rilievo che, in caso contrario, l’interessato si vedrebbe comunque privato della fase del “riesame” del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale – al contrario del giudice di legittimità – ha cognizione piena delle doglianze ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni e le istanze (anche istruttorie), queste ultime peraltro precluse nel giudizio di legittimità, che il ricorrente non sia stato in grado di sottoporre ad un giudice di merito. Lo stesso orientamento giurisprudenziale ha ribadito che, siccome avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione occorre proporre opposizione davanti allo stesso giudice, il ricorso per cassazione, ove irritualmente proposto, non deve essere dichiarato inammissibile ma deve, in applicazione del principio di conservazione degli atti, essere qualificato come opposizione contro il provvedimento censurato e trasmesso al giudice dell’esecuzione; e tanto sul rilievo che il principio di conversione dell’impugnazione erroneamente proposta, contenuto nel quinto comma dell’art. 568 cod. proc. pen., trova
applicazione, per la sua portata generale quale espressione del più ampio principio di conservazione degli atti, anche in caso di gravami in senso lato ed impugnazioni
cosiddette atipiche, come i riesami, i reclami, le opposizioni, cioè tutti quei rimedi giuridici che sono assoggettati, in tutto o in parte, alle regole predisposte per le
impugnazioni in senso stretto.
3. In conclusione, riqualificato il ricorso, gli atti devono essere trasmessi al giudice dell’esecuzione affinché proceda alla necessaria fase dell’opposizione, ai sensi dell’art.
667, comma quarto, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Qualificata l’impugnazione come opposizione, dispone la trasmissione degli atti alla
Corte di appello di Bologna.
Così deciso il 2 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente