Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26951 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26951 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CORIGLIANO CALABRO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/09/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
letta la memoria del RAGIONE_SOCIALE, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione depositata nell’interesse di COGNOME NOME in relazione alla seguente vicenda processuale: il 18/05/2011 veniva emessa sentenza n. 534 dalla Corte di appello di Catanzaro nell’ambito di un procedimento nel quale il COGNOME era condannato alla pena di anni 3 mesi 6 di reclusione, dai quali la Procura detraeva i periodi di custodia cautelare in virtù del principio di fungibilità, restando da espiare anni 1 mesi 7 e giorni 2 di reclusione; in data 8/10/2018, con ordinanza n. 318 la Corte di appello di Catanzaro accoglieva l’istanza di applicazione RAGIONE_SOCIALE‘indulto in relazione alla pena di anni 3 di reclusione inflittagli con la sentenza n. 534.
La Corte territoriale ha ritenuto che i periodi di custodia cautelare fossero stati oggetto di sconnputo per fungibilità, così venendo meno il diritto alla riparazione. Con riferimento alla successiva concessione RAGIONE_SOCIALE‘indulto, la Corte ha negato il diritto alla riparazione in quanto ha ritenuto trattarsi di vicenda attinente all’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena non riconducibile a errore.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza impugnata, con il primo motivo, per violazione di legge e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen. nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto non concedibile l’equa riparazione per ingiusta detenzione per intervenuta applicazione RAGIONE_SOCIALE‘indulto. Contrariamente a quanto indicato nell’ordinanza, per pacifica interpretazione RAGIONE_SOCIALEa Corte di Cassazione, nel caso di concessione RAGIONE_SOCIALE‘indulto il diritto all’equa riparazione va riconosciuto perché l’ingiusta detenzione deriva da illegittimità sopravvenuta RAGIONE_SOCIALE‘ordine di esecuzione. Con riferimento al periodo di detenzione in carcere dal 6 marzo 2013 al 16 marzo 2014, pari ad anni 1 e giorni 10 di reclusione, sofferto dal ricorrente in virtù RAGIONE_SOCIALE‘ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Catanzaro, non si pone alcun problema di scomputo per fungibilità ex art. 657 cod. proc. pen., trattandosi di pena espiata e mai computata ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione RAGIONE_SOCIALEa misura di altra pena concorrente; il richiedente, inoltre, non ha tenuto alcun comportamento doloso o colposo che abbia dato causa all’ingiusta detenzione avendo sin da subito chiesto l’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘indulto e avendo ricevuto dalla Corte di appello di Catanzaro il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘istanza con ordinanza del 19/04/2013 e con successiva ordinanza del 18/09/2013. Solo in data 16/05/2018 con l’ordinanza depositata in data 8/10/2018 la Corte di appello di Catanzaro ha applicato l’indulto. Le numerose
istanze di applicazione RAGIONE_SOCIALE‘indulto presentate dal ricorrente già a distanza di un mese dall’inizio RAGIONE_SOCIALEa carcerazione e i reiterati rigetti di tali richieste da par RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello che, solo a distanza di oltre cinque anni, a pena ormai espiata, ha deciso di applicare la causa di estinzione, comprovano inequivocabilmente l’errore che ha caratterizzato l’intero periodo di espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena.
Con il secondo motivo deduce violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen. in ordine al diniego RAGIONE_SOCIALEa riparazione per ingiusta detenzione con riferimento ai periodi di custodia cautelare scomputati anche ,per fungibilità dalla pena finale. La difesa assume che, in presenza RAGIONE_SOCIALE‘indulto, a fronte di una pena complessiva di anni 3 mesi 6 di reclusione inflitta con la sentenza n. 534/2011 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Catanzaro, avrebbe dovuto trovare preliminare applicazione la causa di estinzione RAGIONE_SOCIALEa pena con detrazione automatica di anni 3 di reclusione dalla pena finale da espiare e poi solo sul residuo di pena di mesi 6 non coperto dall’indulto si sarebbe potuto applicare il criterio di fungibilità previs dall’art.657 cod. proc. pen. per cui, a fronte di una complessiva detenzione sofferta dall’istante per complessivi anni 2, mesi 10 e giorni 5 di reclusione, applicando lo scomputo di sei mesi, sarebbero rimasti da computare anni 2, mesi 4 giorni 5 di ingiusta detenzione.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio.
Il RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria concludendo per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
In primo luogo, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare l’istanza alla luce del principio secondo il quale il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione è configurabile anche ove quest’ultima derivi dall’illegittimità, originaria o sopravvenuta, RAGIONE_SOCIALE‘ordine di esecuzione, sempre che la stessa non dipenda da un comportamento doloso o colposo del condannato (Sez. 4, n.44978 del 04/11/2021, Venturi, Rv. 282247 – 01).
2.1. A seguito RAGIONE_SOCIALE‘intervento RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale con la sentenza n.310 del 1996, l’art. 314 cod. proc. pen. è stato, infatti, dichiarato illegittim
nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. e per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione E.D.U., che prevede il diritto alla riparazione a favore RAGIONE_SOCIALEa vittima di arresto o di detenzioni ingiuste senza distinzione di sorta.
2.2. In ordine ai presupposti per il riconoscimento del diritto, l’interprete ha adottato un iniziale criterio, in base al quale il diritto alla riparazione non configurabile ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardano la determinazione RAGIONE_SOCIALEa pena eseguibile (Sez. 4 n. 3382 del 22/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268958; n. 4240 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269168). Tale indirizzo faceva espresso rinvio alla sentenza Corte Cost. n. 219 del 2 aprile 2008 con la quale la Consulta (in un caso di pena definitivamente inflitta in misura inferiore alla custodia cautelare sofferta) aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen. nella parte in c condizionava il diritto all’equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, ritenendo che in quella sede, in definitiva, il giudice RAGIONE_SOCIALEe leggi avesse legittimato le soluzioni offerte dal giudice di legittimità con riferimento ai casi di reati prescritti o di amnistia e remissione di querela. Sulla scorta di tale lettura del dato normativo, quindi, si era ritenuto che, in tali ipotesi, il diritto a riparazione potesse essere riconosciuto, ove la durata RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare sofferta fosse superiore alla misura RAGIONE_SOCIALEa pena astrattamente irrogabile o irrogata, ma solo nei limiti RAGIONE_SOCIALE‘eccedenza (Sez. 4 n. 3382/2017, COGNOME, cit. in motivazione, che richiama anche Sez. 4 n. 15000 del 19/2/2009, Cicione, Rv. 243210). Con la conseguenza che il diritto all’equa riparazione veniva, invece, escluso in tutti i casi in cui la mancata corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita conseguisse a vicende posteriori alla condanna, connesse al reato o alla pena (Sez. 4 n. 40949 del 23/4/2015, COGNOME, Rv. 264708, principio affermato in relazione ad un caso di ammissione al beneficio RAGIONE_SOCIALEa liberazione anticipata, cui era conseguita la riduzione RAGIONE_SOCIALEa pena originariamente inflitta con eccedenza, quindi, RAGIONE_SOCIALEa detenzione subita in concreto dal condannato). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Nelle successive pronunce, tuttavia, la Corte di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere rilievo al periodo di detenzione eccedente quello risultante dall’applicazione RAGIONE_SOCIALEa liberazione anticipata in un caso in cui l’ordine di esecuzione non era stato aggiornato al nuovo fine pena (Sez. 4 n. 18542 del 14/1/2014, Truzzi, Rv. 259210, in un caso in cui il ricorrente era stato scarcerato con cinque giorni di ritardo, per «disguidi» RAGIONE_SOCIALE‘organo RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione), e anche in un caso in cui la scarcerazione – ·disposta per la liberazione anticipata – era stata tardivamente esegu ^ita a causa RAGIONE_SOCIALEa tardiva comunicazione al collegio
procedente per la rideterminazione RAGIONE_SOCIALEa pena RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva concesso quarantacinque giorni di riduzione RAGIONE_SOCIALEa pena per liberazione anticipata (cfr. Sez. 4 n. 47993 del 30/9/2016, COGNOME, Rv. 268617).
2.4. Il criterio interpretativo attualmente prevalente, che il Collegio condivide, impone di riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod. proc. pen. anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo RAGIONE_SOCIALE‘interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell’emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena (Sez. 4, n. 17118 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281151 – 01; Sez. 4 n. 57203 del 21/9/2017, COGNOME, Rv. 271689, che richiama C.E.D.U., 24 marzo 2015, Messina c. Italia, n. 39824/07, secondo cui è ingiusta una detenzione che, per effetto RAGIONE_SOCIALEa riconosciuta liberazione anticipata, sia rimasta sine titulo), con la precisazione che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste solo qualora si verifichi violazione di legge da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente e non anche qualora la discrasia tra pena definitiva e pena irrogata consegua all’esercizio di un potere discrezionale (nel medesimo senso Sez. 4, n.25092 del 25/05/2021, brio, Rv. 281735 – 01, che richiama Corte EDU 10/07/2003, COGNOME c. Italia, Corte EDU 2/03/2006, COGNOME c. Italia, Corte EDU 17/06/2008, COGNOME c. Turchia e Corte EDU 21/10/2013, COGNOME c. Spagna).
2.5. Tale indirizzo interpretativo si fonda sul rilievo che la pronuncia Corte Cost. n.219 del 2008 non legittimi più la conclusione secondo cui il diritto all’equo indennizzo non sussiste ove la non corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende successive alla condanna che riguardano la pena eseguibile, dovendosi distinguere il piano RAGIONE_SOCIALEa irrevocabilità RAGIONE_SOCIALEa condanna da quello RAGIONE_SOCIALEa definitività RAGIONE_SOCIALEa pena. Nel vigente sistema processuale (che attribuisce grande spazio agli interventi del giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione e del magistrato di sorveglianza sul trattamento sanzionatorio), i concetti di pena definita da pronuncia irrevocabile e quello di pena definitiva (per tale potendosi intendere solo quella determinata all’esito RAGIONE_SOCIALEa complessiva gestione giudiziale del trattamento sanzionatorio) non possono, dunque, ritenersi coincidenti (Sez. 4 n.57203/17 cit., in motivazione).
Con riguardo specifico al caso di estinzione RAGIONE_SOCIALEa pena a seguito di indulto, il comportamento doloso o gravemente colposo del condannato «va ovviamente ricercato in stretto rapporto all’atto giudiziario di cui trattasi. I
concreto, occorre domandarsi se il comportamento del condannato abbia concorso – dolosamente o colposamente – a determinare il ritardo nella emissione di un nuovo ordine di esecuzione recante la (corretta) data RAGIONE_SOCIALEa fine RAGIONE_SOCIALE‘espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena» (Sez. 4, n. 57203/2017 cit.). Inoltre, il giudice deve chiedersi .se, avuto riguardo alle peculiarità del caso, il comportamento del condannato possa oggettivamente definirsi colposo (o addirittura «gravemente» colposo, in termini cioé ostativi. al riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa riparazione) laddove sia riscontrabile un ritardo nell’eccepire l’intervenuto indulto e, d’altro canto, non sia configurabile un’omessa rilevazione RAGIONE_SOCIALEa medesima evenienza da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria, in violazione del combinato disposto degli artt.672, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen. Nella specie, il ricorrente deduce di aver sottoposto al giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione il dato processuale del diniego RAGIONE_SOCIALE‘istanza di applicazione RAGIONE_SOCIALE‘indulto, formulata dopo un mese dall’inizio RAGIONE_SOCIALE‘espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena, con ordinanze in data 19/04/2013 e in data 18/09/2013, ma di tali allegazioni non vi è traccia nel provvedimento impugnato. In tale quadro, non appaiono chiari né il coefficiente di colpa del richiedente né le ragioni RAGIONE_SOCIALE‘omesso rilievo d’ufficio RAGIONE_SOCIALEa causa estintiva da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria.
Esaurita la verifica se la pena irrogata, e in che limiti, fosse stata dichiarata estinta per indulto ascrivibile a dolo o colpa grave del condannato, la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare se vi fosse una pena residua da eseguire in relazione alla quale il diritto alla riparazione non spettasse in virtù RAGIONE_SOCIALEa disciplina RAGIONE_SOCIALEa fungibilità.
Occorre, infatti, ribadire il principio secondo il quale la disciplina RAGIONE_SOCIALEa fungibilità per custodia cautelare o pena espiata senza titolo, di cui all’art. 657, comma 3, cod. proc. pen., non si applica con riferimento a pena dichiarata estinta per indulto in quanto l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina RAGIONE_SOCIALEa fungibilità per custodia cautelare o pena espiata senza titolo postula l’esistenza di una pena da eseguire, quale non è la pena dichiarata estinta per indulto (Sez. 1, n. 43231 del 09/02/2018, COGNOME, Rv. 274396 – 01).
Per tali ragioni il provvedimento deve essere annullato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Catanzaro, che si atterrà ai princìpi e al percorso logico-motivazionale sopra indicati; alla corte del rinvio si demanda, altresì, la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese tra le parti inerenti al presente giudizio di legittimità.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Catanzaro, cui demanda altresì la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese tra le parti.
Così deciso il 20 giugno 2024
Il C GLYPH re estensore
Il Presidente