Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1857 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1857 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostiIuto NOME COGNOME, con le quali si è chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Roma ha rigettato la richiesta di riconoscimento di un indennizzo a titolo di riparazione per ingiusta detenzione, presentata nell’interesse di COGNOME NOME, in relazione alla detenzione subita nell’ambito di un procedimento, nel quale era stato chiamato a rispondere originariamente di partecipazione in associazione per delinquere di stampo mafioso, poi derubricata in associazione semplice, finalizzata alla gestione di sale giochi, facente capo ai fratelli COGNOME e a COGNOME, oltre a più ipotesi di cui all’art. 513 bis, cod. pen. COGNOME, il quale aveva sostenuto di conoscere i predetti COGNOME e COGNOME solo in quanto gli avevano offerto la sponsorizzazione per la sua attività di pugile professionista, era stato assolto in secondo grado dal reato associativo, con declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati fine.
Il rigetto è stato ricondotto al comportamento dell’istante, ritenuto ostativo, per avere costui, secondo quanto rimasto accerl:ato nella sentenza assolutoria, frequentato i vertici dell’associazione, recandosi, in almeno un’occasione, insieme agli stessi a un appuntamento d’affari, al quale, nella sua qualità di operaio dipendente dalla società riconducibile ai citati COGNOME e COGNOME, non aveva avuto motivo di partecipare. L’assoluzione dal reato associativo, peraltro, era stata ricollegata alla mancata dimostrazione di un accordo preventivo e organico tra i coimputati inteso a porre in essere gli atti di illecita concorrenza, essendo però emersa l’accidentale cooperazione degli stessi nelle singole occasioni. Pertanto, escluso il reato associativo, la Corte del merito aveva dichiarato la prescrizione dei real:i fine, ritenendo insussistenti, dunque, ragioni per addivenire a una pronuncia ai sensi dell’art. 129, cod. proc. pen.
2. La difesa ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto vizio della motivazione e violazione di legge con riferimento al ritenuto comportamento ostativo. La difesa ha osservato che la decisione impugnata si fonderebbe su una premessa assolutamente errata, frutto di un travisamento dei principi di matrice giurisprudenziale, ampiamente richiamati in ricorso, rilevando come, nella specie, non sussistessero elementi per ritenere che il COGNOME fosse consapevole della pericolosità dei soggeti che frequentava, essendo risultato un unico incontro al quale aveva assistito.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura Generale dello Stato, per il Ministero resistente, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto, in via pregiudiziale, accertare e dichiarare l’inammissibilità del ricorso e respingere ogni altra richiesta di parte ricorrente; in subordine, accertare e dichiarare l’infondatezza del ricorso e per l’effetto respingerlo unitamente ad ogni altra richiesta d parte ricorrente con ogni conseguente statuizione per ciò c:he concerne spese, diritti ed onorari del giudizio.
Considerato in diritto
Il ricorso va rigettato.
Il motivo è infondato, non avendo tenuto conto della circostanza, evidenziata nell’ordinanza impugnata, che l’istante non è stato assolto da tutti i reati per i quali, secondo quanto riportato a pag. 2 del provvedimento, era stato emesso il titolo cautelare.
L’argomento ha, peraltro, natura assorbente e preliminare. Nonostante debba rilevarsi, infatti, il mancato confronto del ricorso con le argomentazioni spese dai giudici della riparazione per ritenere provato un comportamento ostativo dell’istante, eziologicamente collegato all’iniziativa dell’autori giudiziaria, da considerarsi corrette alla stregua degli elementi rimasti accertati nella sentenza assolutoria (sui presupposti del diritto e sulla verific della sussistenza del comportamento ostativo al suo insorgere, Sez. U, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606; sull’autonomia del giudizio della riparazione rispetto a quello di cognizione, sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259082; n. 27458 del 05/02/2019, Hosni, Rv. 276458; n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, Patanella, Rv. 262957; ancora, sulla rilevanza della contiguità e/o connivenza, sez. 4 n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, Rv. 262436; 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; 37528 del 24/6/2008, Rv. 241218; 42679 del 24/5/2007, Rv. 2:37898; infine, sulla rilevanza delle “frequentazioni ambigue”, con soggetti condannati nel medesimo o in diverso procedimento, sez. 4, n. 850 del 28/9/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282565; n. 53361 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274498; n. 49613 del 19/10/2018, B., Rv. 273996; sez. 3, n. 39199 del 1/7/2014, COGNOME, Rv. 260397), difetta, a monte e in maniera risolutiva, un presupposto necessario alla insorgenza stessa del diritto azionato, l’assoluzione cioè nel merito da tutte le accuse per le quali l’istante ha patito la detenzione di che trattasi.
È consolidato, infatti, nella giurisprudenza di legittimità (sin dalla sentenza delle Sez. U, n. 4187 del 30/10/2008, dep. 2009, Pellegrino, Rv. 241855), l’orientamento secondo il quale, in materia di riparazicne per la ingiusta detenzione, ove il provvedimento restrittivo della libertà sia fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il p proscioglimento dalle altre imputazioni (sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, Co/ucci, Rv. 258607; n. 31393 del 18/4/2013, Rv. 257778), a meno che la durata della custodia sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta nei precedenti gradi d giudizio, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, ovvero quando risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’ingiustizia formale della privazione della libertà personale (sez. 3, n. 2451 del 09/10/2014, dep. 2015, Rv. 262396; sez. 4, n. 22058 del 15/2/2018, Dogaru, Rv. 273264). Ciò che, nella specie, non è stato allegato a difesa e neppure emerge dal provvedimento censurato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma non anche quella alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, non avendo la memoria depositata nel suo interesse, a causa della genericità, fornito alcun contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME, Rv. 222264).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla sulle spese al Ministero resistente.
Deciso il 16 novembre 2023