Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11578 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11578 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposti da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sulle conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Roma con ordinanza del 19 maggio – 13 giugno 2023 ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, che è stato ristretto in custodia cautelare in carcere dal 18 luglio 2019 al 25 settembre 2020, in esecuzione di ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Roma dell’8 luglio 2019, in relazione alle accuse di concorso (con NOME COGNOME e con NOME) nei reati di lesioni volontarie in danno di NOME COGNOME, cui è stato procurato con un coltello uno sfregio permanente al viso, e di incendio volontario alla casa di COGNOME, condotta contestata come commessa da parte di COGNOME il 7 marzo 2029, mentre era evaso dagli ‘arresti domiciliari ove doveva rimanere per ordine della Corte di appello di Roma. Condannato il 5 dicembre 2019 in primo grado, all’esito del giudizio abbreviato, alla pena di cinque anni di reclusione, è stato invece assolto dalla Corte di appello di Roma, per non avere commesso il fatto, con sentenza del 25 settembre 2020, divenuta irrevocabile.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale, riassunti gli antefatti, denunzia promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione.
In primo luogo, rammenta avere l’imputato risposto all’interrogatorio il 22 luglio 2019, proclamandosi estraneo ai fatti e fornendo una dettagliata ricostruzione dei propri spostamenti il giorno dei fatti.
Richiama, poi, la motivazione reiettiva, che è incentrata su di un duplice argomento:
da un lato, si valorizza un comportamento ritenuto ambiguo, avere cioè COGNOME assiduamente frequentato il pregiudicato NOME COGNOME, accettando l’incarico, estremamente fiduciario, dallo stesso conferitogli, di “controllare” l compagna di COGNOME, NOME COGNOME, sospettata di essere infedele, ed avere effettuato numerosissime telefonate con COGNOME proprio il giorno dei fatti, sino a tardi;
dall’altro, si sottolinea il mendacio, avendo – si ritiene – COGNOME mentito sede di interrogatorio, attribuendo le chiamate telefoniche a mera curiosità di NOME, il quale, essendo agli arresti domiciliari, non poteva già sapere dell’incendio poco dopo la verificazione dello stesso e non comprendendosi perché dovesse rivolgere le domande proprio a COGNOME, non spiegandosi perché NOME sapesse dove si trovava l’interlocutore in quel momento, cioè proprio alla frazione Pavone di Albano Laziale, ove era la casa incendiata di COGNOME, “reo” di essere lo zio di NOME COGNOME, in quel momento in carcere, che sembrava
intrattenere una “tresca” con la donna di NOME, e mentendo anche perché l’essere allenatore dei figli di NOME in palestra non giustificava la ripetizione delle telefonate con il padre sino a tarda sera.
Sottopone poi il riferito ragionamento a censura, evidenziando:
che la versione resa in interrogatorio del 22 luglio 2019 sarebbe spontanea, logica e coerente;
che la bugia non sussisterebbe ma si tratterebbe solo di una deduzione da una ricostruzione ipotetica che non trova riscontro nell’interrogatorio dello stesso;
che, in realtà, l’ordinanza custodiale era fondata sulle conversazioni intercettate tra terzi, in cui si nominava un certo “NOME” che poi si è scoperto non essere NOME COGNOME ma altra persona cresciuta insieme a NOME, come si legge nella sentenza assolutoria;
che nessuna menzogna avrebbe detto l’imputato, il quale ha esposto la propria versione dei fatti ed ha riferito una serie di circostanze risultate veritiere (essere soprannominato “il pugile” ed essere stato richiesto di controllare la donna di NOME);
che la giurisprudenza di legittimità, che si richiama, in tema di frequentazioni ambigue concausative della privazione della libertà incontra il limite che non tutte le frequentazioni sono tali da integrare colpa ma soltanto quelle che siano da porre in relazione di concausalità con il provvedimento adottato e che «nel caso in esame il provvedimento impugnato non ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, non avendo spiegato le ragioni per le quali le frequentazioni e, in particolare, le telefonate intercorse la sera del 7.3.2019 tra COGNOME e COGNOME dovessero ritenersi avere concorso nel determinare la detenzione soprattutto in considerazione del fatto che l’ordinanza basa fondamentalmente il suo giudizio sull’interpretazione dei risultati delle intercettazioni ambientali avvenute in carcere» (così alle pp. 9-10 del ricorso).
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 27 novembre 2023 ha domandato il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura dello Stato nella memoria del 29 novembre 2023 ha chiesto dichiararsi inammissibile o in subordine rigettarsi il ricorso; con vittoria di spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per i seguenti motivi.
L’ordinanza impugnata è fondata su un duplice ordine di ragioni: la ritenuta – menzogna e le frequentazioni ambigue dell’imputato.
2.1. Quanto al primo tema, la critica svolta al riguardo alle pp. 5-6 dell’impugnazione coglie nel segno. In effetti, la Corte territoriale non chiarisce se il mendacio sia già stato ritenuto tale dai Giudici della cautela o della cognizione ovvero se si tratti di una valutazione propria del Giudice della riparazione. Si tratta di aspetto necessariamente da puntualizzare.
2.2. In ogni caso, premesso che, in linea di principio, «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il mendacio dell’indagato in sede di interrogatorio, ove causalmente rilevante sulla determinazione cautelare, incide sull’accertamento dell’eventuale colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione anche a seguito della modifica dell’art. 314 cod. proc. pen. ad opera dell’art. 4, comma 4, lett. b), d.lgs. 8 novembre 2021, n. 188, posto che la falsa prospettazione di situazioni, fatti o comportamenti non è condotta assimilabile al silenzio serbato nell’esercizio della facoltà difensiva prevista dall’art. 64, comma 3, lett. b) cod. proc. pen.», nondimeno nel caso di specie la motivazione dell’ordinanza non spiega l’esistenza di un nesso di causalità tra il ritenuto – mendacio, ove esistente, ed il protrarsi della misura cautelare, non potendo evidentemente avere causato l’emissione della misura (eseguita il 18 luglio 2019, p. 2 del provvedimento impugnato) dichiarazioni rese dopo l’arresto (l’interrogatorio è avvenuto il 22 luglio 2019, v. p. 2 dell’ordinanza). Infatti occorre valutare se il mendacio sia risultato in concreto sinergico o meno all’emissione del provvedimento di cautela ovvero al suo mantenimento (cfr. Sez. 4, n. 27533 del 27/05/2008, Min. Economia in proc. Vergassola, Rv. 240891; Sez. 4, n. 24374 del 27/04/2006, Ranno, Rv. 234574). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Nesso di causalità che non risulta adeguatamente illustrato nemmeno quanto al secondo aspetto messo in rilievo dalla Corte territoriale ossia quello delle frequentazioni ambigue. Infatti è necessario, ad avviso del Collegio, dare continuità al principio di diritto secondo il quale «In tema di riparazione per ingiusta detenzione, le “frequentazioni ambigue” con soggetti condannati nel medesimo o in diverso procedimento sono ostative al risarcimento, quale comportamento gravemente colposo del richiedente ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., a condizione che emerga, quanto meno, una concausalità rispetto all’adozione, nei suoi confronti, del provvedimento applicativo della custodia cautelare. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva escluso la ravvisabilità della colpa grave in una telefonata intercorsa tra il richiedente e un soggetto imputato del medesimo reato in un diverso procedimento, in quanto relativa ad attività criminale diversa da quella per cui il
primo era stato assolto)» (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, dep. 2022, PG in proc. Denaro Manlio, Rv. 282565) e «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, può essere integrata anche da comportamenti quali le frequentazioni ambigue con i soggetti condannati nel medesimo procedimento, purchè il giudice della riparazione fornisca adeguata motivazione della loro oggettiva idoneità ad essere interpretate come indizi di complicità, in rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti con tali persone, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato. (Fattispecie in tema di rapina, in cui la Corte ha annullato con rinvio l’impugnata ordinanza che aveva omesso di esplicitare le ragioni per le quali le frequentazioni del ricorrente con alcuni dei rapinatori avessero concorso nel determinare la detenzione)» (Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, Puro Pasquale, Rv. 2374498).
Discende la statuizione in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma, cui demanda anche la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso il 20/12/2023.