Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37861 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 37861 Anno 2025 Presidente: COGNOME NOME
Con ordinanza in data 21.11.2024 la Corte d’appello di Bari ha rigettato l’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. proposta dal difensore nonché procuratore Relatore: COGNOME NOME Data Udienza: 14/10/2025
speciale di COGNOME NOME in relazione al periodo di ingiusta detenzione dal medesimo patita in regime di arresti domiciliari dal 5.2.2015 al 4.5.2015, in esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza emessa in data 2.2.2015 dal Gip del locale Tribunale in quanto gravemente indiziato con altri del reato di cui agli artt. 110, 319 cod.pen. Secondo l ‘ipotesi accusatoria il COGNOME, in qualità di Responsabile RAGIONE_SOCIALE‘Ufficio dei Lavori Pubblici del Comune RAGIONE_SOCIALE Gioia del Colle, aveva accettato una tangente pari ad Euro 100.000,00 da parte di un imprenditore edile, tale NOME COGNOMECOGNOME al fine di favorirlo n ell’aggiudicazione di una gara indetta con determina dirigenziale n. 886 del 4.9.2014 ed avente ad oggetto l”approvazione di un avviso pubblico per l’acquisizione di manifestazioni di interesse per la realizzazione di interventi di social housing’ nel suddetto Comune. Si ipotizzava altresì la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353 bis cod.pen.) e la turbata libertà degli incanti (art. 353 cod.pen.)
A seguito RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALEa misura custodiale, in data 4.5.2015 il Tribunale di Bari, adito in sede di appello, sostituiva la misura con quella non detentiva del divieto di dimora nel Comune di Gioia del Colle; misura poi revocata in data 4.11.2015..
Quanto al merito, in data 15.9.2017 il Gip, all’esito di rito abbreviato, aveva assolto l’imputato dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste, sentenza confermata in appello in data 20.10.2021, divenuta irrevocabile in data 5.3.2022.
Il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha fondato il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘istanza sulla ritenuta ricorrenza RAGIONE_SOCIALEa causa ostativa integrata dalle frequentazioni e dalle interlocuzioni, peraltro criptate, tenute con l’imprenditore coinvolto COGNOME.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia e procuratore speciale, articolando un motivo di ricorso.
Con detta doglianza deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. per inosservanza ed erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale in relazione alla valutazione RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa riparazione per ingiusta detenzione nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione.
Si assume che l’ordinanza impugnata ha rigettato l’istanza sul presupposto che l’istante abbia intrattenuto rapporti diretti con gli imprenditori in cui si affrontavano temi sensibili relativi a gare da effettuare invece di mantenere la
giusta distanza. Il passaggio in cui si fa riferimento alla ‘riprovevolezza dei comportamenti tenuti dai funzionari ed amministratori coinvolti e pertanto anche RAGIONE_SOCIALE‘istante’ é tuttavia costituto dal richiamo alla sentenza n. 2158/2020 resa dal Tribunale di Bari a carico di COGNOME e COGNOME e non già RAGIONE_SOCIALE‘istante. E’ quindi infondata l’affermazione secondo cui il RAGIONE_SOCIALE aveva avuto molteplici interlocuzioni con lo studio RAGIONE_SOCIALE ed il riferimento alle asserite frequentazioni. Si censura l’ordinanza impugnata in quanto si é limitata a richiamare il provvedimento cautelare ed il singolo e generico passaggio motivazionale RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello mutuato peraltro da una sentenza che non é stata pronunciata nei confronti del COGNOME.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é fondato.
L’art.314 comma 1 cod.proc.pen. prevede al primo comma che “chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave”.
In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, dunque, rappresenta causa impeditiva all’affermazione del diritto alla riparazione l’avere l’interessato dato causa, per dolo o per colpa grave, all’instaurazione o al mantenimento RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare (art. 314, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen.); l’assenza di tale causa, costituendo condizione necessaria al sorgere del diritto all’equa riparazione, deve essere accertata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione RAGIONE_SOCIALEa parte (cfr. sul punto questa Sez. 4, n. 34181 del 5.11.2002, Rv. 226004).
In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di presupposti per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa – e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, primo comma, cod. proc. pen. – non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma
anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro RAGIONE_SOCIALE‘ “id quod plerumque accidit” secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria a tutela RAGIONE_SOCIALEa comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo (Sez. Unite n. 43 del 13.12.1995 dep. 1996, Rv. 203637).
Ed inoltre, il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale (ex plurimis: Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, Rv. 222263 ; Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016, dep. 2017, Rv. 268952 ).
La colpa grave di cui all’art. 314 cod. proc. pen., quale elemento negativo RAGIONE_SOCIALEa fattispecie integrante il diritto all’equa riparazione in oggetto, non necessita difatti di estrinsecarsi in condotte integranti, di per sé, reato, se tali, in forza di una valutazione ex ante, da causare o da concorrere a dare causa all’ordinanza cautelare (sul punto si vedano anche Sez. 4, n. 49613 del 19/10/2018, B., Rv. 273996 – 01, in motivazione, oltre che i precedenti ivi richiamati, tra cui Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Rv. 259082).
A tali fini, è necessario uno specifico raffronto tra la condotta del richiedente (da ricostruirsi anche in considerazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza assolutoria) e le ragioni sottese all’intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità e/o alla sua persistenza (Sez. 3, n. 36336 del 19/06/2019, Rv. 277662, nonché Sez. 4, n. 27965 del 07/06/2001, Rv. 219686), con motivazione che deve apprezzare la sussistenza di condotte che rivelino dolo ovvero eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazioni di leggi o regolamenti che, se coerente e non manifestamente illogica, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 27458 del 05/02/2019, Hosni, Rv. 276458 e anche, tra le altre, Sez. 4, n. 22642 del 21/03/2017, COGNOME, Rv. 270001).
In sede di giudizio ex art. 314 cod.proc.pen. occorre, quindi, muovere non dagli elementi fondanti la misura cautelare bensì dall’accertamento RAGIONE_SOCIALEa condotta del richiedente, anche in ragione dei fatti ritenuti provati o non esclusi dal giudice penale, per poi valutarla ai fini del giudizio circa la condizione ostativa del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave e del loro collegamento sinergico con l’intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità in relazione alle circostanze sottese all’ordinanza cautelare.
A tal fine il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione non può valorizzare elementi di fatto la cui verificazione sia stata esclusa dal giudice di merito, ovvero anche solo non
accertata al di là di ogni ragionevole dubbio, con la conseguenza che non possono essere considerate ostative al diritto all’indennizzo condotte escluse sul piano fattuale o ritenute non sufficientemente provate con la sentenza di assoluzione (Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039; Sez. 4, n.46469 del 14/09/2018, Colandrea, Rv. 274350).
Nella specie, l’ordinanza impugnata, non confrontandosi con i principi regolanti la materia, come dianzi esposti, e con un evidente errore di impostazione nel valutare la condotta ostativa RAGIONE_SOCIALE‘istante, si è posta nell’ottica originaria del giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela, soffermandosi anzi sulla valutazione del concetto di indizio ai fini RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, ed analizzando gli elementi probatori posti a base RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza applicativa RAGIONE_SOCIALEa misura ed apprezzandone l ‘ idoneità ad ingenerare il convincimento circa la sussistenza di elementi di responsabilità a carico del COGNOME. Non ha, tuttavia, in alcun modo vagliato tali elementi alla luce RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione, al fine di accertare se gli stessi siano stati ritenuti provati o invece siano stati esclusi dal giudice del merito.
Il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, proseguendo nel suo percorso logico, ha quindi individuato una condotta gravemente colposa RAGIONE_SOCIALE ‘ istante concretata dalle frequentazioni ambigue/interlocuzioni e dai colloqui tenuti nonché dal linguaggio adoperato, anche in termini criptati, con l’imprenditore COGNOME ritenendo, infine, in maniera assolutamente generica e non circostanziata , che ‘le conversazioni confidenziali restano nella loro ambiguità e nella loro inopportunità’.
In conclusione l’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio per un nuovo giudizio alla Corte d’appello di Bari cui demanda anche la regolamentazione tra le parti RAGIONE_SOCIALEe spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appe llo di Bari, cui demanda anche la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio tra le parti.
Così deciso il 14.10.2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME