Riparazione Misure di Sicurezza: L’Importanza della Specificità del Ricorso
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9191/2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di riparazione per misure di sicurezza: la necessità che l’istanza presentata sia completa e specifica fin dall’inizio. Il caso in esame riguarda un cittadino che, dopo aver subito per quasi trent’anni l’applicazione di misure di sicurezza, si è visto dichiarare inammissibile la richiesta di indennizzo per un difetto cruciale: la mancata allegazione e prova dei presupposti di legge. Questa decisione offre spunti essenziali sull’onere della prova che grava su chi avanza tali pretese.
I Fatti del Caso
Un cittadino presentava un’istanza alla Corte d’Appello di Brescia per ottenere una riparazione economica ai sensi dell’art. 643 del codice di procedura penale. L’uomo sosteneva di aver subito ingiustamente l’applicazione di misure di sicurezza dal 1988 al 2016. La Corte d’Appello, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, la domanda era una mera reiterazione di altre due istanze già respinte in precedenza. Inoltre, il richiedente non aveva allegato né i provvedimenti che avevano originariamente applicato le misure di sicurezza, né l’eventuale provvedimento di revoca divenuto definitivo da meno di due anni, presupposto necessario per l’azione. Infine, non era stata fornita alcuna argomentazione sull’assenza di dolo o colpa grave nella causazione della misura stessa.
Contro questa decisione, il cittadino proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente inquadrato la sua richiesta, che a suo dire non si basava sull’art. 643 c.p.p. (relativo alla revisione), ma sull’art. 314 c.p.p., che disciplina la riparazione per ingiusta detenzione, applicabile in via analogica.
La Questione Legale della Riparazione Misure di Sicurezza
Il fulcro della questione non risiedeva tanto nella corretta qualificazione giuridica della norma invocata (art. 643 vs. art. 314 c.p.p.), quanto nella sostanza stessa del ricorso. La Corte di Cassazione ha evidenziato come, indipendentemente dal riferimento normativo, l’istanza fosse intrinsecamente aspecifica. Il ricorrente, infatti, aveva omesso completamente di operare qualsiasi allegazione concreta e documentale.
Per ottenere un indennizzo, non è sufficiente lamentare di aver subito una misura restrittiva. È indispensabile dimostrare, documenti alla mano, quali provvedimenti hanno imposto tali misure e, soprattutto, quali successivi provvedimenti hanno sancito l’illegittimità o l’ingiustizia di quella applicazione (ad esempio, una sentenza di proscioglimento o un accertamento sull’assenza delle condizioni per l’applicazione della misura).
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte Suprema ha ritenuto il ricorso inammissibile perché totalmente carente sotto il profilo probatorio. Si legge nella sentenza che il ricorrente “omette del tutto di operare qualsiasi allegazione inerente agli originari provvedimenti limitativi della libertà personale”. Mancava, quindi, l’elemento fondamentale su cui costruire la richiesta di riparazione per le misure di sicurezza.
I giudici hanno sottolineato che, sia che si applichi la disciplina della revisione sia quella dell’ingiusta detenzione, l’onere di allegare e provare i fatti costitutivi del diritto all’indennizzo grava interamente sul richiedente. La Corte territoriale, secondo la Cassazione, aveva correttamente rilevato questa carenza, rendendo la sua decisione di inammissibilità immune da censure. La semplice affermazione di aver subito una misura restrittiva, per quanto prolungata nel tempo, non è sufficiente a innescare il diritto alla riparazione se non è supportata da una documentazione adeguata.
Conclusioni
La sentenza n. 9191/2024 è un monito chiaro: le domande di riparazione e indennizzo devono essere fondate su basi solide e documentate. Il sistema giudiziario non può supplire alle mancanze del ricorrente. Chiunque intenda avviare un’azione per ottenere una riparazione da misure di sicurezza deve preparare un’istanza completa, allegando tutti i provvedimenti rilevanti (quelli impositivi e quelli successivi che ne hanno decretato l’illegittimità) e argomentando in modo puntuale sulle condizioni previste dalla normativa. In assenza di tale specificità, il rischio concreto, come dimostra questo caso, è una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame nel merito della domanda, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso per la riparazione da misure di sicurezza è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘intrinsecamente aspecifico’. Il ricorrente ha omesso di allegare e provare i fatti a fondamento della sua richiesta, come gli originari provvedimenti che hanno applicato le misure di sicurezza e i successivi provvedimenti che ne avrebbero sancito l’illegittimità.
Qual è l’onere della prova per chi chiede un indennizzo di questo tipo?
L’onere della prova grava interamente sul richiedente. Egli deve fornire alla corte tutti gli elementi e i documenti necessari a dimostrare l’esistenza del suo diritto, inclusi i provvedimenti giudiziari rilevanti. Non è sufficiente affermare di aver subito un’ingiustizia.
La Corte di Cassazione è entrata nel merito della scelta tra art. 643 e art. 314 c.p.p.?
No, la Corte ha ritenuto la questione irrilevante ai fini della decisione. Ha specificato che, a prescindere dalla norma invocata, il ricorso era comunque carente degli elementi fondamentali di allegazione e prova richiesti per qualsiasi richiesta di indennizzo, rendendolo inammissibile a priori.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9191 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9191 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a LA SPEZIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; letta la memoria depositata dal RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto di dichiarare inammissibile ovvero di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’istanza di riparazione formulata da NOME COGNOME ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.643 cod.proc.pen. in riferimento alla sofferta applicazione di misure di sicurezza tra il 1988 e il 2016; ha osservato che la relativa domanda era reiterativa di analoghe istanze già dichiarate inammissibili con ordinanze emesse il 27/02/2019 e 1’11/02/2022; ha rilevato che l’art.643 sopra richiamato è applicabile nei confronti dei soggetti prosciolti in sede di revisione mentre – nel caso di specie – non risultavano indicati e allegati i provvedimenti di applicazione RAGIONE_SOCIALEe misure di sicurezza e nemmeno quello che avrebbero revocato le relative condanne é divenute definitive da meno di due anni; ha quindi dichiarato inammissibile l’istanza per difetto di allegazione e prova in ordine al presupposto di fatto suddetto, osservando altresì che nulla era stato dedotto in ordine all’assenza RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto l’erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale per violazione degli artt. 313, comma 3, e 643 cod.proc.pen…
Ha dedotto che la declaratoria di inammissibilità era stata pronunciata sull’errato presupposto che la richiesta fosse stata avanzata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.643 cod.proc.pen., quando – di fatto – la disposizione invocata era l’art.313 cod.proc.pen. in riferimento all’art.314 cod.proc.pen., non sussistendo quindi nel caso di specie la necessità RAGIONE_SOCIALE‘esistenza di una sentenza di proscioglimento a seguito di revisione; ha dedotto che la mancata allegazione dei provvedimenti restrittivi non poteva porsi alla base di un giudizio di inammissibilità così come la presenza di due analoghe e precedenti istanze pure giudicate inammissibili, non tenendo conto la statuizione impugnata RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore tempo trascorso in limitazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale.
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Il RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.
Il ricorso è inammissibile in quanto intrinsecamente aspecifico.
Difatti il motivo di impugnazione, nel dedurre che l’originaria istanza non sarebbe stata proposta ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.643 cod.proc.pen. ma RAGIONE_SOCIALE‘art.314, comma 2, cod.proc.pen. (in riferimento all’art.313 cod.proc.pen.) elemento peraltro smentito dal tenore letterale RAGIONE_SOCIALE‘istanza medesima omette del tutto di operare qualsiasi allegazione inerente agli origina provvedimenti limitativi RAGIONE_SOCIALEa libertà personale per effetto RAGIONE_SOCIALE‘applicazio provvisoria di misure di sicurezza così come ai conseguenti provvedimenti che avrebbero successivamente disposto il proscioglimento del ricorrente ovvero accertato l’assenza RAGIONE_SOCIALEe condizioni di applicabilità RAGIONE_SOCIALEe misur medesime.
Pertanto, come ritenuto dalla Corte territoriale e anche in riferiment alla diversa prospettazione operata dal ricorrente, è comunque carente qualsiasi allegazione e deduzione in ordine alle condizioni previste dall normativa processuale invocata ai fini del riconoscimento del richiesto indennizzo.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali; ed inoltre, alla luce RAGIONE_SOCIALEa sentenza 1 giugno 2000, n. 186, RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale e rilevato che, nell fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propost il ricorso senza versare in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa d inammissibilità», il ricorrente va condanNOME al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe ammende.
Quanto al rapporto processuale con il RAGIONE_SOCIALE nulla va provveduto in ordine alle spese, atteso il caratte tautologico RAGIONE_SOCIALEe argomentazioni contenute nella relativa memoria di costituzione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE. Nulla sulle spese in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente.
Così deciso il 9 febbraio 2024
DEPOSITATO IN CANCEUERIA