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Riparazione misure di sicurezza: ricorso inammissibile

La Cassazione conferma l’inammissibilità di una richiesta di riparazione per misure di sicurezza subite per anni. Il ricorso è stato respinto per la mancata allegazione dei provvedimenti restrittivi e delle prove necessarie a fondare la domanda, evidenziando il rigoroso onere della prova a carico del richiedente. La decisione sottolinea che un’istanza, per essere accolta, deve essere completa e specifica sin dall’inizio.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riparazione Misure di Sicurezza: L’Importanza della Specificità del Ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9191/2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di riparazione per misure di sicurezza: la necessità che l’istanza presentata sia completa e specifica fin dall’inizio. Il caso in esame riguarda un cittadino che, dopo aver subito per quasi trent’anni l’applicazione di misure di sicurezza, si è visto dichiarare inammissibile la richiesta di indennizzo per un difetto cruciale: la mancata allegazione e prova dei presupposti di legge. Questa decisione offre spunti essenziali sull’onere della prova che grava su chi avanza tali pretese.

I Fatti del Caso

Un cittadino presentava un’istanza alla Corte d’Appello di Brescia per ottenere una riparazione economica ai sensi dell’art. 643 del codice di procedura penale. L’uomo sosteneva di aver subito ingiustamente l’applicazione di misure di sicurezza dal 1988 al 2016. La Corte d’Appello, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, la domanda era una mera reiterazione di altre due istanze già respinte in precedenza. Inoltre, il richiedente non aveva allegato né i provvedimenti che avevano originariamente applicato le misure di sicurezza, né l’eventuale provvedimento di revoca divenuto definitivo da meno di due anni, presupposto necessario per l’azione. Infine, non era stata fornita alcuna argomentazione sull’assenza di dolo o colpa grave nella causazione della misura stessa.

Contro questa decisione, il cittadino proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente inquadrato la sua richiesta, che a suo dire non si basava sull’art. 643 c.p.p. (relativo alla revisione), ma sull’art. 314 c.p.p., che disciplina la riparazione per ingiusta detenzione, applicabile in via analogica.

La Questione Legale della Riparazione Misure di Sicurezza

Il fulcro della questione non risiedeva tanto nella corretta qualificazione giuridica della norma invocata (art. 643 vs. art. 314 c.p.p.), quanto nella sostanza stessa del ricorso. La Corte di Cassazione ha evidenziato come, indipendentemente dal riferimento normativo, l’istanza fosse intrinsecamente aspecifica. Il ricorrente, infatti, aveva omesso completamente di operare qualsiasi allegazione concreta e documentale.

Per ottenere un indennizzo, non è sufficiente lamentare di aver subito una misura restrittiva. È indispensabile dimostrare, documenti alla mano, quali provvedimenti hanno imposto tali misure e, soprattutto, quali successivi provvedimenti hanno sancito l’illegittimità o l’ingiustizia di quella applicazione (ad esempio, una sentenza di proscioglimento o un accertamento sull’assenza delle condizioni per l’applicazione della misura).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha ritenuto il ricorso inammissibile perché totalmente carente sotto il profilo probatorio. Si legge nella sentenza che il ricorrente “omette del tutto di operare qualsiasi allegazione inerente agli originari provvedimenti limitativi della libertà personale”. Mancava, quindi, l’elemento fondamentale su cui costruire la richiesta di riparazione per le misure di sicurezza.

I giudici hanno sottolineato che, sia che si applichi la disciplina della revisione sia quella dell’ingiusta detenzione, l’onere di allegare e provare i fatti costitutivi del diritto all’indennizzo grava interamente sul richiedente. La Corte territoriale, secondo la Cassazione, aveva correttamente rilevato questa carenza, rendendo la sua decisione di inammissibilità immune da censure. La semplice affermazione di aver subito una misura restrittiva, per quanto prolungata nel tempo, non è sufficiente a innescare il diritto alla riparazione se non è supportata da una documentazione adeguata.

Conclusioni

La sentenza n. 9191/2024 è un monito chiaro: le domande di riparazione e indennizzo devono essere fondate su basi solide e documentate. Il sistema giudiziario non può supplire alle mancanze del ricorrente. Chiunque intenda avviare un’azione per ottenere una riparazione da misure di sicurezza deve preparare un’istanza completa, allegando tutti i provvedimenti rilevanti (quelli impositivi e quelli successivi che ne hanno decretato l’illegittimità) e argomentando in modo puntuale sulle condizioni previste dalla normativa. In assenza di tale specificità, il rischio concreto, come dimostra questo caso, è una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame nel merito della domanda, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso per la riparazione da misure di sicurezza è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘intrinsecamente aspecifico’. Il ricorrente ha omesso di allegare e provare i fatti a fondamento della sua richiesta, come gli originari provvedimenti che hanno applicato le misure di sicurezza e i successivi provvedimenti che ne avrebbero sancito l’illegittimità.

Qual è l’onere della prova per chi chiede un indennizzo di questo tipo?
L’onere della prova grava interamente sul richiedente. Egli deve fornire alla corte tutti gli elementi e i documenti necessari a dimostrare l’esistenza del suo diritto, inclusi i provvedimenti giudiziari rilevanti. Non è sufficiente affermare di aver subito un’ingiustizia.

La Corte di Cassazione è entrata nel merito della scelta tra art. 643 e art. 314 c.p.p.?
No, la Corte ha ritenuto la questione irrilevante ai fini della decisione. Ha specificato che, a prescindere dalla norma invocata, il ricorso era comunque carente degli elementi fondamentali di allegazione e prova richiesti per qualsiasi richiesta di indennizzo, rendendolo inammissibile a priori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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