Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6820 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6820 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LAMEZIA TERME il 23/08/1954
avverso l’ordinanza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sejfie le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. COGNOME NOME ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello di Catanzaro, depositata in data 28/10/2024, di rigetto della richiesta di riparazione per la dedotta ingiusta detenzione sofferta agli arresti domiciliari dal 13/10/2010 al 25/1/2011, nell’ambito di un procedimento penale nel quale erano elevate a suo carico contestazioni riguardanti i reati di cui agli artt. 416 cod. pen. (capo 1), 479 cod. pen. (capi 97,99,101) e 640-bis cod. pen. (capi 98,100).
Con sentenza del giudice di primo grado (n. 30/2014) il ricorrente era assolto dal reato di cui all’art. 416 (capo 1) ed era condannato per i reati di cui agli artt. 479 cod. pen. e 640-bis cod. pen.
Con sentenza di appello (n. 2138/17) il richiedente veniva condannato per il solo delitto di falso (479 cod. pen.); era invece emessa pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione per il reato di cui all’art. 640-bis cod. pen.
Con sentenza della Corte d’appello n. 3835/18, a seguito di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, il ricorrente era assolto dal delitto di falso.
Il giudice della riparazione, nel provvedimento impugnato, ha rigettato la richiesta dell’indennizzo, osservando che, con riferimento al reato di cui all’art. 640-bis cod. pen., per il quale era stata pure applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari, era intervenuta sentenza di proscioglimento per prescrizione.
All’uopo ha richiamato il principio, espresso più volte dalla Suprema Corte, secondo cui, in caso di processo cumulativo, ove il provvedimento restrittivo sia fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il sorgere del diritto, risultando ininfluente il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni (così Sez. 4, n. 8300 del 10/01/2024, COGNOME, Rv. 285871; Sez. 4, n. 29623 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279713; Sez. 4, n. 31393 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 257778).
La difesa contesta la ricostruzione operata dai giudici nella ordinanza impugnata, rappresentando che il titolo cautelare emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lamezia Terme non aveva riguardato il reato di truffa aggravata, ma il solo delitto associativo.
Allega, a sostegno dell’assunto, un estratto della ordinanza applicativa della misura cautelare, segnalando come, a pag. 224 del provvedimento, il giudice
della cautela avesse ritenuto raggiunta la gravità indiziaria solo in relazione alla fattispecie associativa.
Pertanto, sostiene, poiché la misura cautelare non aveva riguardato il reato di truffa aggravata, interessato dalla pronuncia di estinzione per prescrizione, non risulterebbe applicabile al caso in esame l’orientamento richiamato nel provvedimento ai fini del diniego dell’indennizzo e l’ordinanza, fondata su un erroneo presupposto, sarebbe meritevole di annullamento.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero resistente, costituito a mezzo dell’Avvocatura di Stato, ha depositato articolata memoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso con adozione delle conseguenti statuizioni in materia di spese.
4. Il ricorso è inammissibile.
La censura elevata dal ricorrente non è stata adeguatamente documentata, avendo la difesa allegato a sostegno dell’assunto soltanto un estratto della misura cautelare emessa a carico del richiedente. Da tale estratto non risulta possibile desumere che il titolo cautelare riguardasse soltanto la fattispecie associativa. Nella pagina segnalata nel ricorso – pag. 224 dell’ordinanza di custodia cautelare allegata – si legge che il giudice aveva ritenuto integrata la gravità indiziaria necessaria per l’adozione del provvedimento cautelare in ordine al reato di cui al capo “A”; detto capo, tuttavia, non corrisponde alla numerazione della rubrica presente nella parte iniziale dell’ordinanza custodiale.
Pur ammettendo che il giudice della cautela abbia voluto riferirsi al capo 1 della rubrica, riguardante la fattispecie associativa, in detto capo sono descritte una serie di condotte che hanno trovato ulteriore specificazione nelle successive contestazioni riguardanti numerosi reati satellite, collegati ai diversi illeciti finanziamenti ottenuti dai sodali della contestata associazione.
Nell’estratto allegato al ricorso – mancante di numerose pagine – è riportata solo la parte riguardante l’associazione; manca invece la parte dedicata alla disamina dei singoli reati satellite, da cui avrebbero potuto trarsi elementi per comprendere se il giudice della cautela avesse voluto effettivamente limitare alla sola contestazione associativa il provvedimento restrittivo.
Per altro verso, sempre dall’allegazione prodotta, si evince come il giudice, sia pure ai fini del sequestro di beni (pag. 225), avesse ritenuto sussistente la gravità indiziaria con riferimento ai delitti di cui agli artt. 640-bis e 648-bis cod. pen.
Da quanto precede discende l’inammissibilità del ricorso, poiché l’allegazione prodotta non consente realmente di apprezzare la fondatezza del rilievo difensivo. Deve in proposito rammentarsi come alla Corte di Cassazione sia inibito qualunque potere istruttorio, costituendo onere della parte produrre nella sua interezza l’atto asseritamente idoneo a contrastare la decisione impugnata.
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000). Il ricorrente è altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente che liquida in complessivi euro mille oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dal Ministero resistente che liquida in complessivi euro mille oltre accessori di legge.
In Roma, così deciso il 5 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente