Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1860 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1860 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AFRICO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, con le quali si è chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Milano ha rigettato la richiesta di riconoscimento di un indennizzo a titolo di riparazione per ingiusta detenzione, presentata nell’interesse di COGNOME NOME, in relazione alla detenzione subita dal 13/4/2011 al 13/11/2013 (per anni due, mesi sette e giorni uno) nell’ambito di un procedimento, nel quale era stato chiamato a rispondere per reati in materia di narcotraffico, essendo stato assolto per non aver commesso il fatto già in primo grado, con sentenza confermata in grado di appello.
In via preliminare, la Corte territoriale ha valutato la questione introdotta dalla Procura generale inerente alla fungibilità della quale i richiedente si era già avvalso, ai sensi dell’art. 314, comma 4, cod. proc. pen., con riferimento alle condanne riportate ai punti 16 e 17 del certificato del casellario giudiziale. E, a tal fine, ha ritenuto che dagli atti emergess conferma che la custodia oggetto del presente procedimento era stata scomputata dalle pene riportate per reati commessi in date anteriori all’inizio delle detenzione per la quale si è chiesta la liquidazicne dell’indennizzo, cosicchè la fungibilità non era preclusa dall’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. Ha, dunque, rigettato la domanda già sotto tale profilo.
Tuttavia quel giudice ha operato anche un analitico vaglio circa la sussistenza di una colpa grave ostativa, traendo elementi a conferma di essa nelle stesse sentenze assolutorie, data per incontestata la identificazione del COGNOME quale interlocutore nei dialoghi captati, ritenuti rilevanti ai fini di tale scrutinio, esponendo ben cinque argomenti a sostegno della conclusione rassegnata, esposti alle pagg. da 4 a 12 della ordinanza impugnata.
In particolare, ha ritenuto che dalla sentenza assolutoria emergesse il coinvolgimento dell’istante in attività illecite e lucrose, rinviando ad alcu dialoghi ritenuti a tal fine eloquenti dallo stesso giudice dell’assoluzione. Ha, poi, ritenuto provata la connivenza del COGNOME con altri soggetti coinvolti nel traffico di sostanze stupefacenti, avuto riguardo al tenore di dialoghi, anche intrattenuti con soggetti ai quali egli era legato da rapporti di parentela, non giustificati però da tale relazione, concernenti aspetti organizzativi e logistici strettamente correlati a cointeressenze di tipo economico, il cui oggetto non poteva essere esplicitato per telefono, avendo l’istante manifestato, talora implicitamente, tal’altra esplicitamente, una posizione
sovraordinata rispetto all’interlocutore. In esito all’esame minuzioso dei singoli elementi rimasti accertati nel giudizio di cognizione, il giudice della riparazion ha ritenuto gravemente colposo il comportamento del COGNOME per essersi egli prestato a dare un apporto a operazioni di trasporto di droga, sebbene la realizzazione fosse rimasta nel dubbio (di qui l’intervenuta assoluzione, ma al contempo, la ritenuta antigiuridicità della condotta). Sotto altro, ulterio profilo, poi, la Corte della riparazione ha valutato i rapporti del COGNOME con i suoi interlocutori, in uno con la scelta di impiegare, nelle comunicazioni con costoro, un linguaggio volutamente criptico, adottando acc:orgimenti linguistici propri degli affari illeciti, nella consapevolezza, quantomeno, che altri stessero per commettere reati. In altri termini, per i giudici della riparazione, il f che il COGNOME avesse conversato ripetutamente di attività di narcotraffico svolta dai suoi familiari anche con il concorso di altri interlocutori diretti tradotto in quel comportamento gravemente colposo, causalmente sinergico rispetto alla privazione della libertà.
Ancora, la Corte territoriale ha vallorizzato le frequentazioni ambigue emerse con soggetti condannati nello stesso procedimento, in uno con la contiguità rispetto a interessi patrimoniali gestiti dal fratello NOMENOME il qua aveva un rapporto diretto con il fornitore straniero RUZIC. Le conversazioni intercettate avevano, infatti, riguardato argomenti che si prestavano a essere letti come indizi di una complicità, nessun dialogo essendo giustificato da motivi inerenti semplicemente al rapporto di parentela con il citato germano, tenuto anche conto della quotidianità dei contatti con i soggetti pregiudicati. Infine, quel giudice ha richiamato il prolungato stato di latitanza dell’istant del quale lo stesso si era vantato nel corso di alcune conversazioni, dando anche spiegazioni compatibili con la descrizione di una cbritraffazione di un documento d’identità, anche tali elementi ponendosi sinergicamente rispetto al titolo privativo della libertà, siccome espressione di una esperienza criminale ad ampio raggio.
3. La difesa del COGNOME ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione dell’art. 314, cod. proc. pen., affermando, quanto alla fungibilità, che le ragioni del ricorrente si porrebbero in maniera chiara e netta a favore dell’accoglimento della domanda; quanto al comportamento ostativo, che quello individuato dai giudici della riparazione nbri avrebbe valenza genetica di colpa.
4. Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato ín diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il motivo è del tutto generico, con esso essendo prospettate deduzioni prive delle ragioni in diritto e dei dati di fatto a sostegno delle richieste censure non si traducno, invero, in critche specifiche alle argomentazioni poste a base della decisione impugnata. Anche il ricorso per cassazione, infatti, al pari dell’appello, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quand non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto al ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione;sez.5, n. 34504 del 25/5/2018, COGNOME, Rv. 273778-01; sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584, in motivazione).
Peraltro, una volta operata dal giudice della riparazione l’analitica disamina esitata nell’affermazione della sussistenza della condizione ostativa all’insorgenza del diritto azionato, in maniera del tutto coerente con i princip più volte affermati in materia (sui presupposti del diritto e sulla verifica del sussistenza del comportamento ostativo al suo insorgere, Sez. U, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606; sull’autonomia del giudizio della riparazione rispetto a quello di cognizione, sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259082; n. 27458 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 276458; n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262957; ancora, sulla rilevanza della contiguità e/o connivenza, sez. 4 n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, Rv. 262436; 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; 37528 del 24/6/2008, Rv. 241218; 42679 del 24/5/2007, Rv. 237898; infine, sulla rilevanza delle “frequentazioni ambigue”, con soggetti condannati nel medesimo o in diverso procedimento, sez. 4, n. 850 del 28/9/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282565; n. 53361 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274498; n. 49613 del 19/10/2018, B., Rv. 273996; sez. 3, n. 39199 del 1/7/2014, COGNOME, Rv. 260397), la questione della fungibilità dovrebbe considerarsi assorbita. Tuttavia, mette conto
osservare, sul punto specifico, che, a fronte dell’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo la quale la custodia cautelare oggetto dell’istanza era già stata sconnputata dalla pena relativa ai precedenti di cui ai punti 16 e 17 del certificato del casellario, la parte si è limitata ad una laconic affermazione di dissenso non argomentata, omettendo di considerare che, mentre nella determinazione della pena da eseguire, occorre tener conto (a fini di scomputo) di tutti i periodi di custodia cautelare, relativi ad altri fatt precedenza sofferti dal condannato, compresi quelli per cui abbia già ottenuto il riconoscimento del diritto alla riparazione, si deve, per altro verso, escluder – in forza della inderogabile applicazione del principio di fungibilità del detenzione – l’esistenza di una facoltà di scelta tra il ristoro pecuniario, di c all’art. 314 cod. proc. pen., e lo scomputo dalla pena da espiare della custodia cautelare ingiustamente sofferta (sez. 4, n.33671 del 14/6/2016, Cava/faro, Rv. 267443-01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 16 novembre 2023