Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10479 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10479 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Avola il 11/04/1987
altre parti:
Ministero dell’economia e delle finanze avverso l’ordinanza del 19/03/2024 della Corte d’appello di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, quale giudice della riparazione, con l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME
ha chiesto la riparazione per la custodia cautelare subita nell’ambito d procedimento penale in ordine al reato associativo di cui all’art. 416-ter cod. La misura cautelare, emessa dal GIP presso il Tribunale di Catania, era sta annullata dal Tribunale del riesame; in seguito, il GIP aveva accolto la richies archiviazione avanzata dal PM.
Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propon ricorso l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione relazione all’art. 314 cod. proc. pen., censurando le argomentazioni adottate da Corte territoriale in quanto carenti e generiche, visto che a carico del rico non sono stati contestati ulteriori reati in ragione della sua condotta.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La Corte territoriale ha correttamente esaminato la questione sottoposta a suo esame secondo i parametri richiesti dalla disposizione di cui all’art. 314 proc. pen., valutando in maniera congrua e logica, e con l’autonomia che è propr del giudizio di riparazione, la ricorrenza di una condotta ostativa determinata dolo o, colpa grave, avente effetto sinergico rispetto all’emissione della mi custodiale nei confronti dell’interessato.
È infatti noto che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la c che vale ad escludere l’indennizzo è rappresentata dalla violazione di regole, una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all’efficienza sinergica di un errore dell’Autorità giudiziari misura restrittiva della libertà personale. Il concetto di colpa che assume ri quale condizione ostativa al riconoscimento dell’indennizzo non si identifica con “colpa penale”, venendo in rilievo la sola componente oggettiva della stessa, n senso di condotta che, secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento dell’Autori giudiziaria. Anche la prevedibilità va intesa in senso oggettivo, quindi non co giudizio di prevedibilità del singolo soggetto agente, ma come prevedibili secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, in relazione alla possibilità che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo dell’autor giudiziaria. Pertanto, è sufficiente considerare quanto compiuto dall’interessato
piano materiale, traendo ciò origine dal fondamento solidaristico dell’indennizzo, per cui la colpa grave costituisce il punto di equilibrio . tra gli antagonisti interessi in campo.
Va inoltre considerato che il giudice della riparazione, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, co valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013 – dep. 2014, Maltese, Rv. 25908201. La valutazione del giudice della riparazione, insomma, si svolge su un piano diverso, autonomo rispetto a quello del giudice del processo penale, ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME ed altri, Rv. 20363801).
Da questo punto di vista, l’ordinanza impugnata ha fornito un percorso logico motivazionale intrinsecamente coerente e rispettoso dei principi di diritto connessi all’istituto della riparazione.
La Corte territoriale, valutando autonomamente il materiale probatorio utilizzato dai giudici di merito, ha fondatamente ritenuto che il comportamento del COGNOME, pur ritenuto privo di rilevanza penale, ha contribuito colposamente in maniera decisiva all’emissione della misura cautelare.
3.1. Allo scopo sono stati valorizzati specifici comportamenti dell’interessato, ritenuti emblematici di un’attività di compravendita di voti posta in essere nell’ambito di contatti intercorsi tra il COGNOME e il COGNOME, con la consapevolezza del primo di agire per conto del sodalizio mafioso facente capo a COGNOME NOME; il tutto finalizzato a far convergere voti in favore di un candidato da sostenere per le imminenti elezioni regionali. In particolare, dalle conversazioni intercettate era emerso che il COGNOME dichiarava di poter contare su un pacchetto di 400-500 voti, con previsione di un pagamento di 50 euro per ogni singolo voto, di cui 30 destinati al votante e altri 20 da trattenere per un ipotetico profitto di 10.000 euro. Tali elementi sono stati considerati ragionevolmente ostativi all’indennizzo, evidenziando un comportamento quantomeno colposo e avente effetto sinergico con il provvedimento restrittivo adottato.
3.2. A fronte di tale impeccabile motivazione, il ricorso è assolutamente generico, omettendo di specificare le ragioni in fatto e in diritto per le quali l’ordinanza sarebbe affetta da vizi di legittimità, limitandosi a rappresentare che, per i fatti indicati, il PM aveva avanzato richiesta di archiviazione, accolta dal GIP, situazione che costituisce mero presupposto della richiesta di indennizzo.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14 gennaio 2025
Il Presidente Il Consigli estensore