Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18430 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18430 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Cosenza il 29/03/1978
avverso la ordinanza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO CATANZARO
lette le conclusione del PG presso la Corte di Cassazione e del Ministero dell’Economia e delle visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Finanze costituito a mezzo dell’Avvocatura dello Stato
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato l’istanza di riparazione proposta da COGNOME NOME per la dedotta ingiusta detenzione patita in carcere ed agli arresti domiciliari, ravvisando nei comportamenti da questi serbati una colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo. La misura cautelare si era protratta dal 12/11/2015 al 3/12/2015 nell’ambito di un procedimento penale nel quale l’odierno ricorrente era chiamato a rispondere dei reati di partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e dell’illecita detenzione e cessione di sostanza stupefacente.
Dall’accusa riguardante la partecipazione all’associazione ex art. 74 d.P.R. 309/90 il richiedente era prosciolto con sentenza G.u.p. del 3/11/2016; il Tribunale di Cosenza, con pronuncia divenuta irrevocabile in data 22/6/2019, assolveva l’imputato dall’ulteriore fattispecie riguardante la detenzione e la cessione dei sostanza stupefacente perchØ il fatto non sussiste.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo di difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza.
Erronea applicazione della legge penale, vizio della motivazione con riferimento all’art. 314 cod. proc. pen.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
L’ordinanza di rigetto della richiesta d’indennizzo, lamenta la difesa, si fonda esclusivamente sul contenuto di una conversazione intercettata in data 6/5/2015, che costituiva unico indizio a carico del ricorrente all’atto della emissione della ordinanza custodiale.
Le argomentazioni illustrate nel provvedimento impugnato sarebbero meritevoli di censura sotto molteplici profili: 1. La valutazione da compiersi in materia, riguardante la sussistenza di condotte causalmente orientate ad incidere sull’applicazione della misura cautelare, deve avere riguardo al momento in cui il soggetto allora indagato ha avuto conoscenza del procedimento a suo carico; 2. La Corte di merito si Ł avvalsa, ai fini del rigetto, di una conversazione intercettata, il cui contenuto doveva essere processualmente chiarito, rientrante nell’ambito della c.d. ‘droga parlata’, non suscettibile ex se di determinare l’intervento dell’A.G.; 3. La Corte di merito ha erroneamente sostenuto che il ricorrente abbia posto in essere condotte antigiuridiche suscettibili di richiedere l’intervento dell’Autorità.
II) Violazione di legge, inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 314 cod. proc. pen. La domanda di riparazione Ł stata rigettata sulla base della disamina di atti che non erano posti a corredo del fascicolo processuale.
Il provvedimento di rigetto reso dalla Corte d’appello, come si legge nella stessa ordinanza, Ł incentrato sul contenuto della sentenza resa in data 3/11/2016 dal G.u.p. del Tribunale di Catanzaro nei confronti del coimputato COGNOME NOME, presente in altro fascicolo (n.48/2021 R.I.D.), la cui procedura Ł stata trattata nella medesima udienza che ha riguardato l’odierno richiedente. Alla stregua di quanto riportato a pag. 5 della ordinanza impugnata (par. 2.3), sembrerebbe comprendersi che la Corte d’appello abbia acquisito d’ufficio la sentenza in questione dopo la conclusione dell’udienza avente ad oggetto la richiesta di riparazione ricorrente.
Pertanto, la difesa Ł stata privata della possibilità d’interloquire su tale atto: l’acquisizione del documento, infatti, non ha formato oggetto di regolare contraddittorio, avendone le parti avuto conoscenza solo con il deposito dell’ordinanza impugnata in questa sede. Dai passaggi motivazionali della sentenza in questione il giudice della riparazione ha tratto argomenti decisivi ai fini del rigetto della richiesta d’indennizzo avanzata dal ricorrente,
Oltre ad essere affetta da una violazione di carattere processuale, per avere il giudice della riparazione utilizzato un elemento sconosciuto alle parti, introdotto nel giudizio in assenza di contraddittorio, l’ordinanza impugnata presenterebbe evidenti vizi motivazionali. In netto contrasto con quanto stabilito dal giudice della cognizione nella pronuncia assolutoria, si sostiene che il ricorrente si sia rifornito di sostanza stupefacente da rivendere a terzi presso gli affiliati del ‘clan COGNOME‘.
La Corte d’appello ha poi totalmente omesso di considerare una specifica mozione difensiva indicata nell’atto introduttivo della richiesta d’indennizzo. Si era posto in evidenza nella domanda come lo stato d’incensuratezza del richiedente ed il fatto che a suo carico risultasse un’unica conversazione intercettata avrebbero imposto un vaglio maggiormente rigoroso in ordine alle condizioni legittimanti l’adozione della misura.
L’ipotesi delittuosa per la quale Ł stata applicata la misura cautelare (acquisto di 40 grammi di cocaina) lasciava ragionevolmente ritenere che l’originaria contestazione avrebbe potuto essere riqualificata ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. Inoltre, poichØ l’unico elemento esistente a carico del richiedente al momento dell’adozione della misura era rappresentato dalla conversazione intercettata e, poichØ l’assoluzione del ricorrente Ł dipesa unicamente da una diversa interpretazione del suo contenuto, i giudici della riparazione avrebbero dovuto fare applicazione del principio giurisprudenziale in base al quale la considerazione di condotte colpose ostative al riconoscimento dell’indennizzo non viene in rilievo ove l’accertamento della insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura avvenga sulla base degli stessi elementi che aveva a
disposizione il giudice della cautela, in ragione di una loro diversa valutazione.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il Ministero resistente, costituito a mezzo dell’Avvocatura di Stato, ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso con vittoria di spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si osserva, con rilievo di ordine assorbente rispetto ad ogni altra deduzione difensiva, la fondatezza della censura riguardante l’utilizzazione, ai fini del decisum, di un documento acquisito in assenza del contraddittorio tra le parti (motivo secondo di ricorso).
Come si evince dal testo della ordinanza impugnata (cfr. paragrafo 2.3), il giudice della riparazione si Ł avvalso, ai fini della decisione di rigetto, della sentenza resa in data 3/11/2016 dal G.u.p. del Tribunale di Catanzaro nei confronti di COGNOME NOME, originario coimputato del richiedente.
Dalle argomentazioni contenute nella suddetta sentenza e dal tenore di una conversazione ambientale intercettata nel corso delle indagini, ha tratto elementi di convincimento decisivi ai fini del rigetto della richiesta di riparazione, osservando: «il chiaro tenore della captazione ambientale sopra riportata, seppure non indicativo della effettiva cessione della sostanza stupefacente, rivela, concordemente al giudizio espresso dal GUP del Tribunale di Catanzaro con la sentenza di proscioglimento del 3.11.2016, che il COGNOME fosse dedito al commercio di sostanza stupefacente ponendo in essere ‘occasionali operazioni negoziali di acquisto di stupefacente dal clan’ e dunque ‘rifornendosi presso gli affiliati del clan di sostanza stupefacente da cedere a terzi’ per come affermato appunto dal Gup nella sentenza liberatoria emessa ai sensi dell’art. 425 c.p.p.».
Come Ł noto, in tema di impugnazioni, allorchØ sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., Ł consentito alla Corte dicassazione, per risolvere la relativa questione, accedere all’esame diretto degli atti processuali (cfr. ex multis Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304). Risulta dalla lettura del verbale di udienza, la cui consultazione Ł consentita a questa Corte in ragione della natura della doglianza difensiva, che il documento in questione – presente nel separato fascicolo n. 48/2021 R.RID, come precisato nella stessa ordinanza impugnata – non sia stato formalmente acquisito in udienza.
Ebbene, in base ai principi stabiliti in questa sede con riferimento al procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice ha il potere non soltanto di respingere la domanda indipendentemente dalle allegazioni delle parti, nel caso in cui ravvisi comunque una condotta ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo (o di accoglierla, in caso contrario), ma ha anche il potere di fondare la sua decisione su atti diversi da quelli prodotti dalle parti, che abbia acquisito d’ufficio, sempre che essi siano conosciuti o conoscibili dalle parti (Sez. 4, n. 46468 del 14/09/2018, Rv. 274353: ‘In tema di riparazione per ingiusta detenzione, pur essendo onere dell’interessato, secondo i principi civilistici, dimostrare i fatti posti a base della domanda, e cioŁ la sofferta custodia cautelare e la sopravvenuta assoluzione, deve tuttavia ritenersi, avuto anche riguardo al fondamento solidaristico dell’istituto in questione, che il giudice avvalendosi dei poteri istruttori d’ufficio, abbia il
potere-dovere di acquisire i documenti ritenuti necessari ai fini della decisione, sempre che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dalle parti’).
Si Ł infatti osservato come l’istituto della riparazione per ingiusta detenzione, benchŁ sia ispirato ai principi generali del processo civile, attenga anche ad un rapporto obbligatorio regolato dal diritto pubblico; ne consegue il potere-dovere da parte del giudice di verifica “ex officio” di tutte le condizioni oggettive, positive o negative, alla cui sussistenza Ł subordinato l’accoglimento o meno della domanda stessa, prescindendo da una rigorosa applicazione dei principi civilistici della ripartizione dell’onere della prova. Pertanto, in caso di insufficiente documentazione prodotta dall’istante, spetta al giudice, investito della domanda, provvedere all’acquisizione d’ufficio degli atti ritenuti necessari ad inferire la prova della sussistenza o meno di cause ostative al riconoscimento del diritto alla riparazione (in argomento Sez. 4, n. 4377 del 10/12/2002, dep. 2003, Demurtas, Rv. 226062, così massimata:’Il procedimento per la riparazione della ingiusta detenzione, per quanto ispirato ai principi generali del processo civile, attiene ad un rapporto obbligatorio regolato dal diritto pubblico, dal che consegue la possibilità per il giudice di deliberare sulla scorta di atti non prodotti dalle parti, alla cui conoscenza può pervenire anche attraverso la richiesta di copie alla pubblica amministrazione ed alla stessa amministrazione della giustizia. Tale potere di acquisizione può esercitarsi anche al fine di verificare, d’ufficio o su richiesta della parte pubblica, se ostino all’accoglimento della domanda fattori preclusivi che, risolvendosi in comportamenti dolosi o colposi, abbiano dato luogo all’ingiusta carcerazione dell’interessato o ad un evitabile prolungamento della medesima’; in senso conforme, piø recentemente Sez. 4, n. 18848 del 21/02/2012, COGNOME, Rv. 253555, Sez. 4, n. 4070 del 08/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258424; nell’ambito del similare istituto della riparazione dell’errore giudiziario Sez. 4, n. 41359 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 268336).
Fermo restando il potere istruttorio del giudice della riparazione, Ł evidente come l’attività di acquisizione di atti ritenuti, ex officio, necessari ai fini della decisione debba svolgersi in udienza, nel contraddittorio tra le parti, che devono essere messe in condizione di interloquire sul punto.
I poteri istruttori di cui si Ł detto, dunque, non possono mai essere attivati al di fuori dell’udienza, pena la violazionedel diritto di difesa, sotto il profilo del diritto al contraddittorio, che deve essere assicurato in tutti i procedimenti in cui vi sia un controinteressato.
Da quanto precede discende l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Catanzaro, cui demanda la regolamentazione delle spese tra le parti di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Catanzaro, cui demanda la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME