Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20964 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20964 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a SIRACUSA il 11/11/1981
avverso l’ordinanza del 08/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 8.10.2024 la Corte d’appello di Catania ha rigettato l’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. proposta nell’interesse di COGNOME NOME in relazione al periodo di sottoposizione alla misura degli arresti domiciliari dal 19.5.2018 al 6.8.2018, in esecuzione dell’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Siracusa in data 15.5.2018 in relazione al reato di cui agli artt. 110, 56, 628, 629, commi 1 e 2, in relazione all’art. 628, comma 3 n. 1, cod.pen (capi 1) e 2)) ed al reato di cui all’art. 635, commi 1 e 2, n. 1 (capo 3)).
Quanto al merito, il Tribunale di Siracusa con sentenza in data 27.11.2020 la ha assolta dal reato di cui al capo 1) della rubrica perché il fatto non sussiste, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti con riguardo reato di cui al capo 2), riqualificato il fatto ex art. 612 cod.pen., per mancanza della condizione di procedibilità, l’ha infine assolta dal reato di cui al capo 3) per non aver commesso il fatto.
1.1. Il giudice della riparazione, a fondamento del rigetto, ha ritenuto che la prospettazione difensiva fosse estremamente generica quanto ai fatti costitutivi del diritto e del tutto deficitaria in ordine all’insussistenza di quelli che escludono la configurabilità ed in presenza di tale quadro ha ritenuto non esservi spazio per alcun potere integrativo officioso avente ad oggetto l’acquisizione delle dichiarazioni rese dalla COGNOME che la difesa non aveva prodotto.
Avverso detta ordinanza l’indagata, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un solo motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 314 cod.proc.pen.
Si assume che all’atto della presentazione dell’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. la difesa della COGNOME aveva provveduto a depositare l’ordinanza applicativa della misura cautelare e la sentenza assolutoria e che il rigetto dell’istanza si fonda sulla mancata integrazione documentale (in particolare l’interrogatorio reso dalla COGNOME) pur non essendo detta documentazione reperibile atteso che il fascicolo risulta smarrito, sicché la Corte di merito avrebbe dovuto provvedere all’integrazione d’ufficio.
Inoltre nell’ordinanza é stato disatteso l’onere motivazionale e, se mai, l’asserita genericità della prospettazione difensiva avrebbe dovuto condurre ad una pronuncia di inammissibilità.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto disporsi l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é fondato.
Va premesso che il procedimento relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione, quantunque si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei poteri officiosi del giudice, è tuttavia ispirato ai principi del processo civile, con la conseguenza che l’istante ha l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda (la custodia cautelare subita e la successiva assoluzione), mentre alla parte resistente incombe di provare il dolo o la colpa grave da parte dell’istante medesimo quali causa o concausa del provvedimento restrittivo (Sez 4, n.18828 del 28/03/2019, Rv. 276261).
In base ai principi disciplinanti il processo civile, è onere di chi agisce in giudizi provare i fatti costitutivi della domanda proposta, mentre incombe sul convenuto l’onere di provare (ove sia stato provato il fatto costitutivo) i fatti estinti modificativi della domanda.
Pertanto, l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, ovvero la sottoposizione alla custodia cautelare e l’assoluzione nel merito, incombe sull’istante, mentre la prova del dolo o della colpa grave, o che la detenzione fosse stata computata ad altro fine, o che l’accertamento della insussistenza “ah origine” delle condizioni di applicabilità della misura fosse avvenuta sulla base di elementi diversi da quelli trasmessi al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare rientra, invece, tra gli oneri probatori di chi intende resistere all domanda, trattandosi di fatti idonei, per legge, a inficiarne il fondamento (o a limitarne la portata), avendo natura di fatti modificativi o estintivi del diritto fa valere in giudizio ( Sez. 4, n. 23630 del 02/04/2004, Rv. 229074; Sez. 4, n. 18828 del 28/03/2019, Rv. 276261; Sez. 4, n. 4106 del 13/01/2021, M., Rv. 280390; Sez. 4, n. 41215 del 19/09/2024, COGNOME, Rv. 287257 – 01).
Ciò, pur con la precisazione che, avuto anche riguardo al fondamento solidaristico dell’istituto in questione, il giudice avvalendosi dei poteri istrutt d’ufficio, ha il potere-dovere di acquisire i documenti ritenuti necessari ai fini della decisione, sempre che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dalle parti. (Sez. 4 n. 46468 del 14/9/2018, COGNOME, Rv. 274353).
Fatte queste premesse, il giudice della riparazione non ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Ed invero l’ordinanza impugnata ha fondato il rigetto dell’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. sulla mancata produzione da parte della difesa dell’istante del
verbale di interrogatorio reso dalla COGNOME dopo l’applicazione nei suoi confro della misura cautelare ed inoltre sul rilievo che la prospettazione difen
“appare estremamente generica quanto ai fatti costitutivi del diritto e del deficitaria in ordine all’insussistenza di quelli che ne escludono la configurabil
Ebbene, partendo da tale ultima statuizione, la stessa si rivela errata attes l’odierno ricorrente ha ritualmente proposto l’istanza ex art. 314 cod.proc.p
corredata dalla ordinanza applicativa della misura custodiale e dalla senten assolutoria, con ciò assolvendo pienamente all’onere di provare i fatti costitu
della domanda. Allo stesso, invece, non competeva provare i fatti estintiv modificativi il cui onere incombe invece su colui che si oppone alla medesima.
Con riguardo, invece, alla prima statuizione, la stessa è erronea proprio quanto, a fronte dell’impossibilità di acquisire il verbale dell’interrogatori
dalla COGNOME il giudice della riparazione avrebbe dovuto avvalersi dei suoi poter integrazione istruttoria disponendo l’acquisizione del documento de quo.
Sulla base di tali valutazioni, l’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Catania cui demanda anche l
regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello Catania cui demanda anche la regolamentazione tra le parti delle spese di quest giudizio di legittimità.
Così deciso il 7.5.2025