Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22837 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22837 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/05/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 458/2025
NOME COGNOME
CC – 06/05/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 6369/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
NOME nato in Albania il 12/07/1988
avverso l’ordinanza del 06/11/2024 della Corte di appello di Trento; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Con ordinanza del 6 novembre 2024, la Corte di appello di Trento ha rigettato la domanda formulata da NOME COGNOME per la riparazione dovuta ad ingiusta detenzione dal 26 gennaio 2023 (quando veniva tratto in arresto in esecuzione di mandato internazionale con richiesta di estradizione) al 21 febbraio 2024 (quando la Corte trentina accertava lÕinsussistenza delle condizioni per lÕaccoglimento della domanda di estradizione).
1.1. Più in particolare, dopo aver ricostruito la vicenda giudiziaria che ha interessato il Dedej, i giudici della riparazione hanno escluso il diritto ad ottenere lÕindennizzo in forza del disposto di cui allÕart. 314, comma 4, cod. proc. pen.
Nei confronti del richiedente, infatti, è in esecuzione la condanna alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione, oltre alla multa, pronunciata dal Giudice dellÕudienza preliminare del Tribunale di Bergamo, con sentenza del 6 ottobre 2020 (irrev. 30 gennaio 2021).
Con ordinanza del 18 giugno 2024 il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha quindi ammesso il Dedej allÕaffidamento in prova, per lÕespiazione della residua pena di anni 2, mesi 9 e giorni 22 di reclusione, superiore per durata al periodo di detenzione per cui è domandata la riparazione.
La Corte di appello, quindi, ha verificato dÕufficio la computabilitˆ del periodo di detenzione ingiustamente patito ai sensi dell’art. 657 cod. proc. pen.
Avverso lÕordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo si deduce violazione della legge penale ed erronea applicazione degli artt. 314, 657 e 696 cod. proc. pen., 5 e 6 CEDU, 3 e 7 Protocollo addizionale n. 7.
Richiamato il principio codificato allÕart. 696 cod. proc. pen., e dunque la prevalenza del diritto dell’Unione Europea, delle convenzioni e del diritto internazionale, il ricorrente sostiene che, nella sola materia della riparazione per la detenzione patita per causa della estradizione, la fungibilitˆ a fini riparatori non debba trovare applicazione.
Questo perchŽ gli artt. 5 e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertˆ fondamentali (dÕora in poi, per brevitˆ, CEDU), come interpretati dalla Corte Edu, riconoscono il diritto alla riparazione monetaria.
Inoltre, lo scomputo della custodia cautelare dal periodo di affidamento in prova, tenuto conto delle caratteristiche proprie di questÕultima misura, viola il principio di proporzionalitˆ.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
1. Il ricorso è infondato.
L’art. 314, comma 4, primo periodo, cod. proc. pen., esclude il diritto alla riparazione per quella parte di custodia cautelare che sia stata computata ai fini della determinazione della misura della pena, ai sensi dell’art. 657 cod. proc. pen.
Si tratta, allÕevidenza, di una riparazione in forma specifica (non, quindi, dellÕassenza di ogni ristoro), la cui operativitˆ deve essere accertata dalla Corte di appello anche dÕufficio, e che prevale, quindi, sulla monetizzazione: sottraendo dalla pena “subenda” la detenzione ingiusta “subita”, il bene della libertˆ personale viene infatti tutelato nella forma più diretta possibile.
DÕaltra parte, come si desume dalla relazione al progetto preliminare del codice, il regime di fungibilitˆ è giustificato Çdalla prevalenza del principio del cui deve essere improntata tutta la legislazione penaleÈ (cos’, in motivazione, Corte cost., 11 luglio 2014, n. 198).
Proprio muovendo dal carattere inderogabile del principio di fungibilitˆ, questa Corte, anche nella sua più autorevole composizione, ha ripetutamente escluso l’esistenza di una facoltˆ di scelta tra il ristoro pecuniario di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e lo scomputo della custodia cautelare ingiustamente sofferta dalla pena da espiare (Sez. U, n. 31416 del 10/7/2008, COGNOME, Rv. 240113 – 01; Sez. 4, n. 50327 del 24/10/2018, D., Rv. 274051 Ð 01; Sez. 4, n. 33671 del 14/6/2016, COGNOME, Rv. 267443 Ð 01).
2.1. Secondo il ricorrente la normativa interna, cos’ ricostruita, nella misura in cui esclude la riparazione di tipo pecuniario, sarebbe in contrasto con gli artt. 5 e 6 CEDU, che quindi dovrebbero trovare diretta applicazione.
Premesso che lÕart. 5 fa riferimento al diritto Òad una riparazioneÓ, tale diritto è riconosciuto nel caso in cui la privazione della libertˆ personale sia stata disposta in violazione delle disposizioni contenute nei par. 1, 2, 3 e 4 di detta norma: si tratta delle ipotesi di detenzione senza base legale, nonchŽ delle privazioni della libertˆ personale non rispettose delle c.d. garanzie di contesto (il diritto allÕinformazione; la ragionevole durata della detenzione; lÕimmediato contatto con lÕautoritˆ giudiziaria; il ricorso ad un tribunale: CEDU, 29 novembre 1988, COGNOME e altri c. Regno Unito).
Proprio per tali ragioni, la stessa Corte costituzionale, richiamando la giurisprudenza della Corte EDU, ha sottolineato come la dellÕart. 5 va individuata nell’esigenza di proteggere la persona da arb’tri, ovvero di impedire, in armonia con il nucleo costitutivo dell’habeas corpus, che la libertˆ personale possa venire offesa in difetto di un provvedimento adottato da un tribunale indipendente, e al di fuori dei casi previsti dalla legge; Òelementi di arbitrio che contagino la fattispecie concreta e la inquadrino nella luce della indebita restrizione della libertˆÓ (Corte cost., n. 219 del 11/06/2008).
Per lÕordinamento interno il diritto alla riparazione, invece, sussiste per il solo fatto che un soggetto sia stato sottoposto ad una detenzione risultata ingiusta, in quanto sia sopravvenuta una sentenza irrevocabile di proscioglimento o una decisione irrevocabile che abbia accertato la mancanza delle condizioni per l’emissione del provvedimento di custodia cautelare, ovvero un provvedimento di archiviazione o una sentenza di non luogo a procedere.
Si tratta quindi di uno strumento indennitario da atto lecito, non avente carattere risarcitorio, cui il nostro ordinamento riconosce un più ampio margine applicativo, ovvero anche in caso di detenzione legittima, risultata ingiusta solo all’esito del giudizio di merito, superando, cos’, lo stesso paradigma dell’art. 5 CEDU (Sez. 4, n. 43735 del 31/10/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 41404 del 08/10/2024, Elbaza, non mass.; Sez. 4, n. 14686 del 6/4/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 6903 del 2/2/2021, COGNOME, Rv. 280929 Ð 01).
Nel caso in esame, del resto, come ammette lo stesso ricorrente, si è trattato di una detenzione ingiusta (pp. 5 e 10), nŽ in ricorso si indica quale tra le diverse disposizioni di cui allÕart. 5 risulterebbe essere violata.
DÕaltra parte, la conclusione per cui nella specie si è in presenza di una detenzione preventiva formalmente legittima, ma sostanzialmente ingiusta, è confortata dalla stessa giurisprudenza di legittimitˆ, che riconduce allÕipotesi di cui al comma 1 dellÕart. 314 cod. proc. pen. la detenzione rivelatasi ingiusta per effetto di una sentenza sfavorevole alla estradizione, come accaduto nella specie (Sez. 4, n. 22688 del 14/03/2023, COGNOME, Rv. 284647 Ð 01, in motivazione, p. 7; Sez. 4, n. 52813 del 19/09/2018, COGNOME Rv. 275197 Ð 01, in motivazione, p. 12; più in generale, sul rapporto tra ingiusta detenzione dellÕestradando e la sentenza sfavorevole allÕestradizione, Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251691 Ð 01).
2.2. Osserva inoltre il Collegio che lÕesistenza di condizioni ostative alla riparazione è costantemente ritenuta compatibile con le previsioni sovranazionali.
Esclusa la diretta applicazione delle norme, che il primo comma dellÕart. 696 cod. proc. pen. limita al rapporto tra Stati, e per le materie ivi indicate, il contrasto
con le disposizioni invocate dal ricorrente è stato giˆ escluso dalla giurisprudenza di legittimitˆ.
Più in particolare, la compatibilitˆ della disciplina interna è stata innanzitutto affermata in riferimento alle condotte ostative di cui allÕart. 314, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 11536 del 02/02/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 30056 del 30/06/2022, COGNOME non mass.; Sez. 4, COGNOME, cit.; Sez. 4, n. 35689 del 09/07/2009, COGNOME, Rv. 245311 – 01).
é stata altres’ affermata in relazione ad entrambe le ipotesi di cui al comma 4 dellÕart. 314 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 4700 del 24/10/2000, COGNOME, Rv. 217910 Ð 01, per lÕipotesi della contemporanea restrizione in forza di altro titolo legittimo; con specifico riferimento il criterio di fungibilitˆ previsto dall’art. 657 cod. proc. pen., Sez. 4, n. 46450 del 12/6/2018, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 43453 del 17/9/2014, Miglio, Rv. 260328 Ð 01).
é parimenti consolidato lÕorientamento secondo il quale il diritto alla riparazione è escluso quando il periodo di custodia cautelare è stato computato ai fini della determinazione della misura di una pena definitiva, anche se era in corso di espiazione con il regime di affidamento in prova, come nel caso in esame (Sez. 4 n. 24355 del 13/12/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 225533; più in generale, con riguardo alle altre misure alternative, Sez. 4, n. 11750 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 275282 Ð 01).
Si è infatti affermato che, ai fini della riparazione per l’ingiusta detenzione, non è consentito distinguere tra le varie forme di espiazione della pena, indipendentemente dalla loro afflittivitˆ.
Più in particolare, per questÕultimo profilo la giurisprudenza di legittimitˆ ha distinto nettamente le due ipotesi previste dal comma 4 dellÕart. 314 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 4533 del 27/10/2015, dep. 2016, COGNOME, non mass.).
La seconda parte della disposizione, che regola il concorso delle misure cautelari (non ricorrente nella specie), esclude il diritto alla riparazione “per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo”; dal chiaro riferimento al contenuto del titolo, ovvero alle ÒlimitazioniÓ che lo contraddistinguono, è stato tratto il principio per cui le limitazioni sofferte anche in forza di altro titolo che valgono ad escludere il diritto all’indennizzo sono soltanto quelle di pari o maggior grado di afflittivitˆ rispetto a quello riconoscibile alle limitazioni connesse alla misura in relazione alla quale si è richiesto l’indennizzo.
Invece, nel caso in esame, ovvero nel concorso tra custodia cautelare e espiazione pena, la norma, nell’escludere il diritto alla riparazione, fa riferimento solo al “titolo” senza distinguere tra l’una o l’altra forma di espiazione.
Incongruo sembra al Collegio anche il richiamo al Protocollo addizionale 7 (p. 15 ricorso), che fa riferimento alla diversa ipotesi della riparazione per errore giudiziario, o allÕart. 6 CEDU, in cui si indicano le garanzie minime per ritenere equo il processo.
Il ricorrente, infine, invoca in maniera generica il principio di proporzionalitˆ, senza indicare quale delle sue possibili declinazioni sarebbe nella specie violato, limitandosi ad un indistinto riferimento alle norme del Trattato dellÕUnione Europea, della CEDU, della Carta dei diritti UE ed alla giurisprudenza della Corte costituzionale (intervenuta, in talune occasioni, per scrutinare la compatibilitˆ di una data previsione sanzionatoria con il requisito di proporzionalitˆ della pena).
Si aggiunga che, secondo il costante insegnamento di questa Corte regolatrice, anche nella sua più autorevole composizione, non è consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, in motivazione, pp. 30-31; Sez. 4, n. 22595 del 17/04/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 4944 del 03/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282778 Ð 01; Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279059 – 01; Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261551 – 01).
La violazione di norme della Costituzione (nella specie neppure indicate) non è infatti prevista tra i casi di ricorso dall’art. 606 cod. proc. pen., e pertanto pu˜ solo costituire fondamento di questione di legittimitˆ costituzionale, nel caso di specie non proposta.
Tale ultima circostanza consente altres’ di escludere che la presente decisione si ponga in contrasto con lÕorientamento, espresso in alcune pronunce di legittimitˆ, che ritiene ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduca esclusivamente l’illegittimitˆ costituzionale della disposizione applicata dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 25005 del 07/05/2024, COGNOME, Rv. 286713 Ð 02).
Ad analoghe conclusioni deve giungersi con riguardo alla dedotta violazione di disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertˆ fondamentali, a sua volta proponibile in ricorso unicamente a sostegno di una questione di costituzionalitˆ di una norma interna, poichŽ le norme della Convenzione EDU, cos’ come interpretate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, rivestono il rango di fonti interposte, integratrici del precetto di cui all’art. 117, comma 1, Cost. (sempre che siano conformi alla Costituzione e siano compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso in Roma, 6 maggio 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME