Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22997 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22997 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato in Germania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/05/2023 della Corte d’appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, la Corte d’appello di L’Aquila, quale giudice della riparazione in sede di rinvio, pronunciandosi a seguito di sentenza di annullamento n. 30838/2022 della Corte di cassazione, ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da COGNOME NOME, in relazione alla privazione della libertà personale subita nell’ambito di un procedimento nel quale, per quanto qui di rilievo, era stato destinatario di una misura cautelare in relazione ai reati di cui ag
artt. 73 d. P.R. 10 ottobre 1990, n. 309, art. 337 e 582 cod.pen. per i quali era stata condannato in primo grado e successivamente assolto in appello con sentenza divenuta irrevocabile e con formula liberatoria.
Avverso l’ordinanza emessa dal giudice del rinvio ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, quale unico motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 314 cod. proc. pen. e di motivazione.
La corte territoriale avrebbe reso una motivazione che contraddice la sentenza di assoluzione e la prima ordinanza che aveva riconosciuto l’ingiusta detezione.
Il giudice della riparazione avrebbe ricostruito i fatti posti a fondamento del procedimento penale che ha coinvolto il COGNOME, ma poi anziché avvedersi dell’errore in cui è incorso il giudice della convalida dell’arresto che ha applicato la misura cautelare, li avrebbe ritenuti indicativi della colpa grave. In altri termini la st Corte che ha assolto il COGNOME dai reati, tra gli altri, di lesioni e resistenza , 6ubblico ufficiale ritenendo insussistente l’elemento soggettivo di questi, avrebbe rigettato l’istanza di ingiusta detenzione osservando che nella condotta del COGNOME era ravvisabile la dimensione soggettiva della colpa. In questo si annida, secondo la difesa, la contraddittorietà e illogicità delle argomentazioni del provvedimento impugnato.
Al fine di rimarcare nuovamente l’assenza della colpa del COGNOME nei comportamenti posti in essere sia anteriormente che successivamente l’ordinanza impugnata, non avrebbe considerato, il giudice della riparazione, che il COGNOME sin dall’interrogatorio aveva a esposto le ragioni per le quali non aveva aperto la porta in quanto temeva un’ulteriore aggressione da parte di tale COGNOME che lo aveva già aggredito il giorno prima cercando di entrare in casa sua. Il comportamento del COGNOME non potrebbe assurgere quale condotta tendente a trarre in inganno il giudice che gli aveva applicato la misura cautelare.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non mostra ragioni di fondatezza e va pertanto rigettato.
La corte territoriale ha puntualmente esposto le ragioni per le quali, sulla scorta delle indicazioni contenute nella sentenza di annullamento della Corte di Cassazione a cui doveva attenersi quale giudice del rinvio, non sussistono i presupposti per il diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione ricorrendo una situazione di colpa grave ostativa all’indennizzo.
La sentenza di annullamento aveva demandato al giudice della riparazione di valutare se nel comportamento complessivo del COGNOME precedente all’adozione della misura cautelare fossero rinvenibili gli estremi di una colpa causalmente efficiente rispetto all’instaurazione del vincolo cautelare, sia pure in sinergia co l’errore nel quale è incorsa l’autorità procedente. Nello specifico, “il Giudice dell riparazione dovrà valutare la possibilità di riconoscere la colpa grave del COGNOME in relazione alle condotte antecedenti, concomitanti e successive all’arresto evidenziate in ricorso: a) gli ostacoli frapposti all’azione dei militari; b) i comportamenti viol ai danni dei medesimi (uno dei quali colpito con un tubo di ferro); c) il possesso di un bilancino di precisione (vicende di cui ai punti a e b rilevanti ai fini del giudizi apparenza di una condotta incriminabile di resistenza a pubblico ufficiale e di cui al punto c ai fini dell’ipotetica configurabilità di una condotta di detenzione d stupefacenti)”.
La corte territoriale, nel giudizio di rinvio, ha valutato le condotte antecedenti all’arresto, quelle concomitanti e quelle successive ed ha argomentato come la condotta del COGNOME antecedente all’arresto, consistita nel non aprire la porta della sua abitazione malgrado i carabinieri avessero ripetutamente suonato il campanello e si fossero qualificati, nonché la condotta concomitante consistita nel colpire con un tubo di ferro uno dei militari operanti e quella successiva all’arresto consistita tr l’altro nel negare in sede di interrogatorio circostanze incontestate emergenti dal verbale di perquisizione, unitamente al possesso da parte del medesimo di un bilancino di precisione nella tasca del suo giubbotto, oltre che di sostanza stupefacente rinvenuta nella veranda di casa, erano condotte connotate da colpa grave ed eziologicamente rilevanti ai fini del giudizio di apparenza delle condizioni legittimanti l’adozione della misura cautelare e del suo mantenimento per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti.
Si tratta di una motivazione puntuale e logica e giuridicamente corretta a fronte della quale la prospettazione difensiva non si confronta con i principi elaborati in tale materiale e sul diverso ambito valutativo che deve compiere il giudice della riparazione rispetto al giudice della cognizione.
La giurisprudenza di Questa corte ha elaborato una serie di princìpi vòlti ad orientare il giudice della riparazione nel delicato compito di accertare la sussistenza di una condotta idonea ad integrare il dolo o la colpa grave quali cause ostative al riconoscimento dell’indennizzo. E in tale ambito, per quanto qui rileva, ha evidenziato come occorre tenere distinta l’operazione logica propria del giudice del processo penale da quella cui è chiamato il giudice della riparazione il quale ha il compito di stabilire «non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si
sono poste come fattore condizionante, anche nel concorso dell’altrui errore, alla produzione dell’evento “detenzione”, ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo» (così in motivazione Sez. Un., n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, pag. 8), da cui l’infondatezza del dedotto vizio di contraddizione della motivazione come dedotto dal ricorrente.
Quanto al caso in esame, infatti, il COGNOME era stato prosciolto per non avere commesso il fatto di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e perché il fatto non costituisce reato per i reati di cui agli artt. 337 e 582 cod.pen., sicch comportamenti sopra rilevati e ritenuti ostativi alla riparazione non sono state esclusi dal giudice della cognizione e correttamente sono stati valutati dal giudice della riparazionkcome comportamenti colposi rilevanti al fine di negare la riparazione.
Si impone il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla è dovuto per le spese processuali in assenza di svolgimento di attività difensiva dell’Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 05/04/2024