Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8313 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8313 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/11/1969
avverso l’ordinanza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, nella persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Palermo, con ordinanza del 22 febbraio 2024, GLYPH ha rigettato la richiesta di riparazione GLYPH per ingiusta detenzione presentata nell’interesse di NOME COGNOME di nazionalità tunisina, GLYPH con riferimento alla detenzione da costui subita (dal 18 settembre 2021 sino al 14 febbraio 2022) in relazione alla procedura di estradizione per l’estero.
1.1 COGNOME era stato tratto in arresto a fini estradizionali dalla Polizia Stato in data 18 settembre 2021, su mandato emesso dall’Autorità Giudiziaria della Tunisia per il reato di partecipazione ad associazione terroristica operante anche all’estero. All’ esito della convalida, la Corte di Appello, con ordinanza del 20 settembre 2021, aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia in carcere; detta misura, a seguito dell’inoltro da parte del Ministero della Giustizia nel termine di legge della richiesta di mantenimento ai sensi all’art. 716, comma 4, cod. proc. pen. era stata confermata con ordinanza del 24 settembre 2021.
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 14 febbraio 2022, aveva rigettato la domanda di estradizione, rilevando che le autorità tunisine non avevano risposto alle plurime richieste di fornire informazioni più dettagliate sui fatti oggetto della domanda e sulle relative fonti di prova, nonché alla richiesta di chiarire se, in caso di condanna dell’estradando, l’ordinamento giuridico della Tunisia prevedesse o meno la pena di morte: nella domanda di estradizione e negli atti allegati – secondo la Corte – non si ravvisavano gli elementi necessari a fondare “di un minimo di attendibilità e specificità dell’accusa nei confronti del prevenuto”, né sussistevano garanzie a che l’estradando in caso di condanna non venisse sottoposto alla pena capitale.
1.2.La Corte della riparazione ha ravvisato nella condotta del ricorrente la condizione ostativa della colpa grave, rispetto all’ipotizzato pericolo di fuga.
La difesa dell’interessato ha proposto ricorso, formulando GLYPH un unico, articolato motivo, con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della condizione ostativa della colpa grave. La Corte aveva desunto il concreto pericolo di fuga dal fatto che in sede di interrogatorio, reso dopo la convalida dell’arresto, il ricorrente non avesse fornito elementi utili a spiegare i motivi del suo spostamento dalla Svezia e le ragioni della sua permanenza in Italia. In realtà – osserva il difensore- gli argomenti invocati a
sostegno del pericolo di fuga devono ritenersi illogici, ove si consideri che COGNOME era stato arrestato appena sceso allo scalo di Palermo in compagnia del fratello NOME COGNOME nato in Tunisia il 21/06/1972 e residente a Vicenza. Il fondamento della misura della custodia in carcere applicata a seguito dell’arresto era stato individuato dalla Corte, nelle more dell’espletamento della procedura di estradizione, nel pericolo di fuga, desunto, tuttavia, solo dalla natura dei reati dalla entità della pena e non già da comportamenti precisi del ricorrente.
3.11 Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il tramite dell’ Avvocatura dello Stato, ha depositato memoria, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondato il motivo.
Si è ormai chiarito, nella giurisprudenza di legittimità, che nell’ambito della procedura di estradizione passiva, l’arresto a fini estradizionali può dar luogo al diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione, nel caso in cui intervenga i rigetto della domanda di estradizione e si accerti la insussistenza della condizione ostativa del dolo o colpa grave.
Sotto il primo profilo si è affermato che per verificare se la detenzione patita sia ingiusta, il giudice non deve fare riferimento ai parametri ricavabili dagli art 273 e 280 cod. proc. pen. la cui applicabilità è esclusa esplicitamente dall’art. 714, comma 2, cod. proc. pen. ma deve verificare, invece, se risulti accertata ex post l’insussistenza delle «condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione» che, ai sensi dell’art. 714 comma 3 cod. proc. pen., legittimano l’applicazione di misure coercitive. Ne consegue che, in caso di sentenza irrevocabile favorevole all’estradizione, la detenzione eventualmente patita – a tal fine – dall’estradando non può considerarsi ingiusta e non può costituire, pertanto, titolo per un favorevole epilogo della procedura di cui agli artt. 314 e 315 cod. proc. pen.» (così testualmente Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011 – dep. 2012, Marinaj, Rv. 251691, in motivazione).
Sotto il secondo profilo si è affermato che la privazione della libertà personale, patita nell’ambito di una procedura di estradizione passiva conclusasi senza l’adozione di una sentenza irrevocabile favorevole all’estradizione, non
determina, “ex se”, l’ingiustizia della detenzione e il diritto alla riparazio dovendosi accertare la eventuale sussistenza GLYPH di un comportamento ostativo doloso o gravemente colposo dell’estradando, che potrà rilevare, peraltro, GLYPH con riferimento al solo pericolo di fuga, tanto nel caso in cui la misura cautelare coercitiva sia stata applicata in via provvisoria ai sensi degli artt. 715 e 716 cod proc. pen., quanto in quello in cui sia stata disposta, in prosecuzione del vincolo, dopo la richiesta di estradizione, ai sensi dell’art. 714 cod. proc. pen (Sez. 4 n. 22688 del 14/03/2023, Burca, Rv. 284647 – 01).
2.1 Dunque, nell’ipotesi, come quella in esame, in cui la misura cautelare sia stata applicata a norma degli artt. 715 e 716 cod. proc. pen., a fronte della ricorrenza di presupposti formali che attengono alla esistenza di date condizioni, il giudice della cautela è tenuto a verificare, quale presupposto legittimante la misura, la sussistenza del pericolo di fuga. Rispetto a tale presupposto, deve essere valutato se il soggetto agente abbia tenuto una condotta dolosa o gravemente colposa, che abbia legittimato il giudice della cautela a ipotizzare la sussistenza del pericolo di fuga.
3.La Corte della riparazione, GLYPH muovendosi nel solco delle coordinate ermeneutiche sopra indicate e riprendendo in maniera espressa GLYPH i passaggi argomentativi della sentenza Sez. 4 n. 22688 del 14/03/2023 su indicata, ha ritenuto che il ricorrente avesse colposamente contribuito a fare ritenere sussistente il pericolo di fuga. I giudici, in proposito, hanno evidenziato che COGNOME destinatario di mandato di arresto a fini estradizionali emesso dall’autorità giudiziaria tunisina per il reato di partecipazione ad associazione terroristica, era stato tratto in arresto dalla polizia all’aeroporto di Palermo, arrivo dalla Svezia (ove era stabilmente residente), insieme al fratello. In sede di interrogatorio aveva giustificato, in maniera inverosimile, la sua presenza in Italia con la necessità del fratello di vivere in un clima più mite rispetto a quello svedese. Alla restrizione della libertà personale, dunque, secondo la Corte, aveva contribuito il comportamento colposo del ricorrente, il quale, allontanandosi dal paese in cui risiedeva e giungendo in Italia, allo scalo di Palermo, senza alcuna ragione e in assenza di radicamento, aveva indotto a ritenere concreto il pericolo di fuga e il conseguente rischio di inosservanza dell’obbligo assunto a livello internazionale di assicurarne la consegna al paese richiedente.
3.1. A fronte di tale percorso argomentativo, il ricorrente, in maniera generica, censura, da un lato, la valutazione della Corte in ordine alla ritenuta sussistenza della condizione ostativa della colpa grave e, dall’altro, l’efficacia sinergica del comportamento gravemente colposo del ricorrente.
Entrambe le doglianze sono manifestamente infondate.
Sotto il primo profilo rileva il collegio che l’avere desunto il concreto pericolo fuga dall’ allontanamento di Aissaoui dal paese di residenza e dalla mancata indicazione delle ragioni dell’arrivo in Italia, non appare manifestamente illogico: piuttosto pare potersi dire che il pericolo di fuga e di sottrazione alla consegna sia proprio insito negli inspiegabili spostamenti da uno Stato all’altro, indicativ secondo generali massime di esperienza, della capacità di un soggetto di rendersi irrintracciabile. In tal senso questa Corte ha chiarito che in tema di misure coercitive disposte nell’ambito di una procedura di estradizione passiva, i requisiti di concretezza ed attualità del pericolo di fuga devono essere valutati dal giudice avendo riguardo alla finalità della consegna, alla quale la procedura è preordinata, e dunque secondo un giudizio prognostico, ancorato a concreti elementi tratti dalla vita dell’estradando, sul rischio che questi possa sottrarvisi, allontanandosi dal territorio nazionale (Sez. 6, n. 26647 del 30/05/2024, COGNOME, Rv. 286755; GLYPH Sez. 3, n. 23319 del 09/02/2016, COGNOME, GLYPH Rv. 267061 – 01). Analogamente deve ritenersi ragionevole GLYPH la GLYPH valutazione in ordine alla inverosimiglianza della giustificazione addotta in sede di interrogatorio dal ricorrente, secondo la quale il fratello, peraltro residente a Vicenza, per ragioni di salute, dovesse vivere in un clima più mite rispetto a quello svedese.
Sotto il secondo profilo, si osserva che il giudice della cautela ha operato la verifica delle condizioni legittimanti la restrizione della libertà, ovvero del sussistenza del pericolo di fuga, e coerentemente nell’ordinanza di convalida dell’arresto e di applicazione della misura cautelare ha richiamato espressamente l’esigenza di evitare l’allontanamento dal territorio dello Stato da parte di Aissaoui.
4.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
Il ricorrente deve, altresì, essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente in questo grado di giudizio, che appare congruo liquidare nella complessiva somma di euro mille.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa d ammende e alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente in qu grado di giudizio, che liquida in complessivi euro mille.
ide te uci Vig ale