Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1758 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1758 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nata a Lecce il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 16/10/2023 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Lecce, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere 1.AVV_NOTAIO COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta per il RAGIONE_SOCIALE la memoria RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALEo Stato NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta per la ricorrente la memoria RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 16 ottobre 2023 la Corte di appello di Lecce, pronunciando a seguito di rinvio RAGIONE_SOCIALEa Sezione Quarta RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione con sentenza n. 40080 del 14 settembre 2022, ha rigettato il ricorso presentato da NOME COGNOME, una degli eredi di NOME COGNOME, avverso l’ordinanza di rigetto RAGIONE_SOCIALE‘istanza di riparazione per ingiusta detenzione formulata dagli eredi, in relazione al periodo di restrizione del loro congiunto, subìta dal 27 gennaio 2004 al 13 giugno 2005 e dal 6 marzo 2006 al 13 luglio 2006.
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2. La ricorrente lamenta la violazione di norme processuali e il vizio di motivazione. Espone che l’ordinanza aveva rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione, presentata in qualità di erede, sul presupposto che il de cuius, NOME COGNOME, avesse concorso a dare causa alla custodia cautelare per colpa grave, perché la sentenza di merito aveva dimostrato che l’area di servizio sulla INDIRIZZO di Vernole e il distributore di carburante di Castromediano e Cavallino erano divenuti, negli anni dei fatti per cui si procedeva, “centrali” di accettazione di un numero straordinario di assegni in pagamento o cambiati con denaro liquido, attività che si traduceva in un’anomala movimentazione di capitali. Sulla base di ciò, la Corte aveva definito il COGNOME, seppure esente da responsabilità penale, “il convitato di pietra” RAGIONE_SOCIALEe condotte poste sotto la lente di ingrandimento degli autori RAGIONE_SOCIALEe indagini, conseguentemente rigettando la richiesta di indennizzo avanzata dagli eredi.
Sostiene che l’ordinanza non aveva chiarito per quale ragione la mera ricezione di assegni presso il distributore di carburante gestito dalla società di COGNOME fosse stata tale da creare la falsa apparenza del reato. All’epoca dei fatti, era prassi comune girare gli assegni facendoli circolare come strumenti di pagamento. Solo con la riforma entrata in vigore a partire dal 30 aprile 2008 era stato previsto che gli assegni emessi all’ordine RAGIONE_SOCIALE‘emittente, compresi quelli con le diciture “a me medesimo”, “mm”, “a me stesso”, potessero essere girati unicamente per l’incasso a una banca. Era palesemente contraddittorio e manifestamente illogico il passaggio motivazionale che aveva inteso valorizzare, nell’ottica del rigetto RAGIONE_SOCIALEa riparazione, quanto dal COGNOME stesso riferito in sede di interrogatorio di garanzia. L’affermazione dei Giudici secondo cui l’imputato aveva dichiarato che l’importante era che l’assegno fosse riconducibile a una persona conosciuta, indipendentemente se fosse una persona per bene, non rivelava alcun profilo di colpa, tanto meno grave, ed era indicativo di una diligenza maggiore di quella all’epoca richiesta.
Lamenta inoltre che l’ordinanza non aveva tenuto conto RAGIONE_SOCIALE‘atteggiamento collaborativo del COGNOME nell’interrogatorio di garanzia e non aveva motivato sul mantenimento RAGIONE_SOCIALEa misura custodiale.
Nella memoria ribadisce le sue ragioni.
L’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato per il RAGIONE_SOCIALE resiste al ricorso con un’articolata memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione che nei procedimenti per riparazione per ingiusta detenzione la cognizione del giudice di legittimità deve intendersi limitata alla sola legittimità del provvedimento impugnato, secondo i criteri RAGIONE_SOCIALE‘art. 606 cod. proc. pen., e non può investire il merito, perché l’art. 315, comma 3, cod. proc. pen., relativo alla procedura RAGIONE_SOCIALEa riparazione per l’ingiusta detenzione, richiama la procedura prevista dall’art. 646 cod. proc. pen. per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘errore giudiziario, che contempla al comma 3 il ricorso per cassazione (tra le più recenti, Sez. 4, n. 21167 del 14/03/2023, Nicchiniello, Rv. 284689-02).
Nel caso in esame, la Corte di appello ha risposto in modo puntuale al dictum RAGIONE_SOCIALEa sentenza rescindente, rendendo una motivazione logica e razionale, immune dalle censure sollevate.
La Corte di cassazione aveva annullato l’ordinanza di rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di riparazione per ingiusta detenzione presentata dagli eredi di NOME COGNOME, perché la Corte territoriale non era entrata nel merito, ritenendo erroneamente che il prevenuto non poteva essere considerato assolto nel merito in quanto, assolto in primo grado, condannato in secondo grado con sentenza annullata dalla Corte di cassazione, era morto durante il giudizio di rinvio. In realtà, era da ritenersi irrevocabile ia sentenza di assoluzione per cui legittimamente gli eredi avevano attivato il procedimento di riparazione per l’ingiusta detenzione del loro congiunto.
Con l’ordinanza qui impugnata la Corte di appello ha motivato in modo ineccepibile sulla condotta dolosa o gravemente colposa del COGNOME, ostativa all’indennizzo richiesto, perché aveva dato causa o concorso a dare causa all’apparenza RAGIONE_SOCIALE‘esistenza dei presupposti RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare inducendo in errore l’autorità giudiziaria: era stato ristretto in carcere per 629 giorni con le accuse di associazione a delinquere, riciclaggio, usura ed esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE‘attività finanziaria ed era stato assolto con sentenza del 19 novembre 2009 dal Tribunale di Lecce che aveva ritenuto non pienamente attendibili le dichiarazioni dei sei collaboratori di giustizia che l’avevano chiamato in reità, indicandolo al vertice RAGIONE_SOCIALE‘organizzazione che, attraverso le sue aziende, riciclava ingenti quantità di denaro e coordinava l’attività di usura a esse riconducibili. Il Tribunale aveva accertato che aveva autorizzato l’accettazione in pagamento di assegni bancari che costituivano circa i! 40% dei pagamenti ricevuti dalla sua azienda, dato questo, anche all’epoca dei fatti, del tutto anomalo. Pertanto, la Corte territoriale ha logicamente inferito la colpa grave, sinergicamente incidente sui reati contestati.
Le deduzioni difensive in merito all’esistenza di una lecita prassi aziendale e alle verifiche sulla tracciabilità dei pagamenti sono inconsistenti rispetto all’osservazione RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale del’esistenza di «numerosi elementi in
grado di delineare un quadro indiziario di indubbia gravità, sicuramente riconducibile – anche- alla sua condotta con la quale ha quindi contribuito a determinare l’errore posto in essere al momento RAGIONE_SOCIALE‘emissione del provvedimento restrittivo». Si tratta di una censura fattuale e rivalutativa che non confuta la ricostruzione in fatto e l’interpretazione in diritto di comportamenti assolutamente anomali, sospetti e fortemente indizianti de; reati contestati. Corretta è dunque la valorizzazione di tale dato di fatto, accertato irrevocabilmente dalla sentenza di assoluzione, ai fini RAGIONE_SOCIALEa negazione all’erede di NOME COGNOME, NOME, del diritto di riparazione per l’ingiusta detenzione del congiunto.
Sulla base RAGIONE_SOCIALEe considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata, in ragione RAGIONE_SOCIALEa consistenza RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità del ricorso in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE.
La ricorrente va altresì condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese sostenute dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato per il RAGIONE_SOCIALE che si liquidano, alla stregua RAGIONE_SOCIALEe risultanze di causa, come da dispositivo.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese in favore RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato liquidate in euro 1.500 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente