Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7007 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7007 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TRENTO il 19/04/1960 MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
avverso l’ordinanza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con ordinanza dell’Il luglio aprile 2024, ha rige l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da COGNOME NOMECOGNOME il era stato sottoposto, con ordinanza del 17 luglio 2015 emessa dal GIP del Tribuna di Firenze, alla misura cautelare della custodia in carcere per concorso nel rea bancarotta fraudolenta pluriaggravata dal quale era stato assolto per non a commesso il fatto con sentenza della Corte d’appello di Firenze del 16 marzo 2023 divenuta irrevocabile. La misura era stata tramutata nella meno afflittiva misura d arresti domiciliari il 21 gennaio 2016, poi definitivamente revocata il 21 aprile data in cui veniva applicata la misura interdittiva del divieto di esercizi professione forense.
La Corte territoriale rigettava l’istanza di riparazione ritenendo che il ric avesse tenuto un comportamento idoneo a integrare un’ipotesi di colpa grav ostativa all’accoglimento della richiesta, consistente nell’aver fatto da tramit NOME COGNOME autori del reato di bancarotta, e il commercialista NOME aveva materialmente contribuito alla realizzazione del complesso piano di distrazio dei beni, partecipando materialmente alle riunioni tra questi ultimi, ospitate pre proprio studio.
Ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del proprio difensore di fid lamentando violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, co. 1, lett. lett. e), cod. proc. pen.
I giudici del merito avrebbero dovuto valutare la richiesta di riparazione anch sensi dell’art. 314, secondo comma, cod. proc. pen. Nel ricorso era infatti rappresentato che l’ordinanza applicativa della misura cautelare era stata annul con rinvio dalla Corte di Cassazione. Se è vero che l’illegittimità del provvedime applicativo della misura non era mai stata accertata in modo irrevocabile ( la custo in carcere era stata nelle more sostituita con quella degli arresti domiciliari) l territoriale avrebbe quindi dovuto verificare se, alla luce della sentenza definit merito,i1 provvedimento applicativo della misura cautelare fosse stato adottato mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità degli artt. 273 e cod. proc. pen, anche secondo le risultanze implicite della sentenza di assoluzi L’ordinanza impugnata non aveva compiuto tale accertamento ed era pertanto viziata: non era infatti stato considerato che la sentenza assolutoria aveva in pl passaggi dato atto che la condotta attribuita al COGNOME, ossia avere id materialmente redatto gli atti societari e contrattuali necessari alla realizzazion bancarotta, non aveva trovato riscontro negli atti processuali. In particola chiamata in correità del commercialista COGNOME non era stata corroborata d
alcun elemento, nemmeno a livello indiziario. Inoltre, il giudice di meri pervenuto alla assoluzione sulla base dei medesimi elementi esaminati dal giu della cautela, deponenti per l’assoluta assenza dei gravi indizi di colpevolezz alla luce del consolidato indirizzo di legittimità, avrebbe impedito la valutazi comportamento ostativo, essendo già valutabile per il giudice della cautela l’a delle condizioni di cui all’art. 273 cod. proc. pen.
Con il secondo motivo ha lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ex 606, co. 1, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta della colpa grave ostativa.
La Corte territoriale aveva fatto riferimento alle condotte descritte dalle dichi etero accusatorie del commercialista NOMECOGNOME mai riscontrate in giudizio punto, il provvedimento non si era confrontato con le motivazioni della sent assolutoria, che aveva escluso l’efficacia probante della chiamata in correità in totalmente priva dei riscontri esterni individualizzanti. I comportamenti consi quali condotta ostativa devono infatti essere provati e non esclusi dalla s assolutoria, come invece era accaduto nel caso di specie.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura generale dello stato ha depositato memoria in cui ha concluso per rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria di replica alle conclusioni della Pr Generale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è infondato.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte di legittimità GLYPH (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663) la ricorrenza di un comportamento ostativo all’insorgenza del diritto azionato deve essere verifi anche in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applic previste dagli artt. 273 e 280 cod.proc.pen. Nell’affermare detto princip Szioni Unite hanno chiarito che detta verifica può escudersi soltanto” nei casi in cui l’accertamento de/I’ insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiate avvenga sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della cautela, e in ragione esclusivamente di una loro diversa valutazione” (SU COGNOME, in motivazione). In questi casi, infatti, il giudice della cautela avrebbe
rilevare che gli elementi a disposizione non avrebbero consentito l’applicazio della misura cautelare.
Tanto premesso, il ricorrente assume che, in forza dell’annullamento dell’ordinanza applicativa della custodia in carcere da parte della Corte Cassazione, sarebbe venuta meno la originaria legittimità della misura, e ch detto accertamento era avvalorato dall’esito del giudizio di merito, svoltosi n forma del rito abbreviato, e quindi sulla base dei medesimi elementi disposizione del giudice della cautela.
Orbene, è agevole rilevare che l’annullamento della misura cautelare in carcer risulta disposto in ordine alle carenze motivazionali relative alla adeguate della custodia in carcere, e non già in merito al difetto dei gravi ind colpevolezza: si è quindi al di fuori dal caso di cd ” ingiustizia formale” riguarda, appunto, la accertata assenza dei presupposti di cui all’art. 273 proc. pen.
E’ infondato anche il secondo motivo.
Come noto, la nozione di colpa grave di cui all’art.314, comma 1, cod.proc.pen ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individu quella condotta chp, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evid macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una n voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, ch sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo dell libertà personale. A tale riguardo il giudice della riparazione deve fondare la deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fin stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se t condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che ab ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la fa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo all detenzione con rapporto di “causa ed effetto” (Sez. 4, n. 3359 del 22 settembr 2016, COGNOME, Rv. 268952; Sez. 4, n. 9212 del 13 novembre 2013, Maltese, Rv. 259082; Sez. Un., n. 34559 del 26 giugno 2002, COGNOME, Rv. 222263).
Nel caso di specie il giudice della riparazione, dopo aver ricostruito in m analitico le vicende oggetto del procedimento penale a carico del COGNOME, evidenziato, in applicazione della regola di giudizio sopra illustrata, che, seb in sede di cognizione il materiale acquisito era stato ritenuto insufficie fondare una condanna nel merito, non essendo emersa la prova certa del coinvolgimento del ricorrente nel preciso piano criminale avente ad oggetto l
delocalizzazione dell’azienda dei fratelli COGNOME con lo svuotamento dei relat beni, i comportamenti accertati o comunque non esclusi dai giudici di merito erano comunque idonei ad integrare condotte gravemente colpose. E’ invero consolidato il principio secondo cui il giudice del procedimento di riparazione p ingiusta detenzione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accer o non esclusi al fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla ripar (Sez. 4, n. 27397 del 10/06/2010, Rv. 247867 01; Sez. 4, n. 3895 del 14/12/2017, Rv. 271739 – 01). E’ stato pertan sottolineato che il ricorrente, oltre ad essersi posto come tramite tra i f RAGIONE_SOCIALE e il commercialista COGNOME poi autore delle complesse operazioni che avevano portato allo svuotamento delle società, aveva ripetutamente ospitato presso il proprio studio legale, le riunioni nel corso delle quali si erano piani le operazioni sopra descritte, acquisendo certamente consapevolezza del loro oggetto, in ragione della qualifica professionale rivestita. La Corte ha reso qu argomentazioni non illogiche e rispettose dei consolidati principi sopra ricord osservando che, pur in mancanza di prova certa circa la materiale realizzazion delle operazioni integranti il reato di bancarotta, la condotta sopra desc aveva comunque potuto ingenerare, nella autorità procedente, la fals apparenza del coinvolgimento del COGNOME nel fatto illecito. E va in propos ribadito che integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento diritto la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia t consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili com indicativi di una sua contiguità (Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, Abruzzese, Rv. 280547 – 01; Sez. 4, n. 45418 del 25/11/2010, Carere,Rv. 249237 – 01).
Consegue a quanto esposto il rigetto del ricorso. Segue per legge la condan del ricorrente al pagamento delle spese processuali anche in favore del Minister resistente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processu nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, che liquid complessivi euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2024
Il. Consigli re estensore
Il Presidente