Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20216 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20216 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MADONE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso. lette le conclusioni del ministero resistente che ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Milano, con ordinanza in data 18 ottobre 2023, ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata dall’odierno ricorrente COGNOME NOME in relazione alla detenzione sofferta dapprima in carcere (dal 18 maggio 2018 al 28 maggio 2019) e, successivamente, agli arresti domiciliari fino al 1 Ottobre 2019 in relazione a plurime ipotesi di peculato, calunnia, simulazione di reato in concorso con altri ufficiali di PG appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE Radiomobile di Cassano D’Adda, asseritamente compiute nel corso di attività di ufficio, ove si assumeva che alcuni militari infedeli si sarebbero appropriati di somme di denaro sequestrate nello svolgimento dm indagini concernenti il traffico sostanze stupefacenti, simulando altresì tracce di reato nei confronti di un indagato, falsificando sistematicamente verbali di arresto e di perquisizione affermando in essi fatti mai avvenuti, in particolare per occultare i fatti di peculato, ipotesi di reato per le quali il ricorrente era assolto con ampia formula con sentenza del 27/11/2011.
2. La Corte di appello di Milano, adita con la richiesta di riparazione per la ingiusta detenzione, rilevava che il ricorrente aveva concorso a dare causa alla detenzione in ragione di una condotta gravemente colposa, caratterizzata in particolare dalla sottoscrizione di verbali lacunosi, imprecisi, eccessivamente sintetici che, sebbene non costituissero espressione di una volontaria innmutazione dei fatti cui il militare aveva assistito o realizzato, nondimeno erano frutto di grave negligenza e di una mancanza di controllo su atti che dovevano fare fede fino a querela di falso dei fatti in esso rappresentati con particolare riferimento al compimento degli stessi da parte dei sottoscrittori, delle modalità di esecuzione delle perquisizioni, della descrizione del denaro sottoposto a sequestro, delle modalità di rinvenimento dello stupefacente, della partecipazione alle operazioni di altri soggetti: tutti elementi che avevano contribuito a determinare la falsa apparenza dei reati contestati, a fronte di ulteriori fonti investigative che erano state riconosciute false o inattendibili nel corso del giudizio. La corte distrettuale riteneva altresì colpevole la condotta processuale del ricorrente laddove, chiamato a dare conto delle aporie tra quanto indicato nelle verbalizzazioni degli atti di PG cui pure aveva compiuto e quanto risultava all’esito di attività intercettiva (il ricorrente e altri colleghi risultavano monitorati tramite intercettazione ambientale), non era stato in grado di spiegare le ragioni delle lacune e delle
imprecisioni dei verbali rispetto a quanto realmente avvenuto, ma al contrario era incorso in reticenze e menzogne che avevano contribuito al prolungamento dello stato di detenzione cautelare.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, COGNOME NOME, assumendo violazione di legge e vizio motivazionale per avere il provvedimento impugnato travalicato il perimetro valutativo assegnato al giudice della riparazione; in particolare lamenta che, al fine di escludere la riparazione, la Corte di appello aveva riconosciuto, quale profilo di colpa grave, una serie di elementi che attenevano alle modalità redazionali dei verbali di attività giudiziarie (arresti, perquisizioni e sequestri) che, da un lato, erano stati giustificati dal giudice dell’assoluzione, in quanto vergati cori tecnica redazionale sintetica e riassuntiva, dall’altra erano determinati da fretta, stanchezza e dalla utilizzazione di modelli di verbali redatti in precedenti occasioni. Se vi era stata imprecisione, leggerezza o incompletezza nella realizzazione di tali documenti la stessa non poteva assurgere a colpa grave, idonea a determinare una apparenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati di falso e, soprattutto in relazione ai reati di peculato, calunnia e simulazione di reato ai danni di soggetti che, indagati per reati concernenti il traffico di stupefacenti, erano risultati sottoposti agli accertamenti e ai provvedimenti restrittivi indicati nei suddetti verbali.
Rileva ancora che risultava inoltre viziato il provvedimento impugnato in assenza di qualsiasi collegamento causale tra i profili di colpa concernenti la redazione degli atti di indagine e i reati per cui era stato emesso il titolo cautelare nei confronti dell’COGNOME, in quanto in relazione ai reati ascritti (peculato, simulazione di reato, calunnia) le fonti accusatorie erano rappresentate da sommarie informazioni che si erano dimostrate inattendibili e calunniose, mentre la rivelazione ch alcune discrepanze tra le modalità di svolgimento e la sequenza degli atti di indagine documentati nei verbali erano emerse solo in ragione delle intercettazioni telefoniche in corso, discrepanze che peraltro in nessun modo erano idonee a minare la portata fide-facente dei documenti.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.L’inferenza del giudice della riparazione, che ha riconosciuto la ipotesi ostativa della colpa grave in capo al ricorrente, appare argomentata
in termini talmente nninimali e contraddittori rispetto agli argomenti posti a presidio dell’esito assolutorio del giudizio di merito da giustificare l’annullamento e il nuovo esame della pretesa indennitaria.
2. In linea generale, va ribadito che il giudice della riparazione per l’ingiusta detenzione, al fine di stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, onde accertare – con valutazione necessariamente “ex ante” e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale .
2.1 Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini, alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione (cfr. sez. 4 n. 19180 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 266808; n. 41396 del 15.9.2016, COGNOME, Rv.268238).
2.2 Quanto alla natura del comportamento ostativo, lo stesso può essere integrato anche dalla condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità (cfr. sez. 4 n. 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; n. 37528 del 24/06/2008, Rv. 241218).
3. Tanto premesso, deve rilevarsi che il percorso argomentativo seguito dal giudice della riparazione non appare coerente con i principi di diritto testé richiamati). Invero, ai fini del riconoscimento della colpa grave ostativa al diritto alla riparazione il giudice distrettuale valorizza le aporie e le manchevolezze dei verbali degli atti di indagine cui il ricorrente ha partecipato e ha in parte sottoscritto (peraltro misurate sulla base di intercettazioni telefoniche che fotografavano, in presa diretta lo svolgimento di tali attività), in assenza di una adeguata contestualizzazione di tali manchevolezze con le originarie contestazioni mosse al prevenuto ed alle valutazioni operate dai giudizi di merito per escluderne la valenza indiziante.
3.1 Sotto un primo profilo la Corte di Appello di Milano omette totalmente di confrontarsi con la circostanza che la redazione di verbali di atti di indagine, compresi quelli urgenti (perquisizioni, sequestri, arresti), in una forma grafica sommaria, lacunosa e priva di tutte le scansioni cronologiche e modali che avevano condotto all’atto a sorpresa, avrebbe potuto assurgere ad elemento sintomatico di una grave negligenza esclusivamente in relazione alle contestazioni di falso, ma non certamente per le contestazioni di peculato e di simulazione di reato, rispetto alle quali le asserite false verbalizzazioni avrebbero dovuto essere funzionali.
A nulla rileva pertanto la minuziosa elencazione di tutte le aporie di verbali, che peraltro il giudice di merito ha ricondotto ad una forma di verbalizzazione sintetica e riassuntiva, rispetto alle contestazioni concernenti fatti di appropriazione indebita di somme di denaro e di stupefacente, ovvero di volontaria e fraudolenta apposizione di tracce di reato a detrimento degli indagati, laddove la prospettazione accusatoria, che aveva dato luogo all’autorizzazione alle intercettazioni telefoniche, era fondata sulle denunce degli indagati, successivamente rivelatesi false e calunniose. Invero alcune aporie, mancata indicazione di tutti i componenti presenti, modalità non precisa del modo in cui è stata trovata la droga, intervento successivo dell’unità cinofila ecc.) potrebbero, invero, rilevare come colpa grave unicamente in relazione al reato di falso (479 c.p.).
3.2 Sotto diverso profilo il giudice distrettuale ha omesso totalmente di evidenziare in che termini le carenze nella fase della verbalizzazione di atti a sorpresa, tenuto altresì conto dell’immanenza delle intercettazioni in atto, abbiano contribuito a determinare l’apparenza, sia pure a livello indiziario, di una attuale e sistematica attività criminosa da parte dei verbalizzanti, una volta epurata la prospettazione accusatoria dalle false accuse degli indagati.
Invero, nonostante la puntualità nella descrizione delle lacune nella rappresentazione delle attività investigative, il provvedimento impugnato omette del tutto di spiegare in che modo tali divergenze tra contenuto dei verbali e realtà dei fatti (misurata con le intercettazioni telefoniche), abbiano potuto contribuire all’adozione di misure custodiali per simulazione di reato (in relazione a stupefacente che si assume fatto apparire dai RAGIONE_SOCIALE nella disponibilità dell’indagato) e per il reto di peculato (per atti di appropriazione di parte degli introiti dell’attività di cessione della droga).
Invero i giudici distrettuali avrebbero dovuto spiegare perché, a fronte di un pronuncia assolutoria in cui si afferma che gli asseriti falsi erano sostanzialmente innocui o riconoscibili e comunque non gravi (ove la
discrasia più rilevante attiene al verbale in cui si afferma che i tre componenti l’aliquota radiomobile erano presenti alle operazioni fin dalle ore otto di mattina, mentre uno di essi, COGNOME, risulta essere intervenuto non prima delle dieci), le aporie riscontrate abbiamo contribuito a fondare l’adozione della misura cautelare, ovvero a mantenere la stessa nei confronti del ricorrente COGNOME.
4. Invero il giudice della riparazione non poteva limitarsi ad affermare, come invece ha fatto, che la valutazione del comportamento del ricorrente, integrante la colpa grave ostativa alla liquidazione della indennil:à per la ingiusta detenzione, andava svolta ex ante e a prescindere dall’esito del giudizio di merito, atteso che, se il giudizio riparatorio si limitasse a tale accertamento, si stempererebbe in una valutazione paragonabile a quella del giudice del riesame, sulla ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza, e senza considerare che i fatti sottoposti alla valutazione del giudice della cautela, potrebbero risultare incompleti, erronei, contraddittori o anche falsi. Invero la valutazione riservata al giudice della riparazione non ha per oggetto né la sentenza assolutoria che ha definito il giudice di merito, né la misura cautelare che ha disposto la privazione della libertà personale dell’indagato, bensì la condotta di quest’ultimo, prima e al momento dell’adozione della cautela e alla luce delle emergenze acquisite nel corso delle indagini, ma sempre che tali emergenze non siano state escluse o neutralizzate nel giudizio assolutorio, in quanto se così non fosse, verrebbe meno il presupposto ostativo alla riparazione, e cioè la ricorrenza di una grave imprudenza o di una leggerezza non trascurabile da parte dell’indagato. GLYPH Invero il Supremo collegio ha precisato che in 1:ema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini del GLYPH riconoscimento dell’indennizzo può anche prescindersi dalla ricorrenza di un errore giudiziario, venendo in considerazione soltanto l’antinomia strutturale tra custodia ed assoluzione, ovvero quella funzionale tra la durata della custodia e la misura della pena, con la conseguenza che tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi ingiusta, in quanto l’incolpato non vi abbia dato causa o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacchè altrimenti l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che stà alla base dell’istituto (S.U. n.51779 del 28/11/2013, Nicosia Rv 257606).
4.1 II giudice della riparazione nella specie ha confuso il piano della cautela e delle contestazioni di cui al capo di imputazione, nell’ambito di una articolata indagine che aveva al centro una supposta commistione di
interessi privati e di attività di indagine da parte di pubblici ufficiali, rispetto a quello che è risultato l’esito delle varie fasi del giudizio, ove tali accuse sono risultate progressivamente svuotate di gravità indiziaria, ed infine ritenute infondate.
4.2 Invero la motivazione in ordine al contenuto della condotta ostativa appare del tutto minimale e sganciata dal contesto fattuale, professionale e investigativo in cui sarebbe maturata la grave negligenza ascritta all’COGNOME e in assenza di qualsiasi verifica della relazione causale tra il rimprovero di colpa e l’adozione della misura. Invero perché la condotta dell’imputato possa essere considerata ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, è indispensabile non solo che si tratti di una condotta scorretta deontologicannente, ma che ricorra anche il rapporto sinergico di causa ed effetto tra condotta e detenzione, con conseguente obbligo di motivazione del giudice di merito al riguardo (sez. 4, n.1705 del 10/03/2000, Revello, Rv.216479; sez.4, n.43457 del 29/09/2015, COGNOME, Rv.264680). In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la condotta dolosa o gravemente colposa di cui all’art. 314 cod. proc. pen. costituisce una condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione solo qualora sussista un apprezzabile collegamento causale tra la condotta stessa e la custodia cautelare, in relazione sia al suo momento genetico sia al suo mantenimento, e non può essere desunta da semplici elementi di sospetto (sez.3, 45593 del 31 Gennaio 2017, COGNOME, Rv.271790; sez.4, n.10793 del 19/12/2019, COGNOME NOME, Rv.278655).
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame che tenga conto dei principi sopra richiamati, cui rimette altresì la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità cui è intervenuto il ministero resistente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte oulA d’Appello di Milano cui demanda “altreila regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2024