Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASORIA il 02/07/1969
avverso l’ordinanza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento gravato.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’Appello di Napoli, decidendo in sede di secondo rinvio, ha rigettato la richiesta di indennizzo ai sensi dell’art. 314, cod. proc presentata nell’interesse di NOMECOGNOME con riferimento alla detenzione da questi ingiustamente subita nell’ambito di un procedimento penale, nel quale era stato arrestato perché indagato per concorso in rapina e tentata estorsione danni di COGNOME NOME, reati dai quali era stato assolto in appello p insussistenza del fatto. In particolare, la Corte della riparazione ha rit sussistente GLYPH una GLYPH condotta GLYPH del GLYPH RULLO GLYPH macroscopicamente GLYPH imprudente, ravvisandola nel fatto che, per sua stessa ammissione e secondo quanto emerso nella sentenza assolutoria, egli si era recato a trovare il COGNOME, facendos accompagnare da quattro amici, per affrontarlo in relazione al denaro che, a dir del COGNOME, il COGNOME non gli aveva restituito, concernente un affare relativo al commercio estero di sigarette. Nell’occorso, il COGNOME aveva colpito il COGNOME con uno schiaffo, cui era seguita una brutale aggressione narrata da testimoni oculari. A fronte delle condotte rimaste storicamente accertate nel giudizio cognizione, conclusosi con il verdetto assolutorio, la Corte della riparazi chiamata a pronunciarsi per la terza volta sulla domanda, ha ritenuto che tal condotta fosse sinergicannente collegata all’applicazione della misura cautelare, COGNOME avendo deciso di recarsi con altre quattro persone in un ristorante per risolvere le controversie di natura economica che aveva con il RAGIONE_SOCIALE, non esitando a utilizzare la violenza per recuperare le somme di denaro.
Il presente procedimento, secondo quanto ricostruito nel provvedimento censurato e nelle sentenze di annullamento del giudice di legittimità, origina un primo provvedimento della Corte d’appello, adita quale giudice della riparazione, con il quale si era ritenuta la sussistenza di un comportamen dell’istante ostativo all’insorgenza del diritto azionato, che era stato ravv secondo quanto riportato dalla prima sentenza di annullamento della Quarta sezione della Corte di cassazione (n. 15698 del 17 gennaio 2020), nella contiguità del COGNOME ad ambienti criminali, egli annoverando gravissimi precedenti penali (tanto da essere stato dichiarato delinquente abituale); nel mancata esclusione, nella sentenza assolutoria, della partecipazione o comunque contiguità del predetto a sodalizi criminali di stampo camorristico; nel manca diniego dell’episodio, il COGNOME non avendo contestato il sistema estorsivo
ricostruito dall’ordinanza cautelare, pur risultando estraneo agli specifici cui all’imputazione.
Il primo giudice rimettente aveva, però, ritenuto assente, nel tess argomentativo della pronuncia impugnata, ogni riferimento a concrete condotte dolose o gravemente colpose, poste in essere dal COGNOME nel contesto della vicenda oggetto del procedimento penale a suo carico, precisando che i precedenti penali riguardavano la vita anteatta e che, nella specie, non risulta neppure contestato un reato di tipo associativo, la contiguità ad ambie criminali di stampo camorristico, poteva costituire, al più, un dato “di sfo anche se certamente suscettibile di valutazione negativa, sebbene nessuno di tali elementi inerisse alla specifica vicenda oggetto del procedimento penale né, tantomeno, agli addebiti formulati nei confronti del COGNOME, in sede processuale Sotto altro profilo, quel giudice ha ritenuto irrilevante l’atteggiamento ret tenuto dalla parte offesa in dibattimento, non trattandosi di condotta ascriv al COGNOME, laddove del tutto generico, oltre che formulato in via meramente ipotetica, doveva considerarsi il riferimento, da parte del giudice a quo, alla “complessiva condotta dell’istante che aveva potuto” trarre in inganno l’autor giudiziaria, non essendo stato chiarito in che cosa si sarebbe sostanziata t “complessiva condotta” e sotto quale profilo essa potesse trarre in ingann l’autorità giudiziaria, in assenza di un aggancio a concreti e specifici element quali desumere la ravvisabilità della colpa grave.
In sede di primo rinvio, la Corte partenopea aveva ritenuto implicitament riconosciuta l’ammissibilità del ricorso, avendo il primo giudice della riparaz operato il vaglio circa la condizione negativa del comportamento ostativo, concluso dunque nel senso che il tema devoluto fosse ristretto all quantificazione del quantum debeatur, ritenendo al contempo la ricorrenza di una ipotesi di cui all’art. 314 comma 4, cod. proc. pen. che impediva di procedere a relativa liquidazione, essendo emerso dal certificato penale e da quello d casellario giudiziale che il COGNOME doveva ancora scontare una pena complessiva di anni sette e mesi due di reclusione, cosicché i giorni di ingiusta detenz subita dovevano essere conteggiati nella fungibilità della pena da scontare.
Anche tale provvedimento è stato rescisso (sentenza n. 2264 del 14/12/2021 della Terza sezione di questa Corte di cassazione), il giudice rimettente avendo quel caso rilevato l’erronea applicazione alla fattispcie concreta del princip fungibilità, dal certificato di esecuzione essendo emersa una situazione diversa d quella ritenuta dalla Corte della riparazione, atteso che al 4/3/2011 il RUL doveva sì scontare una pena residua di mesi cinque e giorni cinque di reclusione (oltre alla pena pecuniaria), ma l’ufficio di sorveglianza gli aveva riconosciuto liberazione anticipata pari a 270 giorni, cosicché la pena detentiva era st
interamente espiata. Di qui il nuovo annullamento, questa volta avendo il giudic rimettente disposto che quello della riparazione procedesse alla verifica di dati e, in caso di positivo riscontro, alla liquidazione della somma a tit riparazione per ingiusta detenzione.
3. La difesa dell’istante ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Con il primo motivo, ha dedotto inosservanza della legge penale in relazione all’art. 627 comma 3, cod. proc. pen. per non essersi la Corte del rin uniformata ai dicta della sentenza di annullamento, con la quale era stata demandata solo la verifica della correttezza dei dati allegati dall’istante in alla fungibilità e, nel caso di positivo riscontro, la liquidazione dell’indenni questione sottesa all’ennesimo rigetto, secondo la difesa, era già stata decisa d giudice del primo annullamento che aveva ritenuto mancante, nel tessuto argomentativo della pronuncia impugnata, ogni riferimento a concrete condotte poste in essere dal COGNOME nel contesto della vicenda oggetto del procedimento penale a suo carico.
Con il secondo motivo, ha dedotto analogo vizio, questa volta con riferimento alla ritenuta sussistenza di un comportamento ostativo in capo all’istante, ne specie avendolo i giudici della riparazione ravvisato esclusivamente alla luce de partecipazione all’episodio del 25/4/2014, senza che sia stato spiegato collegamento eziologico tra tale episodio e la subita detenzione, lo schia essendo emerso solo in sede di istruzione dibattimentale e non nelle indagini nella fase cautelare, l’unico elemento in allora conosciuto inerendo al me incontro tra COGNOME e COGNOME per motivi riguardanti il commercio di tabacco, avendo la Corte d’appello ritenuto COGNOME inattendibile in punto impiego della violenza al fine di estorcergli somme di denaro, lo schiaffo non costituen elemento valutato in sede di emissione del titolo.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’annullameno con rinvio provvedimento gravato.
Considerato in diritto
1. Il ricorso va accolto.
Le ragioni difensive sono fondate in relazione alla violazione dell’art. 627, comm 3, cod. proc. pen.
Il giudice rimettente, con la seconda sentenza di annullamento, ha ritenuto fondat il ricorso, con il quale il ricorrente aveva introdotto il vizio di inosservanza o applicazione della legge penale, dando espressa indicazione a quello di rinvio d
procedere a nuovo giudizio inteso alla sola verifica della correttezza del calc dell’eventuale pena da espiare, in base ai dati richiamati nella stessa sentenza annullamento, e – per il caso di positivo riscontro (e, dunque, di inapplicabilità specie dell’istituto della fungibilità ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 31 cod. proc. pen.) – provvedere alla liquidazione dell’indennizzo.
Siffata delimitazione del devolutum, peraltro, appare frutto della valutazione operata già dal giudice del primo rinvio nell’ordinanza del 4/6/2021: in quella sede, infatt affermato che, alla luce del dictum contenuto nella prima sentenza di annullamento, dovessero escludersi profili di colpa nel comportamento del COGNOME e procedersi alla quantificazione dell’importo (poi non liquidato in applicazione del disposto di cui a 314, comma 4, cod. proc. pen.).
Essa, tuttavia, impone una precisazione in diritto.
A prescindere dalla correttezza del ragionamento svolto nel provvedimento da ultimo richiamato, posto che, nella prima sentenza di annullamento, si era disposto il rinvio nuovo giudizio per vizio nell’apparato giustificativo a supporto della decisione cass con conseguente, diversa forza vincolante del decisum del giudice rimettente in tali casi, limitata invero al divieto di riproposizione del medesimo percorso logico censurato (s punto, sez. 5 n. 42814 del 19/6/2014, COGNOME, Rv. 261760; in motivazione, sez. 3 n. 43550 del 8/7/2016, COGNOME, che richiama anche sez. 5, n. 7567 del 24/9/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254830; sez. 4, n. 20044 del 17/3/2015, S., Rv. 263864; sez. 5, n. 33847 del 19/4/2018, COGNOME, Rv. 273628), in questa sede deve ribadirsi che il giudice di merito non è certamente vincolato né condizionato da eventuali valutazioni i fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando solo a primo di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di appre il significato e il valore delle relative fonti di prova (in motivazione, sez. 3, n. 24/3/2022, COGNOME; ma anche sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 2020, Le Voci, Rv. 278629-02; sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264861-01).
Tali principi non risultano correttamente applicati nella sentenza censurata giudice del rinvio, infatti, ha operato una ricostruzione del devolutum e, soprattutto, del contenuto delle indicazioni del giudice del rinvio, ritenendo di dover esaminare ricorrenza di un comportamento ostativo (che ha valutato alla stregua dei princi affermati dal giudice di legittimità anche in questo procedimento), conclusione quest giustificabile alla luce della prima sentenza di annullamento, ma non anche del chiar díctum della seconda, quella cioè direttamente vincolante per il giudice della riparazio chiamato al rinnovato giudizio.
Sul punto, deve intanto chiarirsi – quanto ai limiti derivanti al giudice del rinv pronuncia di annullamento – che, ove eso consegua per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, come nella specie (in relazione ai presupposti pe
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l’applicabilità dell’a previsione di cui all’art. 314, comma 4, cit.), i del rinvio deve ritenersi vincolato unicamente ai principi e alle questioni di diritto con la sentenza di annullamento, con esclusione di ogni altra restrizione derivabile eventuali passaggi di natura argomentativa contenuti nella motivazione della sentenza di legittimità, in special modo se riferibile a questioni di merci fatto attinenti il merito (sez. 2, n. 33560 del 9/6/2023, COGNOME, Rv. 285142-01, in fattispecie in cui la Corte ha affermato che dall’annullamento per l’erroneità della precedente dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione, nessuna preclusione potesse derivare in ordi alla individuazione del tempo necessario a prescrivere; sez. 4, n. 12255 del 26/1/2016 Y., Rv. 266388-01; n. 41388 del 24/9/2013, COGNOME, Rv. 256893-01, in fattispecie in cui in sede di annullamento per difetto di correlazione tra imputazione e sentenze, Corte di cassazione aveva, incidentalmente, indicato la fattispecie più grave ai fini d determinazione del trattamento sanzionatorio dei reati contestati in continuazion valutazione legittimamente non ritenuta vincolante dal giudice del rinvio, inerendo stessa ad una questione di mero fatto).
Pertanto, il giudice del rinvio avrebbe potuto certamente rilevare un errore calcolo della pena da espiare o espiata o dei presupposti in fatto, ai fini dell’applic dell’istituto della fungibilità, ma non anche procedere, come ha ritenuto di poter far rinnovato scrutinio ai sensi dell’art. 314, comma 1, ultima parte, primo periodo, c proc. pen., ostandovi la preclusione dell’ordinanza del 4/6/2021 e della sentenza d annullamento del 14/12/2021.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento della seconda doglianza e l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello Napoli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appell di Napoli.
Deciso il 12 dicembre 2023.