Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20186 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 03/04/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
– Presidente –
Sent. n. sez. 349/2025
NOME COGNOME
CC – 03/04/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 3924/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Valona (Albania) il 25/12/1974
nei confronti di: Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso l’ordinanza del 17/09/2024 della Corte di appello di Firenze; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria dellÕavv. NOME COGNOME del foro di Prato, che ha concluso
per lÕaccoglimento del ricorso;
Con ordinanza del 17 settembre 2024 la Corte di appello di Firenze ha rigettato la domanda formulata da NOME COGNOME per la riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura cautelare della custodia in carcere a far data dal 7 dicembre 2010, per poi essere definitivamente assolto dall’addebito con sentenza emessa dalla Corte di appello di Firenze in data 20 dicembre 2021 (irrev. 6 maggio 2022).
La misura cautelare nei confronti di NOME COGNOME fu disposta in quanto gravemente indiziato, insieme allÕallora compagna NOME COGNOME ed altri soggetti, dei reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
1.1. Più in particolare, l’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la colpa grave di cui all’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., osservando che, nel giudizio di cognizione, pur conclusosi con pronuncia assolutoria, è emersa la frequentazione di NOME COGNOME con NOME COGNOME (come ammesso da NOME anche in sede di interrogatorio), donna che era Òdedita in modo esclusivo e continuativo a trafficare sostanze stupefacentiÓ, avvalendosi di una vettura risultata poi in uso (anche) allÕimputato.
Ulteriori profili di colpa sono stati rinvenuti nel fatto che, al momento dellÕarresto, egli era sprovvisto di un documento di riconoscimento, nonchŽ nellÕaver riportato una condanna per il reato di cui allÕart. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sebbene per fatti successivi a quelli per i quali fu tratto in arresto.
LÕordinanza ha pure sottolineato la attendibilitˆ delle originarie dichiarazioni della COGNOME, ed il margine di dubbio residuato circa lÕidentificazione, nella persona di NOMECOGNOME di colui il quale interloquiva con la donna nelle conversazioni intercettate.
Avverso lÕordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione.
I giudici della riparazione sono incorsi in errore nel ricostruire una serie di circostanze di fatto, con evidenti riflessi sulle valutazioni contenute nellÕordinanza impugnata: nel giudizio di appello non vi fu alcuna ritrattazione, nŽ alcuna perizia fonica (che invece fu disposta dal Tribunale).
Inoltre, hanno malamente applicato il principio secondo il quale il giudice della riparazione deve procedere alla autonoma valutazione dei fatti accertati nel giudizio sulla responsabilitˆ, giungendo infatti ad attribuire al ricorrente i fatti per i quali è stato prosciolto.
NŽ i giudici della riparazione si sono avveduti del fatto che la frequentazione con la COGNOME (tramutatasi in convivenza) non riguard˜ il periodo in cui furono intercettate le conversazioni poste a fondamento della misura cautelare.
Sottolinea il ricorrente, infine, che nessuna valenza possono assumere, al fine di stabilire se vi sia stata o meno colpa grave, tanto la condanna riportata per fatti successivi a quelli per i quali fu tratto in arresto, quanto il fatto che al momento dellÕarresto fosse privo di documenti di identitˆ.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
1. Il ricorso è fondato.
Essendo stata dedotta una ipotesi di c.d. ingiustizia sostanziale, è compito del giudice della riparazione valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno lÕautoritˆ giudiziaria in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare.
In tal modo la connotazione solidaristica dell’istituto viene quindi ad essere contemperata in rapporto al dovere di responsabilitˆ gravante su tutti i consociati.
2.1. Questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha più volte ribadito che il giudice della riparazione deve procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze processuali rispetto al giudice penale.
Ci˜ in quanto è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione” (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203638 Ð 01; conf., Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263 Ð 01).
La valutazione deve essere effettuata , e ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare, seppur in presenza di un errore dell’autoritˆ procedente: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
2.2. Nel caso in esame, come evidenziato anche dal Sostituto Procuratore generale (p. 4 requisitoria), la Corte distrettuale ha indebitamente valorizzato, al fine di ritenere la condotta colposa del ricorrente, fatti esclusi dal giudice della imputazione, come la identificazione del ricorrente nellÕinterlocutore della COGNOME nelle conversazioni intercettate.
Invero, secondo il consolidato insegnamento della Corte di cassazione, il giudice della riparazione non pu˜ ritenere provati fatti che non sono stati considerati tali dal giudice della cognizione, ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350 – 01; Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039 – 01; Sez. 4, n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262957 Ð 01; Sez. 3, n. 19998 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250385 Ð 01).
Nel caso in esame, come emerge dal testo dellÕordinanza impugnata, allÕesito della perizia fonica i giudici della cognizione hanno escluso che NOME COGNOME fosse colui il quale interloquiva con NOME COGNOME nel corso delle conversazioni intercettate, poste a fondamento del titolo cautelare; i giudici della riparazione, invece, hanno sottolineato i dubbi residuati dallÕaccertamento processuale, per trarne argomento di prova della condotta ostativa (p. 3), cos’ integrando il vizio denunciato dal ricorrente.
Quanto alla frequentazione con la COGNOME, ammessa dal ricorrente ma in relazione ad un diverso periodo storico, il provvedimento impugnato, con un non consentito automatismo, ne ha fatto discendere prova di una condotta gravemente colposa.
LÕordinanza, infatti, non indica elementi utili a comprovare la consapevolezza del ricorrente dell’attivitˆ illecita cui era dedita la donna; nŽ spiega, una volta escluso il riferimento alle intercettazioni, in quali termini tale relazione potesse oggettivamente essere interpretata come indizio di complicitˆ, cos’ da essere posta quanto meno in una relazione di concausalitˆ con il provvedimento restrittivo.
Spiegazione che non pu˜ essere certo rappresentata Ð come invece pretenderebbe il provvedimento impugnato – dal fatto che il ricorrente in una occasione (non meglio circostanziata) fu coinvolto in un incidente stradale mentre era alla guida del veicolo che la donna, a quanto è dato comprendere, aveva usato in altre occasioni per trasportare lo stupefacente.
NŽ la Corte della riparazione indica le ragioni per le quali la condanna per un fatto successivo possa aver contribuito ad indurre in inganno lÕautoritˆ giudiziaria, in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione (o quantomeno per il mantenimento) della misura cautelare.
Analoghe censure debbono riguardare il passaggio in cui lÕordinanza impugnata attribuisce valenza sinergica al mancato possesso di documenti al momento dellÕarresto, trattandosi di un fatto emerso dopo lÕemissione del provvedimento restrittivo.
Tali considerazioni impongono l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze.
Cos’ deciso in Roma, 3 aprile 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME