Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1235 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Lucera il 10/10/1983
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 della Corte d’appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Proc . Jratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 21 maggio 2024, la Corte di appello di Bari, pronunciando in sede di rinvio all’esito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione, ha rigettato la domanda presentata da NOME COGNOME per la riparazione dell’ingiusta detenzione patita a causa della custodia cautelare agli arresti domiciliari dal 20 febbraio 2016 al 19 agosto 2016, a seguito della sent3nza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Foggia dal reato di estorsione acii ravata a norma dell’art. 628, secondo comma, cod. pen.
Secondo quanto indicato nell’ordinanza impugnata, NOME COGNOME avret be dato causa all’adozione della misura cautelare con la sua condotta, improntata a colpa grave, per aver violato regole minime di prudenza, ingenerando una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tute a della collettività, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Precisamente, la Corte d appello di Bari ha osservato che l’attuale ricorrente non solo avrebbe freq Jentato abitualmente NOME COGNOME, autore delle condotte estorsive ai d3nni di operatori economici concorrenti, e condannato per le stesse previa riqualifi :azione dei fatti a norma dell’art. 513-bis cod. pen., ma lo avrebbe accompag -Iato in occasione di due degli episodi di minacce, e, inoltre, in occasione di un cAloquio telefonico con quest’ultimo, intercettato nel corso del procedimento, z vrebbe pronunciato frasi esplicitamente evocative di proprie reazioni violente in da – no dei responsabili di un’iniziativa di concorrenza commerciale a lui sgradita.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della C ode di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto a firma dell’Avv. E –NOME COGNOME articolando due motivi, preceduti da una breve premessa sullo :s diluppo del procedimento di riparazione dell’ingiusta detenzione.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimentc all’art. 314 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, cci ma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla individuazione dei c iteri di valutazione della sussistenza della colpa grave dell’attuale ricorrente.
Si deduce che la Corte territoriale ha affermato la colpa grave dell’3ttuale ricorrente quale causa dell’ingiusta detenzione dal medesimo subita fonc andcla sulla indebita rivalutazione di condotte già escluse o non prese in conside azione dai giudici di merito ai fini della pronuncia della sentenza di assoluzione.
Si rappresenta, innanzitutto, che il giudice della riparazione non può r tenere provati fatti congetturali o non reputati tali dal giudice della cognizione, le pu ritenere non provati fatti considerati accertati dal giudice della cognizione :si cit Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, e Sez. 4, n. 28894 del 17/05/2019).
Si osserva, poi, che la sentenza di assoluzione ha escluso che la pr ?senza dell’attuale ricorrente ai fatti addebitati ad NOME COGNOME o a sua frequentazione con quest’ultimo, abbiano avuto il significato di concorso rnz teriale o morale nelle condotte delittuose. Si sottolinea che la sentenza di assoluz i :ne ha precisato espressamente come la presenza dell’attuale ricorrente alle con: Dtte di aggressione violenta realizzate da NOME COGNOME in danno dei concorre iti non abbia esplicato alcun effetto causale ai fini della realizzazione delle fattisr»E , cie di illecito penale, e non consenta nemmeno di ipotizzare la consape n olezza preventiva o la condivisione delle azioni compiute da quest’ultimo. Si evi :ienzia
che, con questa motivazione, ai fini dell’affermazione della colpa grave del attuale ricorrente, l’ordinanza impugnata ha valorizzato proprio quelle condotte ei,cluse o ritenute non sufficientemente provate nella sentenza di assoluzione.
Si espone, inoltre, che anche la valorizzazione delle conversazioni inte cettate costituisce espressione del medesimo errore giuridico. Si segnala, in part colare, che la sentenza di assoluzione ha espressamente escluso che il contentr;. ) di tali dialoghi possa costituire indice di concorso o adesione morale dell attuale ricorrente alle altrui condotte illecite di violenza e minaccia, osservandc che le conversazioni intercettate attengono a vicende estranee alle imputaz oni. Si puntualizza che i fatti per i quali l’attuale ricorrente è stato sottoposto agi arre domiciliari sono collocati uno nel periodo compreso tra il dicembre 201 0 ed il gennaio 2011 e l’altro il 18 aprile 2015, mentre, invece, la conver ;azione richiamata dall’ordinanza impugnata in questa sede è del 23 aprile 2015.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferirne – ito agli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione, a norma dell’a t. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla determinazione dell 3 spese processuali a carico dell’attuale ricorrente.
Si deduce che illegittimamente sono state poste a carico dell’attuale ric:rrente anche le spese del primo giudizio di riparazione per ingiusta detenzion2 e del giudizio di cassazione. Si osserva, precisamente, che il primo giudizio si è c mcluso con l’accoglimento delle richieste dell’attuale ricorrente e che il giu(I zio legittimità è stato instaurato esclusivamente in conseguenza del ricorso pre ;entato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Si conclude che, per le ‘ ,icende indicate, l’esito complessivo e globale del giudizio non può ritenersi sfav )revole all’attuale ricorrente. Si aggiunge, ancora, che la motivazione dell’ori I nanza impugnata non ha fornito nessuna argomentazione giuridica a supporto ci le sue determinazioni in ordine alla liquidazione delle spese processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito precisati.
Fondate sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano la legittimità dell’affermazione di sussistenza della colpa grave dell’attuale ric:rrente quale causa dell’ingiusta sua detenzione, deducendo che i fatti posti a ford Imerito di tale affermazione sono stati puntualmente valutati nella sentenza di assc luzione pronunciata nei confronti del medesimo, e ritenuti inidonei a foncare la dichiarazione di colpevolezza.
2.1. Come precisato anche da una recente decisione, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, non può ricorrere ipotesi di condotta osta tiva al riconoscimento del beneficio nel caso in cui si accerti, sulla base di ‘precisi elementi” già a disposizione del giudice della cautela, e per effetto de la sola diversa valutazione di essi, che difettavano ab origine le condizioni per la sussistenza del reato (Sez. 4, n. 39726 del 27/09/2023, Di Dio, Rv. 2850e – 01).
A fondamento di questo assunto, la decisione ripercorre l’elaborazior e della giurisprudenza di legittimità in materia, in particolare alla lucE degl approfondimenti e delle statuizioni delle Sezioni Unite.
E, in effetti, molto significative sono le indicazioni fornite da Sez. U, n 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663 – 01.
La sentenza appena citata osserva innanzitutto che la valutazion: della sussistenza di una condotta gravemente colposa dell’imputato la quale ab f ia dato o concorso a dare causa alla privazione di libertà deve essere effettuata E ante, ed è volta a verificare: da un lato, se dal quadro indiziario a disposizione del giiudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accu ;e, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; dall’altro, se a questa api arenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale ten Jto dal ricorrente.
Sulla base di queste premesse, la medesima decisione rappresenta che una condotta, già ritenuta idonea a integrare il grave quadro indiziario, può essere considerata gravemente colposa ai fini del diniego del diritto alla riparazione, quando l’assenza delle condizioni di applicabilità della misura venga accerte fa sulla base di elementi emersi in un momento successivo a quello della sua ad :zione; ma quella stessa condotta non può essere considerata gravemente colpos I ai fini del diniego del diritto alla riparazione ove sia accertato dal giudice della cog nizione che tali condizioni difettavano ab origine, «sulla base degli stessi precisi elE menti» che erano a disposizione del giudice della cautela «e in ragione esclusivarr ente di una loro diversa valutazione».
Sez. U, COGNOME, cit., ancora, precisa che, nel caso in cui il git dice di cognizione abbia valutato gli stessi elementi a disposizione del giudica della cautela, «la possibilità del diniego del diritto alla riparazione per &feti o del condizione ostativa della condotta sinergica del soggetto rimane effettiv mente preclusa in forza dello stesso meccanismo “causale” che governa l’opE ratività della condizione in parola»; questo perché la rilevanza della condotta ostativa «si misura, infatti, non sulla influenzabilità della persona del singolo giudicE , bensì sulla idoneità a indurre in errore la struttura giudiziaria preposta alla trat:azion del caso, complessivamente e oggettivamente intesa» (pagg. 31 e 32).
2.2. L’ordinanza impugnata dapprima ricostruisce i fatti per i quali l’attuale ricorrente ha sofferto l’ingiusta detenzione, e poi spiega perché ritiene la colpa grave del medesimo nella causazione di tale evento.
La Corte d’appello premette che l’attuale ricorrente, NOME COGNOMEi1i stato sottoposto a misura cautelare custodiale con ordinanza emessa dal G. . p. del Tribunale di Foggia il 15 febbraio 2016, successivamente confermata dal Tr iounale del riesame, perché ritenuto gravemente indiziato di aver partecipato, in °incorso con altri, tra cui NOME COGNOME a condotte dirette a costringere vari v mditori ambulanti di libri a spostarsi dai luoghi da essi prescelti per effettuare le iendit dei loro oggetti in due occasioni, una volta tra il dicembre 2010 ed il gennai ) 2011, e l’altra volta il 18 aprile 2015. Precisa che l’attuale ricorrente la prima volta e in compagnia di NOME COGNOME ed NOME COGNOME mentre la seconda v )Ita era in compagnia di NOME COGNOME e che, in entrambe le occasioni, ques ‘ultimo aveva intimato alla persona offesa di turno (nel dicembre 2010 NOME COGNOME; nell’aprile 2015 NOME COGNOME) di abbandonare la zona c i Roma per la vendita dei libri, e l’aveva colpita con uno schiaffo.
La Corte d’appello poi rappresenta che NOME COGNOME è stato asso 10 con sentenza del Tribunale di Foggia per non aver commesso il fatto in relaz one ad entrambi gli episodi, perché, con riferimento a tutti e due i fatti, è stata ac certat esclusivamente la sua presenza sul luogo delle intimidazioni e delle percosse. Aggiunge che il G.i.p., nel disporre la misura cautelare, rispetto al dice di cognizione, ha valutato anche la condotta di abituale frequentazione tra I attuale ricorrente ed NOME COGNOME nonché una conversazione intercettata, int2rcorsa tra i due il 23 aprile 2015, durante la quale NOME COGNOME aveva esplicil: imente pronunciato frasi evocative di proprie reazioni violente in danno dei respon ;abili di una sgradita azione di concorrenza commerciale.
La Corte d’appello, quindi, pone a fondamento delle proprie conc usioni, affermative della sussistenza della colpa grave dell’attuale ricorrente quali causa dell’ingiusta detenzione, oltre che la presenza del medesimo sul luog( ed al momento dei fatti, l’abituale frequentazione tra lo stesso ed NOME COGNOME e il contenuto della conversazione telefonica del 23 aprile 2015.
Rimarca, infatti, che questi due elementi sono idonei a «colo are la comprovata presenza dello Tengo in occasione dei due episodi estorsivi ( quanto meno in termini di adesione morale all’altrui condotta materiale di viole’ i za elo minaccia)», e, perciò, ad «atteggia a fattore causale condizioni lite la produzione dell’evento detenzione».
Aggiunge, inoltre, che «anche la condotta dell’imputato già esamin3ta dal giudice dell’assoluzione e da questi ritenuta penalmente irrilevante può gius tificare t l’esclusione della riparazione (con il solo limite dato dall’impossibilità di ricl – iamare 1
n
fatti oggettivi esclusi dal giudizio assolutorio o ritenuti falsi o inutilizzabili) c u sulla base di una valutazione ex ante risalente al momento dell’adozior e della misura cautelare, risulti connotata da profili di inescusabile legger3zza e macroscopica imprudenza; tanto più laddove le motivazioni dell’assc luzione richiamino il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio e quindi lascino spazio all’applicazione di una distinta regola di giudizio».
2.3. In considerazione di quanto indicato nell’ordinanza impugnata, merge che la stessa ha illegittimamente fondato la propria decisione su elemen :i già a disposizione del giudice della cautela al momento dell’adozione della misura coercitiva.
Si è infatti evidenziato in precedenza, nel § 2.2, che la stessa condo:::a non può essere considerata gravemente colposa ai fini del diniego del diri t° alla riparazione se il giudice della cognizione pervenga ad escluderne la rilev3nza in termini di illecito penale «sulla base degli stessi precisi elementi» che ( rano a disposizione del giudice della cautela «e in ragione esclusivamente di u -a loro diversa valutazione».
Né la Corte d’appello rappresenta che gli elementi da essa valorizzali ai fini dell’esclusione del diritto alla riparazione non sono stati, e non potevano Essere, sottoposti all’esame del giudice della cognizione, anche per ragioni fisiologicamente connesse alla differenza di disciplina tra i dati valutabili in ‘ase indagini ei dati valutabili in dibattimento.
La fondatezza delle censure esposte nel primo motivo rnpone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per nuovo giudizio su profilo della sussistenza del diritto di NOME COGNOME alla riparazione per ingiusta dete -zione, e determina l’assorbimento delle censure formulate nel secondo notivo, relativamente alla determinazione delle spese processuali.
Il Giudice del rinvio, infatti, dovrà verificare se sussiste il diritto di NOME Te alla riparazione per ingiusta detenzione evitando di incorrere nell’errore rilc vato in precedenza nel § 2.3. E solo all’esito di tale giudizio sarà possibile proced 3re alla regolamentazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari.
Così deciso il 07/11/2024.