Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29573 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29573 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 547/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato in MAROCCO il 15/08/1985 avverso l’ordinanza del 19/12/2023 della Corte d’appello di Firenze
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del Ministero per l’Economia e le Finanze avv.to COGNOME NOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso ed in subordine il rigetto; letta la memoria depositata dal difensore del ricorrente avv.to COGNOME Filippo che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La corte di appello di Firenze, a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte di Cassazione, sez. quarta, con sentenza del 29 novembre 2022, in relazione alla ordinanza della corte di appello di Firenzedel 10/09/2021 con cui era stata accolta l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione di COGNOME COGNOME con relativa liquidazione della somma ritenuta spettantegli, ha rigettato la istanza di ingiusta detenzione proposta da COGNOME COGNOME. L’annullamento disposto da questa corte di Cassazione era intervenuto in accoglimento di ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con cui si evidenziava come nel processo cumulativo interessante il caso di specie non si era tenuto conto della circostanza per cui per il reato di lesioni volontarie, di cui al capo 3), era intervenuta sentenza definitiva, dichiarativa di estinzione per intervenuta prescrizione,
2.Avverso la pronuncia sopra indicata, propone ricorso COGNOME mediante il proprio difensore, con due motivi di impugnazione.
3.Deduce con il primo il vizio di violazione di legge, rappresentando come il tempo custodiale imputabile al reato di lesioni per cui Ł intervenuto proscioglimento per prescrizione del reato, sarebbe pari a tre mesi, per cui decorso tale tempo la ulteriore custodia sofferta non sarebbe piø riconducibile al reato estinto per prescrizione. Sarebbe stato negato, quindi, un indennizzo corrispondente a 647 giorni di detenzione carceraria. La stessa sentenza di legittimità, di annullamento con rinvio, avrebbe fatto salva l’ipotesi di un periodo di detenzione esuberante rispetto a quello riconducibile al reato prescritto, per cui non sarebbe stato rispettato neppure il principio di cui alla sentenza stessa.
Con il secondo motivo rappresenta il diritto alla riparazione anche nel caso, come quello di specie, in cui la custodia sia stata disposta per una pluralità di reati, di cui quello dichiarato estinto per prescrizione sia al contempo anche elemento di un reato complesso invece escluso, con forma di assoluzione nel merito ex art. 314 comma 1 cod. proc. pen., rappresentandosi, diversamente, l’illegittimità costituzionale dell’art. 314 cod. proc. pen.comma 1 nella parte in cui nega, per tali casi,
la riparazione per ingiusta detenzione, rilevandosi come in tale fattispecie sussisterebbe comunque l’accertamento ex post dell’ingiustizia della detenzione, solo mancando l’atto che ciò dichiari con un dispositivo ad hoc.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va premesso che Il ricorrente Ł stato sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere a seguito di ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena in relazione a reati ex artt. 628 c.p., 582, 585 c.p. c.p., 648 c.p., 4 L. 110/75, nel periodo compreso tra il 4 novembre 2015 e l’11 novembre 2017. Egli era stato inizialmente condannato in stato di latitanza dichiarato dal giudice per le indagini preliminari in data 7 settembre 2009, sia in primo che in secondo grado. Con successiva sentenza del 27.6.2017, emessa da questa Suprema Corte, veniva dichiarata la nullità della dichiarazione di latitanza, con conseguente annullamento delle sentenze di condanna e restituzione degli atti al pubblico ministero. Nuovamente esercitata la azione penale, l’imputato veniva assolto dalle imputazioni ascrittegli per non aver commesso il fatto con sentenza emessa dal Tribunale di Siena, divenuta irrevocabile il 24.7.2019.
La Corte di appello di Firenze, adita dal ricorrente con domanda di riparazione per ingiusta detenzione, accoglieva inizialmente l’istanza con provvedimento successivamente annullato dalla Suprema Corte per non avere, il Collegio giudicante, valutato che, con riferimento all’imputazione di lesioni aggravate, non era stata emessa pronuncia assolutoria nel merito, ma meramente dichiarativa, con sentenza del Gup del tribunale di Siena di non doversi procedere, dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Con l’ordinanza impugnata in questa sede, la Corte territoriale, in sede di rinvio, come prima riportato, ha rigettato l’istanza.
Si introducono censure inerenti l’istituto della ingiusta detenzione. Occorre premettere che il diritto alla riparazione viene riconosciuto, in via principale, nel comma 1 dell’art. 314 cod. proc. pen., con riferimento all’ipotesi di una custodia cautelare (nozione comprensiva sia della custodia carceraria che di quella domiciliare), la cui ingiustizia (cosiddetta ingiustizia sostanziale) derivi, non da elementi afferenti al momento della sua applicazione bensi dal semplice dato postumo del definitivo proscioglimento del soggetto con una delle ampie formule in facto o in iure previste. Il riconoscimento del diritto e esplicitamente subordinato alla condizione della inesistenza di una condotta dolosa o gravemente colposa del soggetto causativa o concausativa della custodia stessa.
2.1. Ai sensi dell’art. 314, comma 2, cod. proc. pen., il diritto alla riparazione spetta anche al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura e stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilita previste dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen. Le disposizioni citate si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato un provvedimento di archiviazione ovvero emessa sentenza di non luogo a procedere. L’ipotesi normativa prevista dall’art. 314, comma 2, cod. proc. pen. riguarda, pertanto, i casi in cui, a prescindere dall’esito del processo (quindi anche in caso di condanna), venga accertato con decisione irrevocabile che la custodia cautelare e stata disposta o mantenuta illegittimamente (ingiustizia formale della restrizione subita dall’imputato: in questo caso l’ingiustizia appartiene alla situazione cautelare, rilevano cioe i vizi della misura tipizzati dal legislatore ed accertati con provvedimento irrevocabile), cioe nell’assenza delle condizioni di applicabilita previste dagli artt.273 (gravi indizi di colpevolezza, cause di giustificazione e di non punibilita, cause di estinzione del reato) e 280 cod.proc.pen. (titolo del reato, ovvero nell’ipotesi del reato punito con pena edittale inferiore al limite quantitativo ivi indicato).
2.2. Nel secondo comma dell’articolo, lo «stesso diritto» (di cui al primo comma) e dunque riconosciuto, indipendentemente dall’esito finale del processo di merito, a chiunque sia stato
sottoposto a custodia cautelare, della cui applicazione sia stata accertata, con decisione irrevocabile, la non conformita alle previsioni di cui agli artt. 273 e 280 cod. proc.pen. (cosiddetta ingiustizia formale). Tale disposizione sembra contenere due limitazioni: una, inerente al titolo della privazione della liberta (circoscritto alle misure detentive), e l’altra, relativa alla esclusione della rilevanza della violazione delle regole in tema di esigenze cautelari. Ma su tale impianto normativo e piu volte intervenuta (con richiamo alle fonti internazionali), nel senso di ampliare il campo di applicazione dell’istituto riparatorio, la Corte Costituzionale. Ne va sottaciuta la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha ulteriormente esteso l’ambito di operativita del diritto alla riparazione affermando che persiste l’interesse all’impugnazione dell’ordinanza applicativa di una misura coercitiva, ai fini del giudizio di riparazione per l’ingiusta detenzione, pur quando le censure contro il provvedimento, che nelle more sia stato revocato con la conseguente rimessione in liberta dell’interessato, non attengano alla mancanza delle condizioni di applicabilita previste dagli artt. 273 e 280 cod.proc.pen., bensi alla prospettata carenza di domanda cautelare (Sez. U, n. 8388 del 22/01/2009, Novi, Rv.24229201).
2.3. E’, poi, consolidato nella giurisprudenza di legittimita, il principio secondo il quale «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, in ipotesi di processo avente ad oggetto piu imputazioni, allorche il provvedimento restrittivo della liberta personale sia fondato su piu contestazioni, la condanna od il proscioglimento con formula non di merito anche per una sola di queste, che sia stata comunque idonea, autonomamente, a legittimare la compressione della liberta, impediscono il sorgere del diritto alla riparazione, irrilevante risultando il proscioglimento con formula di merito dalle altre imputazioni» (Sez. 4 , n.46388 del 16/10/2014, Podlech, n.m.; Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep.2014, COGNOME, Rv. 25860701; Sez. 4, n. 31393 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 25777801; Sez. 4, n. 46472 del 07/10/2003, COGNOME, Rv. 22673001).
3. Tanto precisato, il primo motivo Ł inammissibile. Esso fonda la censura sul richiamo alla condanna disposta per il reato di lesioni con la prima sentenza di condanna, di primo grado, poi annullata a seguito di nullità della dichiarazione di latitanza stabilita da questa Suprema Corte, e cui Ł seguita la sentenza di assoluzione nel merito in ordine agli altri reati per rapina e ricettazione contestati nuovamente; laddove, invece, il reato di lesioni veniva separato dal PM prima del rinnovato esercizio dell’azione penale per la rapina e ricettazione, chiedendo e ottenendo l’archiviazione per intervenuta prescrizione del reato. Si tratta di richiamo inconferente, atteso che, piuttosto, la Corte ha tenuto conto correttamente del principio secondo il quale ove il provvedimento restrittivo della libertà sia fondato su piø contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste – semprechØ autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà – impedisce il sorgere del diritto, salvo che per l’eventuale parte di custodia sofferta soverchiante la pena che in astratto avrebbe potuto infliggersi per il detto reato, essendo irrilevante il pieno proscioglimento nel merito dalle altre imputazioni, sempre che non si versi in ipotesi di c.d. «ingiustizia formale» (Sez. 4, n. 29623 del 14/10/2020, Russo, Rv. 279713; Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258607; Sez. 4, n. 31393 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 257778; Sez. U., n. 4187 del 30/10/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 241855; nonchØ, anche per il riferimento al rilievo dell’eventuale «ingiustizia formale»: Sez. 4, n. 2058 del 15/02/2018, Dogaru; Rv. 273264; Sez. 3, n. 2451 del 09/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262396; Sez. 4, n. 44492 del 15/10/2013, COGNOME, Rv. 258086; Sez. 4, n. 34661 del 10/06/2010, COGNOME, Rv. 248076) . Il parametro di riferimento per stabilire la durata della eventuale detenzione non riconducibile a sentenza di proscioglimento ex art. 314 comma 1 cod. proc. pen., non Ł qui dato dalla pena in concreto inflitta con sentenza poi annullata e quindi priva di ogni effetto – come invece prospetta il ricorrente bensìdalla pena che in astratto avrebbe potuto infliggersi per il detto reato (582 comma 1 c.p., punibile sino a tre anni) che la corte ha correttamente quindi ritenuto idonea a comprendere i 647
giorni di detenzione sofferti dal ricorrente.Consegue che la misura cautelare Ł stata legittimamente disposta in relazione al titolo di reato contestato e non Ł stata illegittimamente mantenuta dopo la declaratoria di estinzione per prescrizione dello stesso.
Il secondo motivo Ł infondato. Si propone una questione basata sul confronto tra il reato autonomo di lesioni contestato al capo 3) e il reato di rapina di cui al comma 1 che non appare prospettabile alla luce del principio di diritto, vincolante per le successive fasi decisorie, stabilito dalla quarta sezione di questa Corte con la citata sentenza del 29 novembre 2022. Con quest’ultima decisione la Corte ha preso contezza di come con la sentenza finale del tribunale dei Siena del 9.4.2019 divenuta irrevocabile il 24.7.2019, l’attuale ricorrente sia stata assolto per non aver commesso il fatto dalle imputazione ascrittegli, ad eccezione delle lesioni, siccome fatte oggetto separatamente di sentenza di proscioglimento del Gup per intervenuta estinzione del reato per prescrizione. Decisione, quest’ultima, che la stessa Corte ha osservato non essere stata impugnata dall’imputato. A fronte di tale ultimo rilievo la Corte ha accolto il ricorso proposto nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ribadendo il principio per cui la riparazione per ingiusta detenzione non Ł di per sØ esclusa, ma soggetta alle limitazioni derivanti dall’art. 314, comma quarto, cod. proc. pen. in relazione all’art. 657 stesso codice, ove si verta in ipotesi di processo cumulativo, in cui il proscioglimento con formula piena sia intervenuto soltanto per alcune imputazioni. (Sez. 4, n. 4071 del 08/10/2013, dep. 2014, Gatti, Rv. 258214 – 01). Ed ha espressamente escluso la applicabilità della disciplina del diritto di riparazione ex art. 314 cod. proc. pen.e dunque l’indennizzo per la reclusione subita, in relazione ad un reato poi dichiarato prescritto. Ha altresì precisato, mostrando ulteriormente di condividere l’indirizzo giurisprudenziale sopra citato in rapporto al caso concreto esaminato (cfr. pagina 6), che il proscioglimento per prescrizione richiede pur sempre una valutazione di merito, che già di per sØ consente di escludere l’ingiustizia della detenzione. Aggiungendo altresì, in adesione ad un già affermato indirizzo di legittimità pure ivi citato, che sussistono strumenti processuali idonei al perseguimento dell’interesse alla riparazione del periodo di restrizione cautelare sofferto, pur in presenza di un reato prescritto, attraverso l’esercizio della facoltàdi rinunziare alla prescrizione e chiedere una sentenza di assoluzione nel merito. Appare quindi chiaro e inevitabile il rilievo per cui nel caso di specie la Corte ha sancito quale principio di diritto vincolante, per i successivi giudici chiamati ad esaminare il caso in esame, quello della efficacia preclusiva, rispetto al ricorrente, della intervenuta dichiarazione di estinzione per prescrizione per uno dei reati per i quali ha subito la restrizione cautelare. Senza possibilità quindi di rimettere in discussione in questa sede tale profilo mediante le censure proposte con il secondo motivo in esame, posto che nel caso di annullamento per violazione od erronea applicazione della legge penale, il giudice del rinvio Ł vincolato al principio di diritto espresso dalla Corte, restando ferma la valutazione dei fatti come accertati nel provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 24133 del 31/05/2022, Ministero, Rv. 283440 – 01).
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dal ministero della giustizia che liquida in complessivi euro 1.000,00, oltre accessori di legge se dovuti.
Così Ł deciso, 22/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME