Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22856 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22856 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a BRONTE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’Appello di Catania ha rigettato la richiesta di riparazione ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen. presentata nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla detenzione da costui subita dall’8 dicembre 2019 al 3 maggio 2021 in regime di arresti domiciliari in un procedimento penale, nel quale gli era stato contestato il reato di concorso nel tentativo di estorsione aggravata.
Secondo l’accusa egli aveva effettuato, con la sua auto, vari transiti lungo la strada che costeggiava il terreno di proprietà della persona offesa NOME COGNOME, ove stavano lavorando due operai e nell’ultimo passaggio si era diretto verso la masseria posta sul terreno frontista: da qui si era mosso con altro veicolo lo zio NOME COGNOME per effettuare l’aggressione con un coltello da macellazione nei confronti degli operai, presenti sul terreno della vittima, intimando loro di abbandonare il terreno.
1.1.11 procedimento si era sviluppato nel modo seguente. Con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania, NOME COGNOME era stato condannato in ordine al suddetto reato alla pena ritenuta di giustizia. La condanna era stata confermata in appello. La Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza di secondo grado, ravvisando il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità penale e, in sede di rinvio, la Corte di Appello, con sentenza del 15 ottobre 2021 divenuta irrevocabile il 20 marzo 2021, aveva, infine, assolto il ricorrente ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., con la formula per non aver commesso il fatto.
1.2.La Corte della riparazione ha ravvisato la condizione ostativa della colpa grave nella condotta del ricorrente, extraprocessuale e processuale.
2.La difesa dell’interessato ha proposto ricorso, a mezzo del difensore, formulando un unico articolato motivo con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione.
Il difensore osserva che la condotta extraprocessuale valorizzata dalla Corte, ovvero l’avere il ricorrente effettuato alcuni giri con la macchina nella via limitrofa al terreno della persona offesa, non era caratterizzata da alcuna connotazione colposa, posto che lo stesso ricorrente aveva spiegato in sede di interrogatorio che egli si stava recando dai propri animali, custoditi in un terreno limitrofo: doveva, pertanto, escludersi qualsiasi incidenza di quelle condotte sul quadro indiziario posto a fondamento della applicazione della misura e del mantenimento della stessa sino al giudizio di responsabilità in sede di appello. Dalle dichiarazioni rese
dalla persona offesa NOME COGNOME non era emerso alcun contributo reale del ricorrente all’azione dello zio: questi dalla sua postazione poteva osservare direttamente il fondo e decidere autonomamente di recarvisi per minacciare gli operai. La circostanza per cui NOME COGNOME fosse partito immediatamente dopo l’arrivo del nipote non valeva a dimostrare alcunché, giacché era possibile che lo zio si fosse mosso prima dell’arrivo del nipote e non si fosse con lui incontrato.
Anche la sentenza di annullamento della Suprema Corte aveva rilevato come la sentenza di condanna si fosse fondata su una lettura parziale e falsata delle risultanze istruttorie e non avesse tenuto conto degli argomenti dedotti dalla difesa, tali da consentire una interpretazione della condotta del ricorrente, alternativa e diversa rispetto a quella del concorso nel reato posto in essere dal correo.
Quanto alla condotta processuale, la Corte aveva valorizzato la circostanza per cui, in sede di interrogatorio, NOME avrebbe negato tanto la presenza dello zio nella masseria, quanto l’incontro con lo stesso, rilevando che in tal modo egli aveva ingenerato la falsa apparenza della configurabilità del reato: in realtàosserva il difensore- tali dichiarazioni, accompagnate dalla precisazione che in realtà egli si stava recando nel terreno vicino per controllare i suoi animali, non potevano avere avuto rilievo alcuno, né in sede di applicazione della misura, né ai fini del suo mantenimento.
3.11 Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere accolto, in quanto fondato il motivo.
2.In linea generale, va ribadito che il giudice della riparazione per l’ingiusta detenzione, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese Rv. 259082). Pertanto, in sede di verifica della sussistenza di un comportamento ostativo al riconoscimento del diritto alla
riparazione non viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell’esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare un grave quadro indiziario nei suoi confronti. Si tratta di una valutazione che ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo ed è volta a verificare: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv.247663). ). A tal fine, peraltro, il giudice della riparazione non può valorizzare elementi di fatto la cui verificazione sia stata esclusa dal giudice di merito, ovvero anche solo non accertata al di la di ogni ragionevole dubbio, con la conseguenza che non possono essere considerate ostative al diritto all’indennizzo condotte escluse sul piano fattuale o ritenute non sufficientemente provate con la sentenza di assoluzione (Sez. 4, n, 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039; Sez. 4, n.46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350).
Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini e apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 4 n. 27458 del 5/2/2019, COGNOME NOME COGNOME, Rv. 276458).
3. Ciò premesso, si osserva che la Corte di Appello, nel rigettare la domanda, è incorsa, innanzitutto, in un errore di tipo metodologico, in quanto, per descrivere la condotta extraprocessuale ostativa rispetto alla riparazione, ha richiamato il contenuto della ordinanza della custodia cautelare (pag 2 dell’ordinanza impugnata), senza, tuttavia, spiegare se i comportamenti del ricorrente ivi descritti (ed in particolare l’essersi incontrato con lo zio e averlo avvisato della presenza degli operai) fossero stati confermati nel loro accadimento fattuale dalla sentenza assolutoria ed, eventualmente, in quali termini. Inoltre, la Corte non ha spiegato in che senso la condotta del ricorrente, descritta come effettuazione di ripetuti passaggi con l’auto nei pressi del terreno ove si trovavano le persone offese, sia espressione di colpa grave, ovvero riveli eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti; ciò anche alla luce del fatto che, secondo quanto riportato nella stessa ordinanza, nella sentenza di assoluzione si era spiegato che i giri con la macchina da parte del ricorrente erano
suscettibili di lettura alternativa, ovvero potevano essere spiegat,:i nel indicato da RAGIONE_SOCIALE in sede di interrogatorio.
La Corte, inoltre, nel descrivere la condotta processuale ostativa, ha f riferimento ad affermazioni menzognere rese nel corso dell’interrogatorio di garanzia, spiegando che NOME COGNOME, nel respingere l’addebito, era incorso “in talune asserite lacune mnemoniche” ed era caduto più volte “in contraddizione intrinseca, e con elementi oggettivi e logici emergenti dagli atti e dalle fonti dichiarative disponibili”: in particolare aveva negato che lo zio fosse presente in masseria, quando, invece, sarebbe stato ivi visto da testi oculari. Tale passaggio argomentativo, tuttavia, ferma restando la rilevanza astratta, ai fini della sussistenza della condizione ostativa alla riparazione, del mendacio anche dopo la modifica dell’art. 314 cod. proc. pen, da parte dell’art. 4, comma 1, lett. b, d.lgs. dell’ 8/11/2021 n. 188 (Sez. 4, n. 3755 del 20/01/2022, Pacifico, Rv. 282581), appare generico: l’ordinanza, invero, non chiarisce quali atti e fonti dichiarative abbiano smentito le dichiarazioni del ricorrente e si limita a richiamare la testimonianza di un operaio, senza spiegare in maniera sufficientemente dettagliata quale ne sia stato il contenuto (ed in particolare se il teste abbia affermato solo che lo zio si trovava nella masseria ovvero anche che il ricorrente si era incontrato con lo zio, autore del reato).
5. L’ordinanza impugnata, deve, pertanto, essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Catania, che nel nuovo giudizio dovrà accertare la sussistenza di condotte dolose o gravemente colpose del richiedente la riparazione, endoprocessuali o extraprocessuali, sinergiche rispetto alla adozione o al mantenimento della misura cautelare, secondo i principi su indicati: in particolare i giudici dovranno meglio delineare e circostanziare quale sia stata la condotta del ricorrente accertata nella sua dimensione fattuale, in che senso tale condotta sia espressione di colpa grave e, con riferimento alle dichiarazioni rese nel corso del processo, specificare, attraverso il confronto con la sentenza assolutoria, il contenuto delle asserite menzogne e contraddizioni in cui sarebbe incorso il ricorrente.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Catania.
Deciso il 16 aprile 2024
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