Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31193 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31193 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ICA( PERU’) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG nella persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
1. La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato la richiesta di riparazione ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., presentata nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla detenzione da costui subita per un periodo di mesi 5 e giorni 25, in relazione alla concessione della liberazione anticipata con provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE del 3 dicembre 2020 per un periodo di 630 giorni.
NOME aveva presentato una prima istanza in data 20 luglio 2019 al Tribunale di Sorveglianza di Roma che si era dichiarato incompetente; una seconda istanza in data 4 maggio 2020 in relazione al semestre dall’I. novembre 2019 maggio 2020 e una terza istanza 1 1 11 maggio 2020 per ogni semestre di pena decorrente dal 19 febbraio 2013 sino alla data odierna (rimettendo al prudente apprezzamento del magistrato il periodo trascorso in una struttura penitenziaria peruviana).
L’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE, il 18 giugno 2020, aveva invitato le case circondariali di RAGIONE_SOCIALE, Biella e Roma Rebibbia a inviare le necessarie relazioni comportamentali, mentre nulla aveva potuto disporre in ordine al periodo di detenzione in Perù in ragione della genericità dell’indicazione che non recava alcun riferimento al periodo di detenzione, alla struttura carceraria interessata e alla sua esatta ubicazione geografica; la difesa con istanza trasmessa all’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE il 23 luglio 2020 aveva indicato il periodo di detenzione in Perù (dall’1.11.2017 all’1.5.2019 presso l’istituto di Lima); il giorno seguente, ovvero il 24 luglio 2020, l’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto ad inoltrare al Ministero della Giustizia l’istanza di acquisizione della relazion comportamentale e il 3 settembre 2020 lo stesso Ministero aveva inoltrato un sollecito all’ambasciata italiana a Lima; in data 26 novembre 2020 il difensore di NOME aveva provveduto a trasmettere all’ RAGIONE_SOCIALE di sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE la certificazione in lingua originale, senza traduzione, con la quale l’istitut penitenziario “COGNOME RAGIONE_SOCIALE” in Lima attestava la mancata erogazione di sanzioni disciplinari nei suoi confronti dalla data di ingresso, il 4 novembre 2017, fino alla data di scarcerazione, 2 luglio 2019, ed evidenziava che laddove i semestri di carcerazione espiata in Italia fossero stati oggetto di favorevole valutazione la concessione dell’invocato beneficio avrebbe determinato fine pena al 5 dicembre 2020.
Il 3 dicembre 2020 l’RAGIONE_SOCIALE di sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE aveva concesso a NOME il beneficio della liberazione anticipata pari a 225 giorni con riferimento a cinque semestri compresi nel periodo 19 Febbraio 2013- 19 agosto 2015 e 405 giorni con
riferimento ai nove semestri compresi tra il 19 agosto 2015 e il 18 Febbraio 2017 e fra l’1 novembre 2017 e Il novembre 2020.
La Corte della riparazione ha, indi, osservato come l’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE avesse provveduto tempestivamente ad ogni adempimento, dalla richiesta di trasmissione delle relazioni comportamentali alla concessione della liberazione anticipata, addirittura anticipando la concessione del beneficio in relazione al periodo di detenzione in Perù rispetto alla formale acquisizione dell’attestazione di buona condotta rilasciato dall’RAGIONE_SOCIALE, inoltrata, infine dal Ministero della giustizia al predetto ufficio solo in data 12 febbraio 2021; ritardo nella liberazione anticipata era semmai imputabile allo stesso COGNOME, che, soltanto in data 23/07/2020, aveva integrato l’originale istanza con riferimento al periodo di restrizione in Perù e aveva inoltrato una prima istanza ad un RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza incompetente.
Avverso l’ordinanza della Corte di Appello, GLYPH ha proposto ricorso il richiedente, a mezzo del difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto il vizio di motivazione. Il ricorrente osserva che la Corte, da un lato, ha accolto l doglianze difensive in ordine al diritto al risarcimento, avendo sofferto NOME un periodo di carcerazione in eccesso a causa del ritardato provvedimento di concessione della liberazione anticipata; dall’altro ha ritenuto, tuttavia, in maniera immotivata, che la responsabilità di tale ritardo non fosse da imputare all’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE. In particolare la Corte non avrebbe tenuto conto che la documentazione relativa al periodo di detenzione in Perù era già presente nel fascicolo dell’esecuzione di NOME COGNOME, posto che in data successiva al suo arresto avvenuta ad opera della Polizia di Stato di Fiumicino il 4 luglio 2017, la Procura Generale presso la Corte d’appello in data 4 luglio 2019 aveva emesso ordine di scarcerazione per rideterminazione della pena ai fini estradizionali per il periodo di carcerazione espiata nello stato del Perù dal 1 novembre 2017 al 3 luglio 2019 e aveva disposto la carcerazione per la residua pena da espiare. L’ordinanza qui impugnata sarebbe anche illogica e contraddittoria laddove la Corte di appello ha sostenuto che l’ufficio di Sorveglianza sia stato celere nell’emettere il provvedimento di concessione della liberazione anticipata: alla data del 3 dicembre 2020, sette mesi dopo la proposizione della seconda istanza di liberazione, l’odierno ricorrente aveva già espiato un periodo di carcerazione in eccesso pari a 5 mesi e 25 giorni.
Il Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il Ministero resistente, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, in data 3 Maggio 2024, ha presentato una memoria con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2. Si deve innanzitutto ricordare che, con la sentenza n. 310 del 18-25 luglio 1996, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’ar 314 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. e violazione dell’art. 5 della Convenzione EDU, il quale prevede il diritto alla riparazione a favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste, senza distinzione di sorta. Tuttavia, in ordin ai presupposti per il riconoscimento del diritto, la Corte Costituzionale non si è pronunziata: in conseguenza, il compito è stato rimesso all’interprete. E’ stato inizialmente adottato un criterio, in base al quale il diritto alla riparazione non configurabile ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardano la determinazione della pena eseguibile (Sez. 4 n. 3382 del 22/12/2016, dep.2017, COGNOME, Rv. 268958; n. 4240 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269168). Tale indirizzo faceva espresso rinvio alla sentenza Corte Cost. n. 219 del 2 aprile 2008 con la quale la Consulta (in un caso di pena definitivamente inflitta in misura inferiore alla custodia cautelare sofferta) aveva dichiarato l’illegittim costituzionale dell’art. 314 cod. proc. pen. nella parte in cui condizionava il dirit all’equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, ritenendo che in quella sede, in definitiva, il giudice delle leggi avesse legittimato le soluzio offerte dal giudice di legittimità con riferimento ai casi di reati prescritti ovver casi di amnistia e remissione di querela. Sulla scorta di tale lettura del dato normativo, quindi, si era ritenuto che, in tali ipotesi, il diritto alla ripara potesse essere riconosciuto, ove la durata della custodia cautelare sofferta fosse superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile o irrogata, ma solo nei limiti dell’eccedenza (Sez. 4 n. 3382/2017, COGNOME, cit. in motivazione, che richiama anche Sez. 4 n. 15000 del 19/2/2009, Cicione, Rv.243210). Con la conseguenza che il diritto all’equa riparazione veniva, invece, escluso in tutti i casi in cu mancata corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita conseguisse a vicende posteriori alla condanna, connesse al reato o alla pena (Sez. 4 n. 40949 Corte di Cassazione – copia non ufficiale
del 23/4/2015, COGNOME, Rv. 264708, principio affermato in relazione ad un caso di ammissione al beneficio della liberazione anticipata, cui era conseguita la riduzione della pena originariamente inflitta con eccedenza, quindi, della detenzione subita in concreto dal condannato).
Nelle successive pronunce, tuttavia, la Corte di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere rilievo anche alle vicende successive alla condanna e inerenti l’esecuzione. La sentenza Sez. 4, n. 57203 del 21/09/2017, COGNOME e altro, Rv. 271689 ha illustrato le plurime fattispecie di ordine di esecuzione illegittimo – o divenuto tale successivamente – per fattori non ascrivibili a comportamento doloso o colposo del condannato, nelle quali questa Corte, in applicazione dei predetti principi, ha riconosciuto il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione:
a) ordine di esecuzione legittimamente emesso, ma relativo a pena che, a causa del lungo arco temporale intercorso tra l’emissione del titolo e la sua esecuzione, si era poi estinta ex art. 172 cod. pen. (senza che rilevasse l’assenza di un’espressa declaratoria di estinzione della pena) (Sez. 4, n. 45247 del 20/10/2015, Myteveli,Rv. 264895);
b) ordine di esecuzione relativo a pena già estinta per indulto, anche se non ancora applicato dal giudice di esecuzione (Sez. 4, n. 30492 del 12/06/2014, COGNOME, Rv. 262240);
c) periodo di detenzione eccedente a quello risultante dall’applicazione della liberazione anticipata, in conseguenza di un ordine di esecuzione non ancora aggiornato al nuovo fine pena (Sez. 4, n. 18542 del 14/01/2014, COGNOME, Rv. 259210);
d) tardiva esecuzione dell’ordine di scarcerazione disposta per liberazione anticipata per il periodo di detenzione ingiustamente sofferto (Sez. 4, n. 47993 del 30/09/2016, COGNOME, Rv. 268617).
Si sono, poi, aggiunti altri casi, quale quello della esecuzione sofferta in virtù di ordine di esecuzione legittimo, ma successivamente revocato per effetto di provvedimento di restituzione in termini per proporre impugnazione e successiva assoluzione (Sez. 4, n. 54838 del 13/11/2018, COGNOME, non massimata), di applicazione dell’isolamento diurno per erronea predisposizione di ordine di esecuzione (Sez. 4, n. 18358 del 10/01/2019, COGNOME, Rv. 276258) e di sentenza dichiarativa di non doversi procedere per ne bis in idem pronunciata ai sensi dell’art. 649 comma 2, cod. proc. pen., a seguito della rescissione del precedente giudicato in ragione della nullità del decreto di latitanza (Sez. 4, n. 42328 del 02/05/2017, NOME, Rv. 270818).
La sentenza n. 57203 del 21/09/2017 cit. ha effettuato un’ampia ricognizione della casistica delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di detenzione ingiusta (soprattutto in tema di liberazione anticipata), tutte
convergenti nel senso della più ampia tutela in caso di ingiusta detenzione per errore nella fase dell’esecuzione della pena.
Il criterio interpretativo attualmente prevalente, che il Collegio condivide, impone di riconoscere il diritto alla riparazione, ai sensi dell’art.314 cod. pro pen., anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato, che sia stato concausa di errori o ritardi nell’emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena (Sez. 4, n. 17118 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281151 – 01; Sez. 4 n. 57203 del 21/9/2017, COGNOME, Rv. 271689 ), con la precisazione che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste solo qualora si verifichi violazion legge da parte dell’autorità procedente e non anche qualora la discrasia tra pena definitiva e pena irrogata consegua all’esercizio di un potere discrezionale (nel medesimo senso Sez. 4, n.25092 del 25/05/2021, COGNOME, Rv. 281735). Tale indirizzo interpretativo si fonda sulla distinzione fra il piano della irrevocabi della condanna da quello della definitività della pena. Nel vigente sistema processuale (che attribuisce grande spazio agli interventi del giudice dell’esecuzione e del magistrato di sorveglianza sul trattamento sanzionatorio), i concetti di pena definita da pronuncia irrevocabile e quello di pena definitiva (per tale potendosi intendere solo quella determinata all’esito della complessiva gestione giudiziale del trattamento sanzionatorio) non possono, dunque, ritenersi coincidenti (Sez. 4 n.57203/17 cit., in motivazione; sez 4 n. 37234 del 28/09/2022, COGNOME, non massimata).
3. Ciò premesso, già è stato affermato che la tardiva esecuzione di un ordine di scarcerazione per liberazione anticipata determina l’ingiustizia della detenzione sofferta fino alla concreta liberazione del detenuto e costituisce titolo per l domanda di riparazione (Sez. 4, n. 47993 del 30/09/2016, COGNOME, Rv. 268617; Sez. 4, n. 18542 del 14/01/2014, COGNOME, Rv. 259210 in cui il ricorrente era stato scarcerato con cinque giorni di ritardo per “disguidi vari” dell’ufficio requirent competente all’emissione dell’ordine di scarcerazione) e che può assumere rilievo ai fini della riparazione il ritardo di quarantanove giorni con cui si era da esecuzione al provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che aveva ammesso il detenuto all’affidamento in prova al servizio sociale (Sez. 4 n. 24032 de 24/05/2023 non massimata). In tali casi si è sostenuto che viene in rilievo una illegittimità, non originaria, ma sopravvenuta dell’originario ordine di esecuzione, per cui trova applicazione il dictum della sentenza, della Corte Costituzionale n. 310 del 1996. La rilevanza riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini
della riparazione, GLYPH all’ingiustificato ritardo nella esecuzione di un ordine di scarcerazione si fonda su presupposti, quale il rilievo del bene della libertà personale costituzionalmente tutelato (si vedano le sentenze Sez 4 n. 47993 del 30/09/2016, COGNOME cit. e Sez. 4, n. 18542 del 14/01/2014, COGNOME), che possono essere trasposti anche all’ingiustificato ritardo nella adozione del provvedimento che determina la scarcerazione.
Nei casi su indicati, tuttavia, il ritardo nella scarcerazione era sta conseguente al ritardo nell’adozione del provvedimento o della sua esecuzione, ingiustificato in quanto imputabile agli uffici competenti.
Il percorso argomentativo dell’ordinanza di rigetto appare coerente con i dati riportati e esente dalle censure dedotte: il ricorrente si è limitato a ribadire c il provvedimento di liberazione anticipata era stato emesso quando l’odierno ricorrente aveva già espiato un periodo di carcerazione in eccesso pari a 5 mesi e 25 giorni, ma non ha tenuto conto di quanto rilevato dalla Corte, ovvero che l’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza aveva immediatamente avviato l’istruttoria necessaria e disposto l’acquisizione di atti, anche con riferimento al periodo di detenzione in Perù, rispetto al quale l’istanza originaria non aveva fornito informazioni sufficienti.
Nella fattispecie in esame, invece, la Corte della riparazione ha sottolineato come non fosse imputabile all’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza alcuna responsabilità nell’adozione della decisione a distanza di mesi dalla proposizione della seconda istanza, in quanto era stato necessario acquisire le informazioni necessarie presso le varie case circondariali ove il ricorrente era stato ristretto, ivi compresa quell di Lima in Perù. A seguito della presentazione della seconda istanza, in data 23 luglio 2020, corredata dei dati relativi al periodo di detenzione in Perù, l’RAGIONE_SOCIALE Sorveglianza RAGIONE_SOCIALE si era immediatamente attivato provvedendo ad inoltrare al Ministero della Giustizia e, per il suo tramite, all’ambasciata italiana a Lima, l richiesta di acquisizione della relazione comportamentale che era stata poi trasmessa dal difensore in lingua originale, senza traduzione, in data 26 novembre 2020; l’RAGIONE_SOCIALE di Sorveglianza aveva, indi, emesso il provvedimento di liberazione anticipata il 3 dicembre 2020, senza incorrere in alcun ritardo ingiustificato. La Corte ha, piuttosto, evidenziato come il ritardo fosse da addebitare a colpa del ricorrente, che non aveva fin da subito corredato l’istanza delle indicazioni relativa alla detenzione in Perù e che si era in prima battuta rivolto ad organo giudiziario incompetente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Al rigetto del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc.. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non si ritiene di dover procedere …7.,…)
alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente cui conseguirebbe la condanna del ricorrente alla rifusione delle stesse. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione ingiusta detenzione senza confrontarsi con i motivi di ricorso, sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa del ricorren (sull’argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso condanna i ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese in favore del Ministero resistente.
Deciso il 19 giugno 2023.