Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10034 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10034 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 04/09/1948
avverso l’ordinanza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 30 maggio 2024 la Corte di appello di Palermo ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da COGNOME NOMECOGNOME sottoposto alla custodia cautelare in carcere dal 12.1.2016 al 25.3.2016 e poi agli arresti domiciliari dal 26.03.2016 all’11.07.2016 in esecuzione dell’ordinanza del Gip del Tribunale di Palermo datata 7.1.2016, in quanto gravemente indiziato dei reati di cui agli artt. 81, 110 e 648 ter cod. pen.
Al COGNOME era stato in particolare contestato di essersi adoperato, in concorso con COGNOME NOME e COGNOME NOME, affinché la RAGIONE_SOCIALE, società riconducibile alla famiglia COGNOME e all’epoca rappresentata da COGNOME NOME, potesse compiere lavori di edificazione su un lotto di terreno sito in INDIRIZZO località Partanna-Mondello, nella consapevolezza che suddetta società reimpiegasse in tale attività illeciti conferimenti riferibili ai COGNOME ed a COGNOME NOME, nonché di a fornito un contributo all’organizzazione mafiosa “RAGIONE_SOCIALE“, consistito nel mettere a disposizione dell’associazione criminale, previo accordo con il COGNOME, la ditta RAGIONE_SOCIALE rappresentata all’epoca dei fatti dal figlio COGNOME COGNOME Questo al fine di richiedere ed ottenere una variante alla C.E. n. 141/2009 e consegnare periodicamente, dopo l’acquisto del terreno da parte della RAGIONE_SOCIALE con intestazione fittizia, tenendo la contabilità dei relativi utili, i proventi dell’a edile tramite i Messeri e la medesima società e reimpiegando le somme di denaro dagli stessi illecitamente conferite.
Quanto al merito, il Tribunale di Palermo con sentenza emessa in data 26.11.2018 condannava il ricorrente per i reati ascrittigli alla pena di anni cinque, mesi sei d reclusione ed euro 9.000 di multa, oltre la pena accessoria della confisca di quanto sequestrato.
La Corte di appello di Palermo con pronuncia del 16.11.2020, divenuta irrevocabile il 19.07.2021, in riforma della decisione di primo grado, assolveva l’imputato dai reati a lui contestati con la formula perché “il fatto non sussiste”.
2. Il giudice della riparazione, a fondamento del rigetto dell’istanza, ha ritenuto la sussistenza di una condotta ostativa del COGNOME, consistita nell’aver avuto consapevolezza che l’attività intrapresa con l’edificazione di INDIRIZZO fosse funzionale agli interessi economici della famiglia mafiosa dei COGNOME nonché nel comportamento processuale del medesimo.
Avverso tale pronuncia COGNOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 314 e 315 cod. proc. peri., nonché il difetto di motivazione,
in ordine alla sua ritenuta colpa grave nell’aver dato causa alla custodia cautelare disposta con l’ordinanza del GIP di Palermo in data 07.01.2016.
Si assume che il giudizio di addebitabilità della ingiusta detenzione al COGNOME é sorretto da una ricostruzione dei fatti esteriorizzata in una motivazione meramente apparente in ordine al rapporto causa – evento cautelare, risolvendosi quindi in un’errata applicazione dell’istituto di cui all’art. 314 cod.proc.pen.
Ed invero la Corte territoriale ha ritenuto che, sebbene il COGNOME fosse stato assolto nel giudizio di appello perché il fatto non sussiste, assumesse rilievo la natura quantomeno opaca dell’affare che si andava compiendo mediante l’edificazione di INDIRIZZO e l’assoluta controindicazione ad ogni fatto che potesse ulteriormente affiancare la sua figura a quella del COGNOME.
La partecipazione alla vicenda era stata ancorata alla ritenuta messa a disposizione del COGNOME della società RAGIONE_SOCIALE, intestata al figlio NOME COGNOME al solo fine di chiedere e ottenere una variante alla C.E. n. 141/2009 in base alla quale poter costruire due ville anziché una sul lotto di terreno sito in INDIRIZZO e di aver provveduto a consegnare periodicamente i proventi dell’affare edile ai COGNOME per il tramite di COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, reimpiegando il denaro dagli stess conferito illecitamente.
La variante al progetto già assentito si doveva in effetti proprio all’attività d COGNOME nella qualità di ingegnere e di direttore dei lavori costituendo dunque una evidente estrinsecazione delle sue competenze professionali.
Si rappresentava che il COGNOME non aveva alcuna consapevolezza della “mafiosità” dei COGNOME e che comunque le intercettazioni non davano conto né dell’illiceità dell’accordo né tantomeno del reimpiego di proventi di illecita derivazione.
Si assume che la Corte d’appello, nell’escludere il diritto alla riparazione, ha stigmatizzato il comportamento processuale del COGNOME il quale avrebbe assunto nel dibattimento di primo grado un atteggiamento indisponente ed altero nonché la natura opaca dell’affare.
Si rileva che la sentenza assolutoria ha fornito un’interpretazione diversa della conversazione intercettata in data 25.11.2014, posta a base della ritenuta gravità indiziaria, mentre il COGNOME voleva solo recuperare un credito professionale, situazione che lo stesso aveva già chiarito in fase di indagini.
Si reputa infine eccentrico il riferimento al comportamento processuale tenuto dal medesimo durante il dibattimento.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità ed in subordine rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
Va ribadito che il giudice della riparazione per l’ingiusta detenzione, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese, Rv. 259082). Ai medesimi fini, il giudice deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. 4 n. 27458 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 276458).
In altri termini, vi è completa autonomia tra il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione e quello di cognizione, poiché essi impegnano piani di indagine diversi che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, il che, tuttavia, non consente al giudice della riparazione di ritenere provati fatti che tali non sono stat considerati dal giudice della cognizione ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4 n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262957; Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Rv. 270039).
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata, confonde e giustappone il piano della valutazione della gravità indiziaria con quello della verifica di una condotta dell’istante che, valutata come gravemente colposa, sia stata sinergica rispetto all’adozione ed al mantenimento della misura cautelare.
La vicenda che fa da sfondo è quella dell’iniziativa dell’RAGIONE_SOCIALE, all’epoca rappresentata da COGNOME NOME ma riconducibile alla famiglia COGNOME, di acquistare un terreno in Mondello, INDIRIZZO per realizzare la costruzione di due ville. La partecipazione alla vicenda de qua da parte del COGNOME sarebbe consistita nell’aver messo a disposizione della famiglia COGNOME la società RAGIONE_SOCIALE, intestata al figlio NOME COGNOME, per portare a compimento il progetto tramite una variante alla concessione edilizia n. 141/2009 in base alla quale poter costruire due ville anziché una, per poi consegnare periodicamente i proventi dell’affare edile ai COGNOME per il tramite dei COGNOME.
La Corte territoriale, dopo aver svolto un’ampia ricostruzione della vicenda cautelare, dando conto degli elementi probatori valutati sia in sede di ordinanza applicativa della misura che di riesame, si è poi risolta ad individuare la condotta ostativa dell’istante fondandola su due profili. L’uno, costituito dalla natura “quantomeno opaca” dell’affare che si andava compiendo mediante l’edificazione di INDIRIZZO, in cui si assume che il Cuccio avrebbe dovuto chiarire e diversificare la sua posizione da quella degli altri indagati e degli altri protagonisti dell’affar senza tuttavia in alcun modo specificare in cosa si sarebbe concretata detta condotta né tantomeno valutare la sua efficacia condizionante rispetto all’applicazione ed al mantenimento della misura.
L’altro, qualificato come “contegno processuale ingannevole” ed anche “più che vivamente indisponente ed altero”, elemento questo che si rivela del tutto estraneo ed eccentrico rispetto alla valutazione del giudice della riparazione, trattandosi peraltro di condotta che si colloca in una fase ben successiva all’adozione della misura, ovvero nella fase propriamente processuale.
Ne deriva pertanto che l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Palermo cui demanda altresì la regolamentazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Palermo cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso il 7.2.2025